Erano partite in 27, poi la rosa si era ridotta a cinque, ora sono rimaste in tre. E alla fine ne resterà una soltanto. Parliamo della selezione per la missione M7, la settima (in realtà la sesta, M6 è stata cancellata) missione di classe media del programma Cosmic Vision dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. A giocarsi il biglietto per il lancio, in calendario attorno a metà degli anni Trenta, sono dunque rimaste in gara M-Matisse, per lo studio dell’abitabilità e l’evoluzione di Marte, Plasma Observatory, per l’esplorazione dell’ambiente di plasma che circonda il nostro pianeta, e infine Theseus, per l’osservazione di eventi cosmici ad alta energia e di breve durata. Le ultime due sono proposte a guida italiana, con principal investigator dell’Istituto nazionale di astrofisica.
«Tutte e cinque le proposte di missione che hanno superato la Fase 0 erano eccellenti, affrontavano argomenti unici ed entusiasmanti ed erano realizzabili entro la metà del 2030, quindi è stato davvero difficile prendere una decisione finale», dice Carole Mundell, direttrice scientifica dell’Esa. «Abbiamo istituito un panel di esperti degli stati membri dell’Esa per esaminare le missioni candidate. I revisori hanno seguito un rigoroso processo di selezione, che comprendeva l’esame del valore scientifico, della fattibilità scientifica, della tempestività e della complementarità con altri progetti». Dopo questa ulteriore scrematura, le tre missioni ammesse alla fase successiva sono risultate, appunto, M-Matisse, Plasma Observatory e Theseus – quest’ultima ripescata dalla terna per la selezione M5, per la quale la scelta dell’Esa era andata a EnVision.
Le tre missioni dovranno ora affrontare la cosiddetta Fase A, durante la quale due diverse aziende aerospaziali porteranno a termine – per ciascuna di esse – uno studio dettagliato, così da giungere a un progetto completo. A metà del 2026, infine, verrà scelta la missione da lanciare. Ma sentiamo direttamente dai protagonisti, un po’ più in dettaglio, di che missioni si tratta.
M-Matisse, due satelliti gemelli per lo space weather marziano
«La missione M-Matisse, acronimo per Mars – Magnetosphere Atmosphere Ionosphere and Space-weather Science, è dedicata allo studio dell’accoppiamento magnetosfera-ionosfera-termosfera, dovuto all’interazione tra Marte e il vento solare», spiega Raffaella D’Amicis dell’Inaf Iaps di Roma, responsabile delle data processing unit per il plasma a bordo di entrambi i satelliti di cui si compone la missione. «Attraverso le osservazioni simultanee dei due satelliti – Henri e Marguerite – che orbiteranno intorno a Marte, equipaggiati con gli stessi strumenti, sarà possibile individuare quali sono i processi fisici che governano la dinamica del sistema. Questo rappresenta un punto focale per comprendere l’evoluzione dell’atmosfera e del clima del pianeta, oltre all’ambiente radiativo marziano, ed è essenziale per prevenire situazioni di pericolo per satelliti ed esseri umani, e per previsioni accurate nell’ambito dello space weather».
Plasma Observatory, sette sentinelle nella magnetosfera terrestre
«Plasma Observatory è una missione che potrebbe portare a comprendere, finalmente, i processi che danno vita all’accelerazione di particelle e al trasporto di grandi quantità di energia nei plasmi cosmici», dice la principal investigator della missione, Maria Federica Marcucci, dell’Inaf Iaps di Roma. «A tal scopo, Plasma Observatory è concepito come una costellazione di sette satelliti per fornire, per la prima volta, misure simultanee multi-scala nelle regioni chiave della magnetosfera terrestre, dove avvengono i fenomeni di accelerazione e trasporto più intensi. La comprensione di tali fenomeni è fondamentale, poiché si tratta di processi universali che determinano anche la fisica di oggetti astrofisici lontani e allo stesso tempo danno vita allo space weather, che può avere impatti diretti sullo svolgimento delle attività umane».
Theseus, un telescopio spaziale per lo studio dei Grb
«Theseus è un concetto di missione che ambisce a sfruttare appieno le grandi e uniche potenzialità dei lampi di raggi gamma (Grb, gamma-ray burst) per l’esplorazione dell’universo primordiale e lo sviluppo dell’astrofisica multi-messaggera», dice il principal investigator della missione, Lorenzo Amati, dell’Inaf Oas di Bologna. «I più lunghi e potenti di questi fenomeni permettono, infatti, di rivelare direttamente l’esplosione delle prime stelle formatesi nell’universo. Agendo come veri e propri fari cosmici, questi eventi permettono inoltre l’identificazione e lo studio sistematico delle galassie primordiali, e in particolar modo di quelle di piccola massa e bassa luminosità, invisibili persino ai più potenti telescopi, come il James Webb. Al tempo stesso, i lampi più brevi sono la controparte elettromagnetica più prominente dei segnali gravitazionali prodotti dalla coalescenza di sistemi binari costituiti da due stelle di neutroni o una stella di neutroni e un buco nero. Theseus permetterà la rivelazione e localizzazione di numerose decine di lampi gamma coincidenti con onde gravitazionali, portando così dagli albori alla piena maturazione l’astrofisica e la cosmologia multi-messenger».