DISTRUZIONE MAREALE RIPETUTA NELLA COSTELLAZIONE DEL TRIANGOLO

Sbocconcellando una stella come il Sole

È un buco nero di dimensioni modeste – fra 200mila e 400mila masse solari – quello che a 500 milioni di anni luce da noi sta lentamente consumando una stella simile alla nostra, dandole ogni 25 giorni un “morso” gravitazionale e strappandole ogni volta una quantità di gas pari a tre volte la massa Terra. A firmare la scoperta, un team guidato da Phil Evans dell’Università di Leicester del quale fanno parte anche Sergio Campana, Luca Izzo e Boris Sbarufatti dell’Inaf

     08/09/2023

Immagine ottica della galassia in cui si è verificato il nuovo evento, tratta dai dati d’archivio di PanStarrs. L’oggetto a raggi X è stato localizzato all’interno del cerchio bianco. È mostrata anche la posizione di una supernova (Sn 2020rht) vista esplodere due anni fa. Crediti: Daniele B. Malesani / PanStarrs

Succede a 500 milioni di anni luce da noi, nella costellazione del Triangolo. Protagonisti un buco nero assetato di plasma e, in orbita lì nei paraggi, una stella “donatrice” – così la chiamano gli astronomi – disposta a cederglielo, o meglio, costretta a farlo dalle dure leggi della gravità, che là attorno all’orizzonte degli eventi mostrano il loro volto più feroce. La scena non è nuova: di “pasti” del genere – detti in gergo tidal disruption events, in italiano eventi di distruzione mareale – ne abbiamo già descritti tanti anche qui su Media Inaf. Ma ogni volta c’è qualcosa di diverso, qualche dettaglio inedito che consente di comprendere sempre meglio questi fenomeni e i loro protagonisti. In questo caso la novità sta sia nella frequenza dei pasti che – appunto – nei protagonisti, in particolare nella loro taglia.

Partiamo dalla frequenza. La tabella dietetica tipica d’un buco nero ricorda un po’ quella di certi rettili: un digiuno intermittente estremo, con lunghissimi periodi d’astinenza punteggiati da enormi abbuffate ogni qualvolta si presenta l’occasione. Va però detto che non sempre il buco nero divora la vittima in un sol boccone: nei cosiddetti eventi di distruzione mareale parziale preferisce sbocconcellarla, con “morsi” gravitazionali intervallati talvolta da ore, talvolta addirittura da anni. Nel caso di Swift J0230 – questo il nome del fenomeno più volte osservato nel Triangolo dal telescopio spaziale Swift e riportato ieri su Nature Astronomy in uno studio guidato da Phil Evans dell’Università di Leicester (Regno Unito) – fra un pasto e l’altro (e parliamo di pasti che durano una settimana o anche più) passano in media 25 giorni.

Questo intervallo, insieme al tipo di emissione – ottica o a raggi X – osservata dagli astronomi in corrispondenza dei pasti, ha portato gli autori dello studio, fra i quali Sergio Campana, Luca Izzo e Boris Sbarufatti dell’Istituto nazionale di astrofisica, a concludere che i due protagonisti principali di Swift J0230 siano una stella di dimensioni simili al Sole in orbita fortemente ellittica attorno a un buco nero di massa relativamente contenuta – la stima è fra 200mila e 400mila masse solari – che alberga al centro della propria galassia. Ogniqualvolta l’orbita della stella la porta vicino all’orizzonte degli eventi del buco nero, ecco che una quantità di materia pari a tre volte la massa della Terra viene risucchiata dall’atmosfera al buco nero, verso il quale precipita a velocità tale da raggiungere temperature elevatissime, attorno ai due milioni di gradi. Ciò fa sì che venga emessa un’enorme quantità di raggi X: è rilevando quest’eruzione con il telescopio spaziale Swift che gli astronomi sono riusciti a ricostruire quel che stava accadendo là nella costellazione del Triangolo.

Immagini a raggi X dello stesso punto del cielo prima (a sinistra) e dopo (a destra) l’eruzione di Swift J0230. Queste immagini sono state acquisite con il telescopio a raggi X a bordo del satellite Swift. Crediti: Phil Evans (University of Leicester) / Nasa Swift

Ed è proprio Swift il terzo protagonista di questa storia. O meglio, un nuovo programma di riconoscimento automatico di transienti, sviluppato dallo stesso Evans, chiamato Swift X-ray Transient Detector. Come funziona? Ogni volta che Swift osserva una porzione di cielo, i dati acquisiti dallo strumento Xrt vengono trasmessi a terra e il software li confronta con le precedenti osservazioni relative alla stessa regione. Se emerge qualche differenza, dunque se lì in quella regione di cielo qualcosa è cambiato, il sistema genera un alert. È a seguito di questi alert che Evans e colleghi si sono accorti dell’evento di distruzione mareale parziale in corso.

«È la prima volta che assistiamo al reiterato mordere e consumare una stella come il nostro Sole da parte di un buco nero di massa modesta», sottolinea Evans. «I cosiddetti eventi di distruzione mareale parziale e ripetuta sono di per sé una scoperta abbastanza nuova e sembrano rientrare in due categorie: quelli che eruttano ogni poche ore e quelli che eruttano ogni anno o giù di lì. Questo nuovo sistema si colloca esattamente nell’intervallo tra queste due tipologie. E quando si fanno i conti si scopre che anche i tipi d’oggetti coinvolti corrispondono alla perfezione».

«Si conosce solo un evento di questo tipo», aggiunge Campana, «perché sono estremamente difficili da osservare, solo con Swift ci si poteva riuscire. E questo evento, con un periodo di quasi un mese, fa da anello di congiunzione tra le eruzioni quasi periodiche con periodi di qualche ora, che necessitano di nane bianche e buchi neri di massa intermedia, e fenomeni di distruzione mareale con periodi di anni, che necessitano invece di buchi neri super massivi».

Per saperne di più:

Guarda il servizio video su MediaInaf Tv:

Correzione dell’11/09/2023: la dimensione stimata del buco nero di J0230 non è fra 10mila e 100mila masse solari, come inizialmente riportato, bensì fra 200mila e 400mila masse solari.