LE OSCILLAZIONI QUASI PERIODICHE A 67 HZ DI GRS 1915+105

Massa e spin d’un buco nero nella sua variabilità

Come derivare massa e momento angolare intrinseco di un buco nero avvalendosi di informazioni sulla variabilità della sua emissione X e del modello di precessione relativistica? È il problema di cui si è occupato l’astrofisico Tomaso Belloni, venuto a mancare nell’agosto 2023, nel suo ultimo articolo scientifico, scritto insieme a Sara Elisa Motta dell’Inaf di Brera e ora in corso di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics

     15/03/2024

L’infografica del getto relativistico osservato nel 1992 dal buco nero stellare Grs 1915+105 scelta, nel 2017, da Tomaso Belloni per accompagnare un suo articolo sui buchi neri su Media Inaf. Crediti: Nrao/Aui

Quando nel 2017 decidemmo di pubblicare, qui su Media Inaf, una serie di approfondimenti – scritti direttamente dai ricercatori, li trovate tutti qui – sulle grandi domande dell’astrofisica contemporanea, per compilare la voce dedicata ai buchi neri stellari si offrì subito con entusiasmo Tomaso Belloni, una fra le massime autorità sull’argomento. Serviva un’immagine, e Tomaso scelse senza alcuna esitazione un’infografica relativa al buco nero di Grs 1915+105. Pensammo che fosse una scelta più o meno casuale, comunque l’immagine era suggestiva, mostrava l’evoluzione nell’arco di un mese dell’emissione del buco nero, non aveva problemi di copyright… insomma andava bene, la pubblicammo.

Invece non era affatto una sorgente come tutte le altre: era la sua sorgente. E ad essa è dedicato anche il suo ultimo articolo, ora in corso di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics. Belloni è venuto a mancare lo scorso agosto. Il mese prima lui e Sara Elisa Motta, collega di Belloni a Merate, dove si trova una delle due sedi dell’Inaf di Brera, avevano rimesso mano a un metodo proposto da loro stessi, insieme a Luigi Stella, una decina di anni fa e se ne erano avvalsi per calcolare la massa e il momento angolare intrinseco del buco nero di quel sistema sfruttando informazioni sulla variabilità della sua emissione X – le sue oscillazioni quasi periodiche.

Ma che oggetto è, questo Grs 1915+105? Abbiamo chiesto a Sara Motta di tracciarcene un identikit.

«Grs 1915+105 è un sistema binario che ospita un buco nero di massa stellare, di circa 12 masse solari, in orbita con una compagna di massa simile a quella del Sole. Grs 1915+105 è anche nota come V1487 Aquilae e si trova nella costellazione dell’Aquila, nel cielo meridionale, a circa 30mila anni luce da noi, più o meno la stessa distanza che ci separa dal Centro galattico. Questo sistema binario è noto soprattutto per l’estrema variabilità dell’emissione X che da esso proviene: estrema sia per il range di flusso che si osserva dalla sorgente, sia per le caratteristiche stesse dell’emissione, che mostra tratti come la presenza di flares su tempi scala molto diversi – da pochi millisecondi a giorni, settimane, o anche molti mesi. Tra le caratteristiche dell’emissione X osserviamo, in particolare, la presenza di una modulazione quasi periodica a 67 Hz. Il fatto che sia quasi periodica, e non strettamente periodica, implica che la modulazione non è sempre esattamente a 67 Hz, ma a volte è osservata a frequenze leggermente più basse, a volte leggermente più alte – sempre comunque entro qualche hertz dai 67 Hz».

Questa di 67 Hz non è una frequenza insolitamente elevata, per la modulazione di un’emissione? Parliamo di un periodo di pochi millisecondi… cos’è che si ripete così rapidamente, su quel buco nero?

«In effetti 67 Hz è una frequenza relativamente alta. Dal buco nero, per sua natura, non può derivare nessun segnale. I segnali che osserviamo dai buchi neri in accrescimento sono prodotti nella materia nei pressi del buco nero, che proviene dalla stella compagna. Questa materia si distribuisce in un disco di accrescimento formato da particelle che spiraleggiano verso l’orizzonte degli eventi del buco nero, per poi caderci dentro. La modulazione a 67 Hz, così come tanti altri tipi di modulazione, rispecchia i moti delle particelle in orbita attorno al buco nero. Per osservare queste modulazioni, occorrono strumenti dotati di alta risoluzione temporale, ovvero in grado di osservare singoli fotoni a distanze di tempo molto corte. Per molti anni il satellite per l’astronomia X Rossi X-ray Timing Explorer è stato il miglior osservatorio per lo studio delle modulazioni veloci nelle sorgenti binarie in accrescimento, ed è proprio questo il satellite che abbiamo utilizzato nel nostro lavoro».

È un risultato che riguarda solo questa sorgente in particolare, il vostro, o può avere implicazioni più generali?

