La missione Mars Sample Return è una campagna di esplorazione spaziale con l’ambizioso obiettivo di raccogliere campioni di roccia e regolite dalla superficie di Marte e portarli sul nostro pianeta per un’analisi approfondita nei laboratori terrestri. Un’impresa, frutto della collaborazione di Nasa ed Esa, che avvicina scienziati e non al sogno di svelare i misteri del passato del Pianeta rosso. Un’impresa, soprattutto, che fornirà informazioni preziose sulla possibilità che su Marte ci sia o ci sia stata vita. Una volta sulla Terra, i campioni saranno portati all’interno della Sample Receiving Facility, una struttura che dovrà essere in grado di caratterizzare, studiare e conservare il materiale marziano in modo sicuro.
Il Measurement Definition Team (Mdt) è il gruppo internazionale che da settembre scorso sta lavorando per definire al meglio la struttura di ricezione, la strumentazione necessaria e le misure sui campioni marziani che verranno fatte all’interno della Sample Receiving Facility. Marco Ferrari, ricercatore all’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf di Roma, è l’unico italiano selezionato per far parte del team. Geologo quarantacinquenne originario di Roma, Ferrari vanta un’esperienza quindicennale nelle tecniche di analisi di campioni extraterrestri di vario tipo, tra cui frammenti cometari, campioni di asteroidi, meteoriti e particelle raccolte in alta stratosfera. Media Inaf lo ha intervistato prima della chiusura dei lavori dell’Mdt, prevista per maggio.
Ferrari, lei è l’unico italiano a far parte di questo progetto. Cos’ha provato quando ha saputo di aver vinto la selezione?
«Sono rimasto estremamente sorpreso. È stato gratificante sapere di essere stato selezionato all’interno di un gruppo internazionale di 40 scienziati di altissimo livello. Sono momenti importanti nella carriera di un ricercatore».
Cosa significa essere membro del Measurement Definition Team? Sarà tra gli scienziati che toccheranno per primi con mano un frammento marziano?
«No, anche se ci spero! Ci sarà una gara nel vicino futuro che stabilirà quali gruppi di ricerca nel mondo riceveranno i campioni raccolti su Marte, ma solo dopo che questi avranno ricevuto una caratterizzazione preliminare nella Sampling Receiving Facility. Prima di allora ci sono tanti piccoli passi da fare. Tra questi, organizzare il rientro dei campioni e il corretto funzionamento della struttura che li ospiterà qui sulla Terra, che sarà negli Stati Uniti, probabilmente all’interno del Johnson Space Center della Nasa, a Houston. Quello che facciamo noi scienziati all’interno del Measurement Definition Team è proprio immaginare da zero il laboratorio perfetto per ospitare i campioni marziani».
Cosa intendiamo quando parliamo di campioni marziani? Come sono fatti e quanto sono grandi?
«Il rover della Nasa Perseverance è atterrato su Marte nel febbraio 2021 e da allora è a spasso nelle vicinanze del cratere Jezero, una zona particolarmente interessante dal punto di vista scientifico. Perseverance sta prelevando delle piccole quantità di roccia e suolo marziano, effettuando dei campionamenti che permettono di raccogliere pezzetti di roccia delle dimensioni di una matita attraverso l’uso di appositi portacampioni simili a delle provette. Ognuno di questi conterrà circa 15 grammi di materiale marziano. Alcuni torneranno vuoti, o meglio contenenti “solo” atmosfera marziana, ma risulteranno comunque dei campioni di estrema importanza scientifica».
A che punto siamo della raccolta?
«Perseverance ha già raccolto 23 campioni su un totale previsto di 30 che arriveranno a Terra, per circa mezzo chilo di materiale marziano. Possiamo dire di essere a buon punto, anche se la strada è ancora lunga».
Quanto lunga?
«Per ricevere i campioni sulla Terra dobbiamo aspettare il 2033, sperando che non ci siano intoppi nelle fasi intermedie».
Supponiamo che fili tutto liscio: come sarà il viaggio di rientro di queste capsule?
«La fase successiva alla raccolta è ancora in via di definizione. Quello che sappiamo è che verrà inviato un lander che atterrerà nelle vicinanze – o all’interno – del cratere Jezero con un piccolo razzo, su cui verranno caricati i campioni raccolti da Perseverance. Probabilmente ci saranno anche due elicotteri simili a Ingenuity, che ha dimostrato di funzionare egregiamente, e che faranno da ausilio per il recupero dei campioni. Dopodiché, un altro veicolo spaziale, in orbita attorno a Marte, recupererà la capsula con tutti i campioni e la spedirà verso la Terra in un viaggio di rientro, che durerà qualche mese».
Se sarà tra quelli che riceveranno una capsula del tesoro marziana, cosa si aspetta e cosa spera di trovarci?
«Da scienziato che spera nella scoperta del secolo, se non del millennio, vorrei ovviamente che dentro ci fosse qualcosa che testimoni che su Marte c’è o ci sia stata la presenza di una qualche forma di vita. Se non sarà questa la risposta che avremo, da geologo mi piacerebbe comunque capire meglio le caratteristiche geologiche e il ruolo che ha avuto l’acqua sul Pianeta rosso».
Ricordiamoci che parliamo di una capsula aliena: non ha paura che da questi contenitori esca qualcosa di pericoloso per la specie umana?
«Come dicevo, lo scopo principale della missione è cercare tracce di vita su un altro pianeta, ma non sappiamo in che forma sarà l’eventuale vita che stiamo cercando. Quindi siamo tutti consapevoli che potremmo trovare anche qualcosa di pericoloso per il genere umano, come virus e batteri o qualcosa di alieno che non conosciamo. Per questo, una volta che ogni campione sarà stato preliminarmente caratterizzato all’interno della Sampling Receiving Facility dal punto di vista biologico e della sua composizione, prima di essere trasferito nei laboratori esterni alla struttura verrà caratterizzato anche dal punto di vista del rischio biologico».
E invece, al contrario, non potreste essere voi scienziati a contaminare e quindi rovinare i campioni?
«Il rischio è altissimo qualora i campioni vengano esposti all’atmosfera terrestre e maneggiati senza le dovute attenzioni. Per questo all’interno del Measurement Definition Team stiamo studiando delle procedure che ci consentano di conservare e trattare i campioni senza alterarli e contaminarli».
Carl Sagan diceva che “l’esplorazione spaziale è un’impresa umana fondamentale che ci aiuta a comprendere il nostro posto nell’universo”. Cosa ne pensa, dal punto di vista etico, della colonizzazione umana di altri pianeti?
«Dal punto di vista scientifico è un’opportunità incredibile e credo che una volta risolti alcuni aspetti, come la necessità di reperire dell’acqua e proteggersi da radiazioni dannose, la prima colonizzazione umana diventerà assolutamente possibile e in un tempo non troppo lontano. Eticamente parlando, sono uno scienziato, per me la curiosità è tutto. Non mi sento di mettere limiti alla scoperta di mondi che ci sono quasi del tutto sconosciuti e che non vedo l’ora di scoprire».
Correzione del 14.03.2024: su richiesta dell’intervistato è stata riformulata la descrizione della procedura di caratterizzazione dei campioni prima del loro trasferimento nei laboratori esterni alla struttura.