L’incontro ravvicinato per questa volta non è stato con un alieno, ma con un’intelligenza acquatica: una megattera (Megaptera novaeangliae). Dopo un periodo passato tra acqua e terraferma, le balene sono tornate definitivamente a vivere negli oceani più di 60 milioni di anni fa, eppure, anche se così ancestralmente lontane da Homo sapiens, sono riuscite a dialogare con noi. E noi con loro.
Un team di scienziati del Seti Institute, dell’Università della California a Davis e dell’Alaska Whale Foundation ha studiato i sistemi di comunicazione delle megattere nel tentativo di capire come potremmo interagire con un’eventuale civiltà extraterrestre. Il raro e affascinante scambio acustico con Twain, una femmina adulta di megattera, è avvenuto nel sud-est dell’Alaska ed è stato riportato il mese scorso in un artiocolo sulla rivista Peer J. I ricercatori hanno diffuso in mare, tramite un altoparlante subacqueo, un “segnale di saluto” e Twain si è avvicinata nuotando intorno all’imbarcazione del team e rispondendo al richiamo – non solo in modo colloquiale, ma anche adattando la risposta di volta in volta. Durante lo scambio sonoro, durato diversi minuti, la megattera ha reagito a ogni singolo richiamo prodotto, adattandosi alle variazioni di intervallo tra un segnale e l’altro. «Per quanto ne sappiamo», dice Brenda McCowan di UC Davis, autrice principale dello studio, «questo è stato il primo scambio comunicativo tra esseri umani e megattere nel “linguaggio” delle megattere».
Comprendere i segnali e i versi degli animali è una sfida antica che oggi alimenta anche la curiosità scientifica e la ricerca sulle forme di intelligenza non umane, da quella artificiale a quelle extraterrestri. La diversità dell’intelligenza non umana esistente sulla Terra è stata rivelata da una moltitudine di studi scientifici, sia osservativi che sperimentali, condotti negli ultimi decenni e si osserva in tante specie animali, dai polpi ai corvi, dagli elefanti alle balene. «Le megattere sono estremamente intelligenti, hanno sistemi sociali complessi, costruiscono strumenti – ad esempio, reti di “bolle” per catturare i pesci – e comunicano ampiamente sia con canti che con richiami sociali», spiega Fred Sharpe dell’Alaska Whale Foundation, coautore della ricerca.
Per questo studio di bioacustica interattiva, le analisi sono state effettuate su uno scambio acustico di 20 minuti, intervallo di tempo in cui alla trasmissione di un richiamo di contatto registrato, noto come “whup/throp” seguivano le risposte da parte di Twain, come in una vera e propria interazione acustica e comportamentale intenzionale tra uomo e balena. Sul ponte superiore della nave da ricerca erano contemporaneamente presenti quattro osservatori con una visuale a 360 gradi per raccogliere foto, video e appunti sul comportamento dell’animale. E tutti e quattro erano “osservatori ciechi”, nel senso che non erano a conoscenza del meccanismo di richiamo-risposta. «I nostri risultati mostrano che Twain ha partecipato sia fisicamente che acusticamente a tre fasi di interazione – coinvolgimento, agitazione, disimpegno – determinate in modo indipendente da osservatori esterni che hanno riferito il comportamento di superficie e l’attività respiratoria della balena», sottolineano a questo proposito gli scienziati del team, composto anche da Josie Hubbard, Lisa Walker e Jodi Frediani, specializzate rispettivamente in intelligenze animali, analisi dei canti delle megattere e fotografia e comportamento delle megattere.
L’idea alla base di questo tipo di ricerche è quella di sondare attivamente i sistemi di comunicazione non umani al di là delle osservazioni tradizionali, per comprendere meglio il significato dei segnali e mettere in campo diversi strumenti di interpretazione. Analogamente allo studio dell’Antartide come ambiente simile a Marte, il team Whale-Seti sta studiando sistemi di comunicazione intelligenti, terrestri e non umani, per sviluppare filtri da applicare a qualsiasi eventuale segnale da intelligenza extraterrestre. Il ricorso alla matematica della teoria dell’informazione, in particolare, consente poi di quantificare la complessità comunicativa, ad esempio la struttura delle regole incorporate in un messaggio ricevuto.
Per comunicare con gli alieni, però, non basterà saper capire il balenese, come il pesce Dory nel film Alla ricerca di Nemo. «A causa delle attuali limitazioni tecnologiche, un presupposto importante della ricerca di intelligenza extraterrestre è che gli alieni siano interessati a stabilire un contatto e quindi si rivolgano ai ricevitori umani», ricorda Laurance Doyle, coautore dell’articolo e astronomo al Seti Institute.
Per saperne di più:
- Leggi su Peer J l’articolo “Interactive bioacoustic playback as a tool for detecting and exploring nonhuman intelligence: “conversing” with an Alaskan humpback whale”, di Brenda McCowan, Josephine Hubbard, Lisa Walker, Fred Sharpe, Jodi Frediani e Laurance Doyle