A guardare l’animazione delle loro traiettorie che si incrociano reciprocamente (trovate il video qui sotto), sembra di assistere a una elegante esibizione di valzer. E la coppia di “ballerini” che la interpretano è davvero speciale: non sono stelle e nemmeno pianeti, ma una via di mezzo potremmo dire. Wise J104915.57−531906.1, al secolo noto anche come Luhman 16, è infatti un sistema binario di nane brune.
Le nane brune sono oggetti che non hanno la massa sufficiente per raggiungere nel loro interno le condizioni di temperature e pressioni necessarie all’innesco del bruciamento dell’idrogeno. Sono in pratica stelle mancate, più grandi in massa di Giove, il cui destino è un lento e inesorabile raffreddamento che le porterà a perdere la loro residua luminosità, con un ritmo che è essenzialmente dettato da quanta della loro energia primordiale riescono a irradiare attraverso la loro fotosfera.
La loro intrinseca debolezza luminosa fa sì che anche le più vicine siano debolissime, decine migliaia di volte più deboli di quello che può vedere l’occhio umano. Caratterizzare bene le poche nane brune che vediamo significa poter dedurre quante ce ne siano nella Galassia, con che frequenza si formino e che caratteristiche abbiano, in particolare se queste ospitino nei loro sistemi dei pianeti.
Le nane brune tuttavia, sono troppo deboli per qualunque survey tradizionale per cercare pianeti basata su variabiltà nella curva di luce o nella curva di velocità radiali, i due metodi principali per la ricerca dei pianeti e grazie ai quali è stata scoperta la quasi totalità dei pianeti extrasolari.
La scelta di osservare in dettaglio Luhman 16 e i moti delle sue componenti nasce dal fatto che questa è la coppia di nane brune in assoluto più vicine alla Terra, distando 6,5 anni luce da noi, e comunque il terzo sistema più prossimo al nostro Sistema solare dopo quello di Alfa Centauri e della Stella di Barnard.
Data la sua vicinanza, Luhman 16 è il laboratorio ideale per studiare questi oggetti e la presenza di eventuali pianeti con un metodo alternativo, quello dell’astrometria. La ricerca astrometrica della presenza di pianeti sfrutta il movimento delle componenti di un sistema attorno al loro centro di massa. La misura dello spostamento angolare della componente luminosa osservabile permette così la caratterizzazione del pianeta orbitante, come la sua massa e il suo periodo.
Tuttavia, le nane brune, e fra queste persino anche quelle di Luhman 16, sono così deboli che anche la missione astrometrica Gaia, che ha precisioni quasi insuperabili per sorgenti più brillanti e meno rosse, riesce a malapena a scorgere Luhman 16 e a malapena a fornire misure astrometriche molto mediocri.
Per questa ragione un team di astronomi guidati da Luigi Bedin dell’Inaf di Padova sta conducendo un programma multi-ciclo con il telescopio spaziale Hubble per “monitorare” i movimenti delle due componenti del sistema Luhman 16 con una altissima precisione. E i nuovi risultati sono stati appena pubblicati in un articolo su Astronomical Notes, la rivista astronomica professionale più antica del mondo, dove Einstein e molti altri hanno pubblicato i loro studi, fra cui Bessel con la prima parallasse stellare.
«Il nostro gruppo è leader mondiale nel fare misure astrometriche con Hubble», ricorda Bedin, «arrivando a precisioni e accuratezze di meno di 50 micro secondi d’arco. Una precisione angolare che permetterebbe di percepire dalla Terra spostamenti di 10 cm sulla superficie della Luna. Queste precisioni corrispondono, alla distanza di Luhman 16 (circa 6,5 anni luce, oltre 400mila volte la distanza Terra-Sole), a un movimento di circa 10mila km».
«Questo studio», spiega Mattia Libralato, ricercatore Inaf coinvolto nel lavoro, «ci ha consentito di escludere la presenza di candidati pianeti nel sistema ipotizzati da studi precedenti, e di porre fermi limiti alla massa e periodo di pianeti che possono o non possono essere presenti nel sistema di Luhman16, l’unico per ora accessibile dal pianeta Terra con queste tecniche in questi sistemi. Ora possiamo escludere pianeti con masse circa comparabili a quelle del pianeta Nettuno e periodi fra circa un anno e circa 15 anni».
«Un prodotto fondamentale di questa ricerca è stato di poter raffinare i parametri astrometrici e quelli del sistema, che ora sono noti con accuratezza senza precedenti», aggiunge Massimo Griggio, dottorando dell’Università di Ferrara e associato Inaf, tra gli autori dello studio. «In particolare ora conosciamo le masse di due nane brune con accuratezze migliori dell’1 per cento che avranno importanti implicazioni per i modelli di evoluzione gravo-termica di questi particolarissima classe di oggetti celesti, e di riflesso sulle loro atmosfere. Queste due nane brune saranno caratterizzate per molti decenni a seguire, e saranno probabilmente fra i primi oggetti al di fuori del Sistema solare che verranno esplorati da sonde inviate dal genere umano».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomical Notes l’articolo “HST astrometry of the closest brown dwarfs-II. Improved parameters and constraints on a third body”, di L. R. Bedin, J. Dietrich, A. J. Burgasser, D. Apai, M. Libralato, M. Griggio, C. Fontanive e D. Pourbaix