LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

Fuga di gas dall’atmosfera di Venere

Durante il secondo flyby della missione BepiColombo attorno a Venere, avvenuto il 10 agosto 2021, i sensori a bordo del modulo della Jaxa Mmo hanno registrato la fuoriuscita di ioni di ossigeno e carbonio dagli strati più esterni dell’atmosfera del pianeta. Un risultato importante per ricostruire il processo attraverso il quale Venere ha perso tutta l’acqua che possedeva in epoca primordiale

     19/04/2024

Rilevazioni compiute dalla missione spaziale BepiColombo in una regione precedentemente inesplorata dell’ambiente magnetico di Venere hanno mostrato la presenza di ioni di carbonio e ossigeno accelerati al punto da sfuggire all’attrazione gravitazionale del pianeta. I risultati sono stati pubblicati la settimana scorsa su Nature Astronomy.

A differenza della Terra, Venere non genera un campo magnetico intrinseco nel suo nucleo. Tuttavia, attorno al pianeta viene creata una debole magnetosfera indotta a forma di cometa, causata dall’interazione delle particelle cariche emesse dal Sole – il vento solare – con le particelle elettricamente cariche nell’atmosfera superiore di Venere. Avvolta attorno alla magnetosfera c’è una regione chiamata magnetoguaina dove il vento solare viene rallentato e riscaldato.

Il 10 agosto 2021 BepiColombo è passato vicino Venere, per rallentare e aggiustare la rotta verso Mercurio, la sua destinazione finale. La navicella spaziale ha sorvolato la lunga coda della magnetoguaina di Venere ed è emersa dalle regioni magnetiche più vicine al Sole. In quell’occasione, nel corso di un periodo di osservazioni di 90 minuti, gli strumenti di BepiColombo hanno misurato il numero e la massa delle particelle cariche incontrate, acquisendo informazioni sui processi chimici e fisici che causano la fuga atmosferica nel fianco della magnetoguaina.

Infografica sulla fuoriuscita di materiale planetario dall’atmosfera di Venere. La linea rossa e la freccia mostrano la regione e la direzione delle osservazioni di BepiColombo quando sono stati osservati gli ioni in fuga (C+, O+, H+). Crediti: Thibaut Roger/Europlanet 2024 RI/Hadid et al.

«È la prima volta in cui vengono osservati ioni positivi di carbonio fuggire dall’atmosfera di Venere. Sono ioni pesanti che solitamente si muovono lentamente», sottolinea la prima autrice dello studio, Lina Hadid, ricercatrice al Laboratorio di fisica del plasma del Cnrs francese, «dunque stiamo ancora cercando di capire i meccanismi in gioco. Potrebbe essere che un “vento” elettrostatico li stia allontanando dal pianeta, o potrebbero essere accelerati attraverso processi centrifughi».

All’inizio della sua storia Venere aveva molte somiglianze con la Terra, comprese quantità significative di acqua allo stato liquido. Le interazioni con il vento solare hanno successivamente portato via l’acqua, lasciando un’atmosfera composta principalmente da anidride carbonica e piccole quantità di azoto e altri gas in tracce. Missioni precedenti, tra cui Pioneer Venus Orbiter della Nasa e Venus Express dell’Esa, hanno effettuato studi dettagliati sul tipo e sulla quantità di molecole e particelle cariche che si perdono nello spazio. Tuttavia, le orbite di queste missioni hanno lasciato alcune aree attorno a Venere inesplorate e molte domande ancora senza risposta.

I dati per lo studio sono stati ottenuti, durante questo secondo sorvolo di Venere, dal Mass Spectrum Analyzer e dal Mercury Ion Analyzer, due dei sensori dello strumento Mercury Plasma Particle Experiment a bordo del Mercury Magnetospheric Orbiter (Mmo, dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa), uno dei due moduli della missione BepiColombo.

«Caratterizzare la perdita di ioni pesanti e comprendere i meccanismi di fuga su Venere», dice Dominique Delcourt del Laboratorio di fisica del plasma del Cnrs, responsabile del Mass Spectrum Analyzer, «è fondamentale per capire come si è evoluta l’atmosfera del pianeta e come ha perso tutta la sua acqua».

«Questo risultato mostra i risultati unici che possono emergere dalle misurazioni effettuate durante i sorvoli planetari, in cui la sonda può spostarsi attraverso regioni generalmente irraggiungibili dalle navicelle spaziali in orbita», osserva un altro fra i coautori dello studio, Nicolas André, responsabile del servizio Spider, un’infrastruttura di Europlanet i cui strumenti di modellizzazione della meteorologica spaziale hanno consentito ai ricercatori di monitorare il modo in cui le particelle si propagavano attraverso la magnetoguaina venusiana.

Sono numerosi i veicoli spaziali che nel prossimo decennio studieranno Venere, tra cui le sonde Nasa Veritas e Davinci, la missione Esa EnVision e la missione indiana Shukrayaan-1. Collettivamente, forniranno un quadro completo dell’ambiente venusiano, a partire dalla magnetoguaina, attraverso l’atmosfera, fino alla superficie e all’interno del pianeta.

«Risultati recenti suggeriscono che la fuga atmosferica da Venere non può spiegare completamente la perdita dell’acqua che conteneva in passato. Questo studio», conclude Moa Persson dell’Istituto svedese di fisica spaziale, «è un passo importante per scoprire la verità sull’evoluzione storica dell’atmosfera venusiana e le prossime missioni contribuiranno a colmare molte lacune».

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