Fin dalla scoperta casuale di Cerere fatta da Giuseppe Piazzi dal Reale osservatorio astronomico di Palermo il 1 gennaio 1801, gli asteroidi vengono rilevati grazie al moto proprio. Al telescopio gli asteroidi sono indistinguibili dalle stelle di campo perché appaiono puntiformi, ed è solo il loro movimento attorno al Sole che ne denuncia la natura planetaria. Nel 2019 un gruppo di astronomi ha lanciato Hubble Asteroid Hunter, un progetto di citizen science per identificare gli asteroidi nei dati di archivio del telescopio spaziale Hubble (Hst). In effetti le osservazioni d’archivio dell’Hst possono essere utilizzate per lo studio degli asteroidi, perché i puntamenti sono orientati in modo casuale in cielo e coprono lunghi periodi di tempo. Inoltre, le analisi possono essere fatte senza costi aggiuntivi per quanto riguarda il tempo-telescopio, il che non guasta. L’iniziativa è stata sviluppata da ricercatori e ingegneri dello European Science and Technology Centre (Estec) e dello European Space Astronomy Centre’s science data center (Esdc) dell’Esa, in collaborazione con Zooniverse, la piattaforma di citizen science più nota, e Google. Hanno risposto alla chiamata 11.482 volontari che hanno fornito quasi due milioni di identificazioni, utilizzate per istruire un algoritmo di machine learning così da poter identificare automaticamente gli asteroidi, in questo e in futuri database.
Il telescopio spaziale Hubble ha un diametro di 2,4 metri ed è stato immesso in orbita terrestre dallo Space Shuttle Discovery nel lontano 1990. La sua orbita, con un apogeo di 524 km un perigeo di 520 km e un’inclinazione di circa 28,5° sull’equatore terrestre, viene percorsa in soli 95 minuti. Durante il rapido movimento attorno alla Terra il telescopio viene utilizzato per riprendere immagini di nebulose, ammassi stellari, galassie e può capitare che riprenda casualmente anche degli asteroidi. Visto che i tempi di posa possono essere lunghi (in media 30 minuti) e che l’asteroide si muove, il risultato è che viene lasciata una traccia nell’immagine. Considerato che Hubble cambia rapidamente la propria posizione nello spazio, la traccia dell’asteroide è soggetta a un effetto di parallasse ed è curva: conoscendo la posizione di Hubble durante l’osservazione e misurando la curvatura delle tracce, si possono determinare le distanze degli asteroidi e la forma dell’orbita. Il range di distanze esplorate per il best fit delle tracce con il modello va da 0,2 a 6,7 unità astronomiche, per includere anche gli asteroidi troiani di Giove. In alcuni casi la traccia dell’asteroide non presenta una curvatura sufficiente a convergere verso un valore di distanza ben definita. Questo accade quando l’asteroide si muove nel piano orbitale di Hubble, mentre la curvatura è massima quando l’asteroide si trova angolarmente lontano da questo piano. Questo metodo di misura della distanza degli asteroidi usando la parallasse duvuta al moto orbitale di Hubble è stato testato su asteroidi con distanza nota e i valori trovati si sono mostrati coerenti con quelli determinati dal Jpl Horizons service. Gli asteroidi “catturati” da Hubble risiedono principalmente nella fascia principale (main-belt, in inglese), la regione di spazio che si trova tra le orbite dei pianeti Marte e Giove, popolata da circa 1,5 milioni di asteroidi noti. Misurando la luminosità dell’asteroide sull’immagine e conoscendo la distanza si può fare anche una stima delle dimensioni dell’asteroide se si ipotizza la riflettività della superficie.
Questa specie di “caccia al tesoro” ha richiesto l’esame di 37mila immagini riprese da Hubble nell’arco di 19 anni. Il risultato è stato il ritrovamento di 1.701 tracce di asteroidi, di cui 1.031 completamente nuovi perché non presenti nel database del Minor Planet Center. Fra questi nuovi asteroidi ce ne sono 454 che hanno dimensioni inferiori a 1 chilometro. Questi nuovi asteroidi main-belt di piccole dimensioni sono la conferma delle previsioni dei modelli evolutivi del Sistema solare: nei circa 5 miliardi di anni di evoluzione ci sono state innumerevoli collisioni nella main-belt che hanno portato alla formazione delle “famiglie di asteroidi” e alla creazione di una grande quantità di frammenti anche piccoli di cui quelli trovati sono solo una minima parte. D’altra parte che dovessero esistere asteroidi di piccole dimensioni nella main-belt è chiaro anche dal fatto che gli asteroidi near-Earth, che provengono da quella regione, sono per lo più di dimensioni inferiori a 1 km. Fra gli asteroidi trovati nella immagini di Hubble ci sono anche 45 potenziali comete e 74 potenziali asteroidi near-Earth.
Ora il progetto proseguirà con l’analisi fotometrica delle tracce lasciate da tutti gli asteroidi rilevati per studiarne le proprietà, come i periodi di rotazione.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Hubble Asteroid Hunter III. Physical properties of newly found asteroids”, di Pablo García-Martín, Sandor Kruk, Marcel Popescu, Bruno Merín, Karl R. Stapelfeldt, Robin W. Evans, Benoit Carry e Ross Thomson