«Sicuramente è un risultato che avrà implicazioni più generali: la misura degli spin di buchi neri e stelle di neutroni è estremamente difficoltosa in generale, esistono soltanto pochi metodi che la permettono e spesso non sono applicabili. Il metodo che abbiamo proposto noi, già nel 2014, permette di misurare lo spin e la massa di oggetti compatti unicamente tramite lo studio della variabilità temporale delle sorgenti di interesse, che richiede strumenti relativamente semplici e poco affetti da errori sistematici. Poter misurare lo spin degli oggetti compatti in sistemi binari galattici è estremamente importante anche nel contesto dello studio delle onde gravitazionali prodotte dal collasso di due oggetti di massa stellare: si pensa che i sistemi binari in accrescimento che studiamo noi siano imparentati con i sistemi binari “progenitori” delle onde gravitazionali rilevate dagli interferometri per onde gravitazionali come Ligo, Virgo e Kagra, per cui conoscere gli spin degli uni permette di acquisire informazioni fondamentale sugli altri, informazioni che non sarebbero altrimenti accessibili».

Tomaso Belloni. Crediti: Inaf

Questo che avete appena pubblicato è l’ultimo articolo firmato da Tomaso Belloni prima della sua scomparsa, è venuto a mancare il 26 agosto scorso. È un lavoro che stavate seguendo insieme da tempo?

«Le origini di questo lavoro risalgono in realtà al 2014, fu un’idea che io e Tomaso abbiamo discusso all’epoca della pubblicazione del primo lavoro sul modello, che già allora applicammo anche a Grs 1915+105. Abbiamo discusso questo risultato per anni, cercando di trovare la modalità migliore per rendere giustizia alla sua importanza, consapevoli che spesso il timing viene visto solo come un insieme di tecniche poco chiare. Solo a luglio dell’anno scorso ci siamo decisi a scrivere l’articolo, che di fatto ha visto la luce in appena tre giorni di scrittura. Tomaso diceva che questo lavoro era la “ciliegina sulla torta” della letteratura più rilevante che ha pubblicato in tutti gli anni della sua carriera, perché in qualche modo raccoglie una serie di tematiche che, nel corso della sua carriera, ha affrontato ripetutamente, e che lui riteneva particolarmente importanti: il buco nero Grs 1915+105, le oscillazioni quasi periodiche a 67 Hz, la correlazione tra diversi tipi di variabilità, e il modello di precessione relativistica – in inglese, relativistic precession model. Grs 1915+105 è e rimarrà indubbiamente una sorgente strettamente legata al nome di Tomaso».

Com’è nato il suo interesse per questo sistema binario?

«Alla fine degli anni Novanta Tomaso ha definito uno schema di classificazione per le classi di variabilità di Grs 1915+105 che è stato largamente utilizzato negli ultimi 25 anni, e sicuramente continuerà a rappresentare un gold standard. Grs 1915+105 è stato anche il laboratorio che ha permesso di gettare le basi per la costruzione di un paradigma, ormai universalmente noto come disc-jet coupling, che stabilisce la connessione tra le proprietà del disco di accrescimento e dei getti relativistici. Tomaso ha contribuito largamente alla costruzione di questo paradigma, in collaborazione con diversi colleghi che insieme a lui hanno fatto la storia dell’astronomia X dagli anni Novanta in poi. Il paradigma nato dallo studio di Grs 1915+105 è oggi applicato alle binarie X in generale, e per estensione a tutti i sistemi in accrescimento.

Tomaso si è occupato di variabilità veloce davvero in tutte le salse, dalle pulsazioni al millisecondo nelle stelle di neutroni alla variabilità a banda larga di sistemi in accrescimento di tutti i tipo. Una scoperta fondamentale a cui era particolarmente legato è la correlazione di Psaltis-Belloni-van der Klis, che lega diverse componenti di variabilità, osservabili negli spettri di potenza delle binarie X attive. Mostra come lo stesso processo fisico che produce modulazione coerenti a decine e centinaia di hertz generi, invece, componenti di variabilità a banda larga a pochi hertz. Da ultimo, Tomaso era un grande estimatore del già nominato modello di precessione relativistica».

Di che si tratta?

«È un modello che risale agli ultimi anni Novanta – fu proposto da Luigi Stella e Mario Vietri – e lega i moti della materia attorno a un buco nero rotante, predetti dalla teoria della Relatività Generale, a diverse classi di oscillazioni quasi periodiche. Nel 2014 io, Tomaso e Luigi abbiamo ottenuto la prima stima della massa e del momento angolare di spin di un buco nero in una binaria X di bassa massa. Lui sosteneva, tra le altre cose, che con questo lavoro avevamo dato una prova della veridicità della Relatività Generale, mostrando osservativamente e inconfutabilmente l’esistenza dell’ultima orbita stabile attorno a un buco nero di massa stellare. Dal lavoro del 2014 sono emerse molte idee che sono confluite in una lunga lista di articoli basati sull’utilizzo del modello di precessione relativistica per la stima dello spin di oggetti compatti, incluso quello che purtroppo sarà l’ultimo firmato da Tomaso, ma mi auguro non l’ultimo della serie».


Per saperne di più: