Una sera di duecento anni fa, in un piccolo paese della “Bassa”, a meno di due km in linea d’aria dal fiume Reno, che in quelle terre piatte solca il confine tra la provincia di Ferrara e quella di Bologna, una deflagrazione squarciò la gelida quiete della pianura invernale. Così la mattina successiva ricordava l’evento, nel suo manoscritto in quattro volumi Notizie intorno alla città di Cento dall’anno 1815 al 1840, il cronista locale Francesco Sebastiano Lenzi:
“Li 16 gennaio 1824. Circa le ore nove pomeridiane. Dietro un rumore quasi di esplosione di cannone sentito anche nel Finale e ad Argile ed all’intorno, ed il sibilo per l’aria nelle vicinanze di Renazzo che fu da taluno preso per suono quasi di un caviglione, cadde in Renazzo un aerolito poco sopra la chiesa ed in altro luogo ed un pezzo di questo era del peso di …”
Quella caduta su Renazzo il 15 gennaio 1824 era una meteorite appartenente al gruppo CR delle condriti, dove la ‘C’ sta per carbonacee e la ‘R’, appunto, per Renazzo. Paese natale di Ferruccio Lamborghini, fondatore dell’omonima casa automobilistica, oggi Renazzo è una frazione del comune di Cento, in provincia di Ferrara. E quella ritrovata in più frammenti nei pressi della chiesa e nei terreni circostanti è in un certo senso la “Lamborghini delle meteoriti”: le condriti carbonacee sono infatti fra le più rare (sono meno del 5 per cento di quelle trovate) e le più preziose dal punto di vista scientifico, essendo spesso anche le più primitive. Nella loro pasta granulosa sono stati trovati minerali e gas con abbondanze isotopiche anomale, tali da farne risalire l’origine a epoche antecedenti al Sistema solare. Polveri e gas dunque presenti già nella nube molecolare primordiale nella quale si sono formati il Sole e i pianeti.
Materia assemblata miliardi di anni fa nel cuore di antiche stelle, e che meteoriti come questa di Renazzo hanno portato sin qui sul nostro pianeta, come ricorda il geofisico e planetologo Giordano Cevolani – originario di Pieve di Cento, una località a pochi km da Renazzo, appena al di là del Reno – nella sua opera del 2001 Renazzo: una meteorite racconta la nostra storia. Un volume, dice lo scienziato, «frutto di numerose ore di microanalisi con il microscopio elettronico a scansione del Cnr, a Bologna, eseguite allo scopo di sceverare le particolarità indotte dalla contaminazione ambientale da quelle originarie della pietra celeste».
Il frammento più grande esistente al mondo della meteorite di Renazzo – circa 441 grammi in origine, ora ridotti a 307 – è oggi conservato al Museo mineralogico dell’Università di Bologna, ma verrà trasferito in questi giorni alla Civica Pinacoteca di Cento, dove da mercoledì 10 gennaio sarà esposto al pubblico in occasione delle celebrazioni per il bicentenario della caduta. Celebrazioni che culmineranno nel prossimo fine settimana con una serie d’eventi dedicati alla preziosa meteorite organizzati dal Comune di Cento e dalla Pro Loco di Renazzo, insieme all’Associazione astrofili centesi e all’Istituto comprensivo “Lamborghini” di Renazzo.
Nel pomeriggio di domenica 14 gennaio, in particolare, nella sala Zarri del Palazzo del Governatore di Cento è in programma una conferenza aperta al pubblico, introdotta dallo stesso Cevolani, nel corso della quale verranno discussi vari aspetti scientifici e storici, compresi “I tre misteri irrisolti della meteorite di Renazzo”. È questo infatti il titolo dell’intervento di Sandro Zannarini e Nicola Borghi, dottorando all’Università di Bologna già noto ai lettori di Media Inaf per le sue ricerche sull’espansione dell’universo. Meteoriti e mineralogia non sono il suo campo di studi, dice infatti Borghi a Media Inaf, ma a Renazzo ci vive, le sue prime esperienze di divulgazione le ha fatte a San Giovanni in Persiceto con Romano Serra, un altro esperto di meteoriti… insomma era destino che prima o poi dovesse occuparsi anche della roccia che duecento anni fa le stelle gli hanno recapitato a pochi metri da casa.
