Le leggi della natura descrivono e spiegano i fenomeni che osserviamo quotidianamente nel mondo che ci circonda. Le leggi classiche del moto, della gravità, dell’elettromagnetismo e della termodinamica, come pure le leggi fondamentali dell’evoluzione, sono alcuni esempi. Ognuna di queste leggi naturali, basate su dati empirici, descrive un comportamento universale dei sistemi fisici macroscopici nello spazio e nel tempo.
In un articolo pubblicato la settimana scorsa sui Proceedings of the National Academy of Sciences, un team multidisciplinare di scienziati, comprendente tra gli altri filosofi della scienza, astrobiologi e fisici teorici, descrive ora una nuova legge. L’hanno chiamata “legge mancante della natura” e riconosce l’evoluzione come una caratteristica comune dei sistemi complessi.
L’idea centrale della legge, chiamata anche “legge dell’aumento dell’informazione funzionale”, è che i sistemi naturali complessi evolvono verso stati di maggiore strutturazione, diversità e complessità se le molteplici configurazioni possibili del sistema subiscono una “selezione per una o più funzioni”. In pratica, quando una nuova configurazione di un sistema funziona bene e la funzione migliora, avviene l’evoluzione. E ciò a prescindere dal fatto che il sistema sia vivente o non vivente.
Ma cosa si intente esattamente per configurazione del sistema? E soprattutto, quali sono queste funzioni alla cui base ci sarebbe l’evoluzione?
La risposta alla prima domanda si trova nei cosiddetti attributi di applicabilità della legge. Nel formulare la teoria, uno degli sforzi che i ricercatori hanno fatto è stato quello di identificare eventuali equivalenze tra diversi sistemi evolutivi attraverso l’indagine di attributi comuni in grado di sostenere un enunciato che unificasse tutti i sistemi in questione. Per indagare questo concetto, gli autori hanno preso in esame tre sistemi in evoluzione differenti: il sistema stellare, il sistema minerale e il sistema biologico. Secondo i ricercatori, questi tre sistemi naturali in evoluzione differiscono in modo significativo nei dettagli: la nucleosintesi stellare dipende dalla selezione di configurazioni stabili di protoni e neutroni; l’evoluzione minerale si basa sulla selezione di nuove disposizioni stabili di elementi chimici; l’evoluzione biologica avviene attraverso la selezione naturale di tratti ereditabili vantaggiosi. Tuttavia, spiegano i ricercatori, questi e molti altri sistemi sono equivalenti sotto tre importanti aspetti: ogni sistema è formato da numerose unità interagenti (particelle nucleari, elementi chimici, molecole o cellule) che si dispongono in modi diversi e si riorganizzano ripetutamente, dando luogo a un numero combinatorio di configurazioni possibili; in ognuno dei sistemi, i processi in corso generano un gran numero di configurazioni diverse; alcune configurazioni, in virtù della loro stabilità o di altri vantaggi competitivi, hanno maggiori probabilità di persistere grazie alla selezione per funzione. In altre parole, ogni sistema si evolve attraverso la selezione di configurazioni vantaggiose. Da quando detto, si capisce come per configurazione di un sistema gli autori intendono l’insieme dei possibili modi che hanno gli elementi costitutivi del sistema stesso di organizzarsi nello spazio. Quanti sono questi modi? Molti, aggiungono i ricercatori. Tuttavia, solo una piccola parte di essi sopravvive in un processo chiamato “selezione per funzione”.
Andiamo ora al concetto di funzione, che Michael L. Wong, astrobiologo e scienziato planetario della Carnegie Carnegie Institution for Science, e colleghi spiegano prendendo come esempio una delle teorie che ha cambiato profondamente il mondo della scienza: la teoria evoluzionistica di Charles Darwin. Quello che sosteneva il naturalista inglese nel suo enunciato è che alle base dell’evoluzione c’è un meccanismo di selezione naturale innescato dalla lotta per la sopravvivenza. In questa teoria, la ‘funzione’ è la sopravvivenza di una specie, ovvero la capacità degli individui con le caratteristiche più vantaggiose di vivere abbastanza a lungo da raggiungere la maturità sessuale, riprodursi, produrre prole e trasmettere ai discendenti i propri geni, che verranno dunque selezionati a preferenza rispetto ai tratti non vantaggiosi. Tutto questo, naturalmente, sotto la spinta dell’adattamento all’ambiente.
