Il telescopio spaziale Webb è quel paio di occhiali che mancava, agli astrofisici, per vedere nitidamente ciò che prima era indistinguibile. Per raggiungere distanze maggiori, per vedere molto più in dettaglio oggetti più vicini o, in alcuni casi, entrambe le cose assieme. Come nel caso di cui parliamo oggi: è stata scoperta la “galassia gemella” della Via Lattea più lontana di sempre, già pienamente formata quando l’universo aveva solo 2,1 miliardi di anni. Si chiama ceers-2112, è una galassia con una forma a spirale barrata proprio come la nostra, e possedeva (all’epoca in cui è stata osservata) anche una quantità simile di stelle. L’articolo che ne parla è stato pubblicato oggi su Nature.
La scoperta porta con sé un primato osservativo, dal momento che non erano mai state trovate galassie simili oltre redshift 2 – mentre ceers-2112 si trova a redshift 3. Una svolta tecnica, poiché grazie alla sensibilità e alla risoluzione angolare di Webb è possibile adottare le stesse tecniche di analisi fotometrica che si usano per le immagini delle galassie vicine. E che apre un’importante questione teorica: com’è possibile che esistessero galassie perfettamente strutturate e con una forma a disco in un’epoca cosmica così antica? Le simulazioni numeriche, infatti, dicono che non dovrebbero esistere galassie a spirale barrate a redshift maggiore di 1.5, ovvero oltre 9,5 miliardi di anni fa.
Significa, in altre parole, che la Via Lattea potrebbe aver acquisito la sua forma attuale molto prima di quanto si pensasse e aver avuto più tempo per evolvere indisturbata in seguito. E qui torniamo alla questione degli occhiali: da quando abbiamo cominciato a osservare con Webb, anche altri tipi di galassie, sia ellittiche che spirali, sono state viste comparire in epoche molto più antiche, quando si pensava che le galassie fossero quasi tutte di forma irregolare. Segno, anche questo, che si sono evolute molto più velocemente di quanto potessimo prevedere – o vedere – con gli occhiali che possedevamo prima.
«Il James Webb sta rivoluzionando non solo il modo di vedere l’universo ma anche gli scenari di formazione delle galassie», dice a Media Inaf Chiara Buttitta, ricercatrice all’Inaf di Napoli e coautrice dell’articolo. «Studi recenti ad esempio mostrano che, nonostante la loro fragilità, i dischi stellari delle galassie si erano già formati quando l’universo aveva solo un paio di miliardi di anni ed era dominato da violenti interazioni e fusioni tra galassie. La solida presenza di una barra in ceers-2112 è una prova evidente che occorre rivedere gli scenari di formazione delle galassie a disco, e in particolare i tempi di formazione delle galassie barrate, come la Via Lattea. Stando a lavori teorici basati su simulazioni cosmologiche ad alta risoluzione, le barre non sono ancora presenti a quest’epoca primitiva dell’universo. La scoperta di ceers-2112 rappresenta, quindi, un punto di rottura rispetto alle previsioni teoriche. Le future campagne osservative, soprattutto quelle spettroscopiche, ci consentiranno di indagare in dettaglio questo aspetto».
Le galassie non hanno avuto sempre l’aspetto di quelle che vediamo vicino a noi oggi, poiché la loro struttura e la loro massa cambiano nel corso della loro vita. Per quanto riguarda le galassie simili alla Via Lattea, comuni nell’universo vicino, ad esempio, si pensava che fossero estremamente rare in passato. Fino a prima di Webb, la morfologia delle galassie lontane si basava su osservazioni condotte con il telescopio spaziale Hubble, che aveva rivelato, appunto, che molte galassie lontane mostravano strutture altamente irregolari, probabilmente dovute alle continue interazioni e fusioni. Ora, invece, per la prima volta abbiamo la tecnologia per studiare la morfologia dettagliata delle galassie molto distanti. E, con essa, comprendere meglio la loro storia e ricostruirne la formazione.
Ceers-2112 fa parte di un programma osservativo che si chiama Cosmic Evolution Early Release Science (Ceers, appunto), che ha raccolto immagini multibanda profonde di galassie lontane con lo strumento NirCam a bordo del telescopio spaziale Webb, in una regione di cielo in direzione delle costellazioni dell’Orsa Maggiore e di Boote.
«Nei primi mesi di vita del James Webb, nell’ambito della collaborazione Ceers abbiamo cominciato ad analizzare visualmente un campione di quasi mille galassie che selezionate per essere osservate quando l’universo aveva meno di 2 miliardi di anni. Tra queste c’era ceers-2112», ricorda a Media Inaf Luca Costantin, ricercatore al Centro di astrobiologia dell’Instituto Nacional de Técnica Aeroespacial a Madrid, in Spagna, e primo autore dello studio. «Inizialmente, la sua classificazione era incerta, dato che nello studio abbiamo analizzato visivamente alcune delle immagini ottenute in singole bande fotometriche. La mia intuizione è stata quella di combinarle tutte assieme per mostrare come la galassia possegga inequivocabilmente una barra, da cui si dipartono due bracci di spirale immersi in un disco esteso ma molto debole e quindi invisibile nelle singole immagini».
Infine, una nota di colore. Dal 2021 la Torre della Specola, sede dell’Inaf di Padova, viene illuminata per un minuto con un colore diverso ogni volta che vi passa sopra un sistema di pianeti extrasolari, un asteroide, una galassia “medusa” o un particolare gruppo di stelle. Si tratta sempre di astri connessi alla città e alle ricerche scientifiche che svolgono gli astronomi padovani. Data la forte connessione degli autori dell’articolo con l’Inaf di Padova, per celebrare ceers-2112 la torre verrà illuminata di rosa scuro.
«Abbiamo scelto questa tonalità di colore per evidenziare quanto la radiazione di ceers-2112 sia spostata verso le lunghezze d’onda più lunghe (verso il rosso, quindi, ndr) in virtù dell’espansione dell’universo», spiega Enrico Maria Corsini, professore al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova e coautore dello studio. «I tempi dei passaggi di ceers-2112 saranno visibili sul sito dell’Inaf di Padova».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A Milky Way-like barred spiral galaxy at a redshift of 3“, di Luca Costantin, Pablo G. Perez-Gonzalez, Yuchen Guo, Chiara Buttitta, Shardha Jogee, Micaela B. Bagley, Guillermo Barro, Jeyhan S. Kartaltepe, Anton M. Koekemoer, Cristina Cabello, Enrico Maria Corsini, Jairo Mendez-Abreu, Alexander de la Vega, Kartheik G. Iyer, Laura Bisigello, Yingjie Cheng, Lorenzo Morelli, Pablo Arrabal Haro, Fernando Buitrago, M. C. Cooper, Avishai Dekel, Mark Dickinson, Steven L. Finkelstein, Mauro Giavalisco, Benne W. Holwerda, Marc Huertas-Company, Ray A. Lucas, Casey Papovich, Nor Pirzkal, Lise-Marie Seille, Jesus Vega-Ferrero, Stijn Wuyts e L. Y. Aaron Yung