Quali sono dunque questi tre misteri, le tre principali domande aperte – tutte potenzialmente risolvibili, osserva Borghi – che rimangono sul caso Renazzo? Il primo grande mistero riguarda la massa complessiva di meteorite raccolta. «Si dice che si aggiri attorno ai 10 kg. Già nel 1897 il mineralogista tedesco Ernst Anton Wülfing, dopo aver censito una vasta gamma di fonti bibliografiche e cataloghi di meteoriti, si accorse che mancava all’appello la maggior parte di materiale, ma non ha fatto seguito alcuna indagine approfondita sulla questione. A oggi, sommando tutti i frammenti conservati nei musei e nelle collezioni private, abbiamo poco più di 1 kg di meteorite Renazzo. Quindi le ipotesi sono due: sono spariti 9 kg di materiale, o non ne sono mai stati raccolti 10 kg. La prima ipotesi è stata per me come una caccia al tesoro: la meteorite Renazzo, essendo stata battezzata come capostipite del gruppo di condriti carbonacee Renazzo-type, è infatti ambitissima tra i collezionisti. Ma scavando fra le carte ho trovato il rendiconto di un accademico bolognese dell’epoca più a sostegno della seconda ipotesi. E ricostruendo le varie fonti mi pare più plausibile che la quantità raccolta sia di poco superiore a 1 kg».
Un altro punto interrogativo è la ricostruzione della traiettoria, sulla quale sono in corso alcuni studi. «Grazie al lavoro di Thomas Mazzi dell’Associazione astrofili centesi», ricorda a questo proposito Borghi, che insieme a Mazzi, Serra, Zannarini e Marco Cacciari ha scritto il libro Meteoriti storiche. Un metodo per indagare il passato. Il caso Renazzo CR2, «è stato individuato il terreno su cui è caduto il frammento principale. Le nuove fonti trovate ci indicano la traiettoria, che rientra tra i misteri perché si tratta di fonti in disaccordo fra loro. Qui però entrano in gioco Marco Cacciari e Romano Serra, che hanno svolto nuovi studi sui sedimenti nel terreno individuato, trovando un aumento della presenza di micrometeoriti. La scoperta di ciottolame ottocentesco e di una moneta contribuiscono a correlare questo strato al periodo della caduta della meteorite. E proprio le micrometeoriti rappresentano un altro interessante punto di partenza, relativamente nuovo nella letteratura, che potrebbe aiutare a confermare il luogo della caduta e ad avere una stima della reale traiettoria».
Infine c’è l’incertezza sulla data della caduta. Quella comunemente accettata, dicevamo, è 15 gennaio 1824. «Tuttavia, alcuni documenti inediti trovati nell’Archivio comunale di Cento grazie al lavoro del professor Zannarini la mettono in discussione, indicando il primo gennaio», spiega Borghi, sottolineando che «ci sono molte più ragioni per dubitare del 15 piuttosto che dell’1. Può sembrare un tecnicismo, ma dimostrare che la data è sbagliata vorrebbe dire far cambiare i cartellini a decine di musei sparsi per il mondo, compreso l’American Museum of Natural History!».
Per informazioni sulle iniziative del 13 e 14 gennaio:
Guarda il servizio video su MediaInaf Tv:
Correzione dell’8/1/2024: il titolo della raccolta di Francesco Sebastiano Lenzi è Notizie intorno alla città di Cento dall’anno 1815 al 1840, e non dal 1815 al 1879 come inizialmente riportato.