Gli stellar feedback-driven outflows sono bolle di gas in espansione prodotte all’interno delle galassie da esplosioni stellari estremamente violente. Questi deflussi di materia hanno un ruolo importante nel regolare il ciclo di formazione stellare: la loro potenza d’urto è infatti tale da impedire la nascita di nuove stelle a livello locale. Studiarli è dunque fondamentale per comprendere l’evoluzione delle galassie stesse.
Un team internazionale di ricerca ha ora rilevato uno di questi deflussi, creando la prima mappa ad alta risoluzione del gas che lo costituisce. L’emissione è stata osservata all’interno di Ngc 4383, una galassia a spirale situata a circa 60 milioni di anni luce da noi nella costellazione della Chioma di Berenice. Stando a quanto riportato dagli scienziati nel loro studio, i cui risultati sono stati pubblicati ieri su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, si tratterebbe di una bolla di gas immensa, così grande che ci vorrebbero circa 20mila anni affinché la luce la percorra da un’estremità all’altra. La dimensione non è però l’unica caratteristica degna di nota di questa nube. A renderla straordinaria è la sua massa, equivalente a quella di oltre 50 milioni di Soli. E la velocità massima del gas al suo interno, prossima a 300 km al secondo.
I ricercatori hanno osservato l’enorme bolla bilobata utilizzando lo strumento Muse (Multi Unit Spectroscopic Explorer), uno spettrografo montato sul Very Large Telescope dell’Eso, l’Osservatorio europeo australe, in Cile. Muse è uno spettrografo a campo integrale, ovvero uno strumento che scompone la luce proveniente da ogni punto all’interno del suo campo visivo. Quando viene puntato in direzione di una galassia, Muse consente agli astronomi di analizzare la sua composizione chimica e il movimento del gas e delle stelle al suo interno. Grazie ai dati ottenuti dallo strumento, i ricercatori hanno potuto studiare la struttura e la complessa cinematica del gas ionizzato della bolla in questione, realizzandone la mappa ad alta risoluzione.
«Il gas espulso è piuttosto ricco di elementi pesanti e ci offre una visione unica del complesso processo di miscelazione tra idrogeno e metalli che avviene nel deflusso», dice Adam Watts, ricercatore all’International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar), in Australia, e primo autore della pubblicazione. «In questo caso particolare abbiamo rilevato ossigeno, azoto, zolfo e molti altri elementi chimici». Nell’animazione qui in basso vengono mostrate le linee di emissione osservate dai ricercatori con lo strumento Muse.
Il programma nell’ambito del quale sono state condotte le osservazioni si chiama Mauve, acronimo di Muse e Alma Unveiling the Virgo Environment, una survey che mira a comprendere l’impatto dell’ambiente sull’evoluzione delle galassie dell’ammasso della Vergine, di cui Ngc 4383 fa parte, e alla cui guida ci sono Barbara Catinella e Luca Cortese, due dei quattro ricercatori italiani – tutti e quattro all’estero – coinvolti nello studio.
«Abbiamo progettato la survey Mauve per studiare come i processi fisici, come i deflussi di gas, contribuiscano a bloccare la formazione stellare nelle galassie», sottolinea a questo proposito Catinella. «Ngc 4383 è stato il nostro primo obiettivo, poiché sospettavamo che al suo interno stesse accadendo qualcosa di molto interessante, ma i dati hanno superato tutte le nostre aspettative».
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “MAUVE: a 6 kpc bipolar outflow launched from NGC 4383, one of the most H I-rich galaxies in the Virgo cluster” di Adam B Watts, Luca Cortese, Barbara Catinella, Amelia Fraser-McKelvie, Eric Emsellem, Lodovico Coccato, Jesse van de Sande, Toby H Brown, Yago Ascasibar, Andrew Battisti, Alessandro Boselli, Timothy A Davis, Brent Groves e Sabine Thater