Non possiamo vederlo né sentirlo, eppure senza di esso la vita sul nostro pianeta non sarebbe possibile. Stiamo parlando del campo magnetico terrestre. Generato nel cuore della Terra da una turbolenta dinamo, il campo geomagnetico ci protegge dalle particelle cariche che il Sole lancia continuamente verso di noi con il vento solare. La sua intensità media oggi si aggira intorno ai 40-50 microtesla, l’unità di misura del campo magnetico. Ma il suo valore non è stato sempre questo. Nel corso dei secoli la dinamo terrestre si è infatti indebolita e rafforzata più volte, lasciando ogni volta tracce di questi cambiamenti nei minerali sensibili a tali fluttuazioni.
Un team di ricercatori guidati dall’Ucl Institute of Archaeology ha ora individuato alcune di queste tracce in tavole d’argilla risalenti a circa tremila anni fa, svelando la forza dell’antico campo magnetico del nostro pianeta. Nello studio, pubblicato questa settimana nei Proceedings of the National Academy of Sciences, Matthew Howland, archeologo della Wichita State University, negli Usa, e il suo team hanno analizzato 32 tavole di argilla provenienti da diversi siti archeologici dell’antica Mesopotamia, in particolare da un’area corrispondente al moderno Iraq, nelle quali è inciso il nome dei sovrani regnanti all’epoca, ottenendo importanti informazioni su una misteriosa anomalia nel campo magnetico terrestre.
Attraverso l’interpretazione delle iscrizioni, i ricercatori hanno prima datato i preziosi reperti, facendoli risalire a un periodo compreso tra il 1050 e il 550 avanti Cristo. Successivamente, utilizzando un magnetometro, il team ha misurato la forza del campo magnetico impresso nei grani di ossido di ferro presenti in ciascuna delle tavole, ottenendo una mappa dei cambiamenti nella forza del campo magnetico terrestre.
Così facendo, il team è stato in grado di confermare l’esistenza di una misteriosa anomalia nell’antico campo magnetico terrestre. È quella che gli addetti ai lavori chiamano “anomalia geomagnetica dell’età del ferro levantina”: un periodo, quest’ultimo, compreso tra il terzo e il primo millennio a.C. in cui, per ragioni non ancora chiare, il campo geomagnetico era insolitamente forte, con valori massimi che arrivavano anche a 80 microtesla, come nel caso del valore misurato in questo studio nella tavola B185, ritrovata ad Ashur, nell’odierno Iraq, e risalente all’epoca del re Sennachecherib.
«Spesso per avere un’idea della cronistoria dell’antica Mesopotamia dipendiamo da metodi come la datazione al radiocarbonio. Tuttavia, alcuni dei resti più comuni che abbiamo delle antiche culture di queste terre, come le tavole e la ceramiche, in genere non possono essere facilmente datati con questo metodo in quanto non contengono materiale organico», sottolinea Mark Altaweel, ricercatore all’Ucl Institute of Archaeology e co-autore dello studio. «Il nostro lavoro contribuisce ora a creare un’importante base di riferimento per la datazione di materiali archeologici, che permette di beneficiare della datazione assoluta con l’archeomagnetismo».
Nell’indagine, il team ha inoltre scoperto che c’è stato un periodo in cui il campo magnetico terrestre è cambiato drasticamente in tempi relativamente brevi. In cinque tavole risalenti al regno di Nabucodonosor II sono stati misurati valori del campo magnetico che in breve tempo sono passati da 69 a 85 microtesla, aggiungendo così dati a sostegno dell’ipotesi che rapidi picchi d’intensità sono possibili.
«Il campo geomagnetico è uno dei fenomeni più enigmatici nelle scienze della Terra», ricorda Lisa Tauxe, geofisica alla University of California San Diego, tra i firmatari dello studio. «I resti archeologici ben datati delle ricche culture mesopotamiche, in particolare le tavole d’argilla con incisi i nomi di re specifici, forniscono un’opportunità senza precedenti per studiare i cambiamenti nell’intensità del campo magnetico con un’elevata risoluzione temporale, monitorando i cambiamenti avvenuti nel corso di diversi decenni, o anche meno».
Mappando i cambiamenti nel campo magnetico terrestre nel tempo, questi dati offrono agli archeologi un nuovo strumento per aiutare a datare alcuni antichi manufatti, concludono i ricercatori. Inoltre, la datazione archeomagnetica può aiutare gli storici a individuare con maggiore precisione i regni di alcuni degli antichi re di queste terre.
Per saperne di più:
- Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “Exploring geomagnetic variations in ancient mesopotamia: Archaeomagnetic study of inscribed bricks from the 3rd–1st millennia BCE” di Matthew D. Howland, Lisa Tauxe, Shai Gordin, Mark Altaweel, Brendan Cych e Erez Ben-Yosef