L’ESA AVRÀ IL 10 PER CENTO DEI DATI SCIENTIFICI

Einstein Probe in volo per fare i raggi X al cosmo

È in volo la nuova sonda cinese, realizzata in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea Max Planck Institute für Extraterrestrische Physik. Osserverà tutto il cielo ai raggi X compiendo rivoluzioni attorno alla Terra in un’ora e mezza circa, da un’orbita a 600 km di altezza

     10/01/2024

Infografica riassuntiva della missione Einstein Probe, partita il 9 gennaio dalla base spaziale cinese di Xichang, nella provincia di Sichuan. Crediti: Esa

È partita ieri, martedì 9 gennaio 2024, dal centro spaziale di Xichang, nella provincia di Sichuan, alle 08:03 del mattino ora italiana (le 15:03 ora locale), la missione Einstein Probe, una collaborazione fra l’accademia cinese delle scienze (Cas), L’Esa e il Max Planck Institute für Extraterrestrische Physik (Mpe) di Monaco di Baviera. Dopo il lancio, la sonda ha raggiunto la sua orbita a un’altitudine di circa 600 km, dalla quale compie una rivoluzione intorno alla Terra ogni 96 minuti con un’inclinazione orbitale di 29 gradi. Si tratta di un telescopio che osserva alle frequenze dei raggi X e questa configurazione orbitale gli consente di monitorare quasi l’intero cielo notturno in sole tre orbite.

L’universo ai raggi X è quello dei fenomeni più energetici, delle esplosioni di supernove, dei jet emessi dai buchi neri quando la materia cade al loro interno, e delle collisioni fra stelle di neutroni che generano onde gravitazionali. È anche il cielo delle esplosioni improvvise, dei cosiddetti eventi transienti, imprevedibili. Per questo è importante continuare a scandagliarlo, a guardare come evolve l’emissione associata a questi fenomeni e scoprire che succede quando nuove sorgenti di raggi X cominciano a brillare.

Per farlo, Einstein Probe è dotato di due strumenti: un telescopio a grande campo, il Wide-field X-ray telescope (Wxt), il cui scopo è proprio quello di monitorare il cielo alla ricerca di nuovi eventi e nuove sorgenti; e il Follow-up X-ray telescope (Fxt), che come dice il nome stesso si occuperà di prendere in carico le segnalazioni del primo strumento guardando con più attenzione, più alta risoluzione e maggior potere collettore, tutti gli oggetti celesti che varrà la pena approfondire.

Crediti: Chinese Academy of Sciences

Wxt ha un design ottico modulare che sfrutta la tecnologia Lobster Eye (occhio di aragosta). L’ispirazione all’anatomia del crostaceo non è casuale, ed è particolarmente indicata per le osservazioni alle alte frequenze dei raggi X: per le aragoste, infatti, la visione non avviene tramite rifrazione da un cristallino, ma tramite riflessione della luce da migliaia di piccoli quadratini disposti su una superficie quasi sferica, verso la retina. Analogamente, il processo di focalizzazione nella banda dei raggi X avviene per riflessione replicando la visione a largo campo di questi crostacei. Questo consente allo strumento di osservare 3600 gradi quadrati (quasi un decimo della sfera celeste) in un solo puntamento e, come dicevamo all’inizio, scandagliare l’intero cielo notturno in tre orbite intorno alla Terra, in poco più di quattro ore e mezzo.

La sonda Einstein Probe, infine, trasmetterà un segnale di allarme per attivare altri telescopi sulla Terra e nello spazio che operano ad altre lunghezze d’onda (dalla radio ai raggi gamma). Questi punteranno rapidamente verso la nuova sorgente per raccogliere preziosi dati a più lunghezze d’onda, consentendo così uno studio più approfondito dell’evento. Si tratta di una pratica ormai consolidata in quella che viene definita “astronomia multimessaggera”, fondamentale per studiare quali processi fisici innescano l’emissione di energia e radiazione da parte di oggetti transienti e altamente energetici.

Nei prossimi sei mesi, il team di Einstein Probe sarà impegnato nei test e nella calibrazione degli strumenti. Dopo questa fase di preparazione, comincerà la fase scientifica in cui la sonda trascorrerà almeno tre anni osservando attentamente l’intero cielo a raggi X. L’Esa, come partner del progetto, ha partecipato ai test e alla calibrazione dei due telescopi a bordo, e ha sviluppato il gruppo di specchi di uno dei due telescopi di Fxt in collaborazione con Mpe e Media Lario (un’azienda italiana), e ha anche fornito il sistema per deviare gli elettroni indesiderati dai rivelatori (il deviatore di elettroni). Per tutta la durata della missione, poi, le stazioni di terra dell’Esa saranno utilizzate per aiutare a scaricare i dati dal veicolo spaziale. La ricompensa scientifica, per Esa, sarà l’accesso al 10% dei dati generati dalle osservazioni di Einstein Probe.