La nuova legge amplia questa prospettiva, ammettendo almeno tre tipi di funzioni, dove per funzione si intende qualsiasi processo interno o esterno al sistema che apporti un vantaggio al sistema stesso. La prima funzione, che è anche la più elementare, è la stabilità. Molte strutture in natura sono state selezionate contro il decadimento all’equilibrio termodinamico “nutrendosi” di entropia negativa. Le strutture si sono cioè organizzate in maniera stabile opponendosi alla tendenza naturale al disordine, ossia all’entropia. Queste disposizioni stabili di atomi o molecole vengono selezionate in un processo che gli autori chiamano selezione del primo ordine o selezione per persistenza statica. L’idea alla base è che le configurazioni della materia tendono a persistere a meno che non esistano vie cineticamente più favorevoli all’acquisizione di assetti più stabili.
La seconda funzione è la dinamicità, tipica dei sistemi aperti. Il processo alla base di questa funzione è la dissipazione di energia libera: senza questa funzione, sottolineano i ricercatori, non potrebbero esistere sistemi complessi. L’autocatalisi – tipica dei sistemi autoreplicanti, dunque degli esseri viventi – e l’omeostasi sono altri tipi di funzioni. Il processo di selezione che avviene sulla base di questa funzione è la selezione di secondo ordine o selezione per persistenza dinamica.
La terza funzione, infine, è la novità, ovvero la tendenza dei sistemi in evoluzione a esplorare nuove configurazioni, che a volte portano a comportamenti nuovi o caratteristiche sorprendenti. In un universo che supporta molte possibilità di combinazioni, la scoperta di nuove configurazioni funzionali viene selezionata quando esiste un numero considerevole di configurazioni che non sono state ancora sottoposte a selezione, osservano i ricercatori. La selezione che sottende questa funzione è la selezione di terzo ordine o selezione per generazione di novità.
Secondo i ricercatori, dunque, la selezione di una configurazione dei sistemi sulla base di una o più di queste funzioni porta all’evoluzione del sistema stesso. Detto così l’enunciato mostra molte similitudini con la “legge della complessità crescente“, che afferma che la selezione naturale, agendo da sola, tende ad aumentare la complessità di un sistema. In realtà, sottolineano i ricercatori, la legge dell’aumento dell’informazione funzionale amplifica e quantifica questa congettura, concentrandosi sulla selezione naturale dei sistemi biologici in evoluzione.
Come anticipato, la legge in questione si applica a un’ampia gamma di sistemi in evoluzione, compresi i sistemi viventi. La vita, sebbene distinta nelle specificità dei suoi meccanismi evolutivi, può essere infatti concettualizzata come equivalente ai sistemi stellari e minerali: sia che la guardiamo su scala molecolare, sia che la guardiamo a livello di cellule, individui o ecosistemi, i sistemi biologici hanno il potenziale di presentarsi in numerose configurazioni, e la selezione naturale conserva preferenzialmente configurazioni con funzioni efficaci.
Oltre ad aiutare a comprendere l’evoluzione dei sistemi complessi, lo studio in questione ha notevoli implicazioni anche per la ricerca della vita nel cosmo. L’idea dei ricercatori a tal proposito è questa: se esiste una demarcazione tra la chimica della vita e quella del mondo inanimato che ha a che fare con la selezione per la funzione, si potrebbero identificare delle “regole della vita” che ci permetterebbero di discriminare questa linea di demarcazione nelle indagini astrobiologiche.
«Se Darwin ha formulato la teoria evolutiva partendo da un approccio legato alla sopravvivenza della specie, con questo lavoro lo scenario di applicabilità si amplia notevolmente», dice a Media Inaf John Brucato, astrobiologo all’Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri, che abbiamo contattato per un commento al nuovo enunciato. «La funzione più interessante è la “novità”», aggiunge lo scienziato, «ovvero la tendenza dei sistemi in evoluzione a esplorare nuove configurazioni che a volte portano a nuovi comportamenti o caratteristiche sorprendenti. Data l’ubiquità dei sistemi evolutivi nel mondo naturale, la nuova legge introdotta in questo lavoro considera sia la “funzione” che il “contesto”. Se accettiamo che la selezione basata sulla crescita di funzionalità, sulla persistenza e sulla generazione di novità sia un processo universale guidato da una legge di natura, allora dobbiamo aspettarci che la vita sia un fenomeno comune nell’Universo»
Per saperne di più:
- Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “On the roles of function and selection in evolving systems” di Michael L. Wong, Carol E. Cleland, Daniel Arend Jr., Stuart Bartlett, H. James Cleaves II, Heather Demarest, Anirudh Prabhu, Jonathan I. Lunine e Robert M. Hazen