Qualunque puntino, ombra o chiazza luminosa vediate in questo video, è un’onda gravitazionale. Si tratta infatti di una simulazione della nostra galassia – la Via Lattea – come la vedremmo se potessimo indossare delle speciali lenti che selezionano tutte e sole le sorgenti di onde gravitazionali a bassa frequenza. Se potessimo, in altre parole, vedere con gli “occhi” di un interferometro spaziale per onde gravitazionali come il futuro Laser Interferometer Space Antenna, o Lisa, attualmente in fase di progettazione da parte dell’Esa in collaborazione con la Nasa e il cui lancio è previsto negli anni 2030.
A produrre tutte queste emissioni galattiche, coppie di corpi celesti che gli astronomi classificano come “binarie ultra compatte” (Ucb, dall’inglese ultra-compact binaries). Si tratta dello stato finale di molti sistemi stellari binari e comprendono coppie miste di buchi neri, stelle di neutroni, nane bianche e stelle evolute di sequenza principale. Questi sistemi emettono onde gravitazionali “persistenti” a bassa frequenza, ovvero a lunghezze d’onda dei millihertz, non raggiungibili dagli interferometri di terra.
Gli strumenti terrestri come Ligo, Virgo e Kagra sono infatti sensibili alle onde gravitazionali ad alta frequenza, ovvero fra 10 Hz e 1 kHz, e finora hanno rilevato circa cento eventi. Si tratta, però, di segnali transienti (ovvero di durata inferiore a un minuto) prodotti durante le turbolente fasi finali della fusione di sistemi binari di oggetti compatti, come buchi neri e stelle di neutroni. Oltre a essere più energetici di quelli qui rappresentati, inoltre, sono estremamente rari in una singola galassia e sono quindi quasi esclusivamente extra-galattici.
Per mettere in piedi questa simulazione, pubblicata in un articolo su The Astrophysical Journal, è stata utilizzata la distribuzione galattica dei sistemi binari (e dei corrispondenti segnali delle onde gravitazionali) elaborata proprio dal team scientifico dell’interferometro spaziale Lisa. Sono stati poi organizzati all’interno di una visione completa della Via Lattea, dunque una mappa, esattamente come fatto in precedenza per diverse lunghezze d’onda elettromagnetiche come il visibile, l’infrarosso o i raggi X. I punti più luminosi indicano le sorgenti con segnali più forti, mentre i colori più chiari indicano quelle con frequenze più elevate. Le macchie colorate più grandi mostrano le sorgenti la cui posizione è meno conosciuta. L’inserto in alto a destra, infine, mostra la frequenza e la forza del segnale gravitazionale, assieme al limite di sensibilità di Lisa (la curva tratteggiata).
Il fatto che non si riconoscano strutture note, o familiari, è dovuto alla differenza fra le onde elettromagnetiche e le onde gravitazionali, che portano informazioni molto diverse, sebbene i fenomeni fisici che le originano talvolta possano essere visti anche con normali telescopi.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Imaging the Milky Way with Millihertz Gravitational Waves“, di Kaitlyn Szekerczes, Scott Noble, Cecilia Chirenti e James Ira Thorpe