L’odierno campo magnetico della Terra è prodotto e mantenuto grazie alla dinamica del ferro presente nelle sue profondità. Nel cuore del nostro pianeta, in particolare all’interno del nucleo esterno, le alte temperature ionizzano il ferro liquido presente, producendo correnti elettriche che danno origine a una geodinamo autorigenerante: il motore che alimenta il campo geomagnetico. La sua importanza risiede nel fatto che, estendendosi nello spazio fino all’alta atmosfera, crea una bolla protettiva attorno alla Terra – la magnetosfera – che ci protegge delle particelle cariche provenienti dal Sole e dallo spazio interstellare, riducendo così l’esposizione a radiazioni dannose.
Le prove più antiche che oggi possediamo circa la sua esistenza risalgono a diversi miliardi di anni fa: circa 3.5 miliardi di anni, per essere precisi. E provengono da studi paleomagnetici condotti su rocce raccolte dalla cintura di rocce verdi di Barberton, in Sudafrica. In campioni di rocce prelevate in un luogo remoto della Groenlandia, un team di geologi del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e dell’Università di Oxford ha ora scoperto prove che suggeriscono che la Terra possedesse un campo magnetico già 3.7 miliardi di anni fa, dunque 200 milioni di anni prima. I risultati dello studio sono stati pubblicati la settimana scorsa sulla rivista Journal of Geophysical Research.
«Il campo magnetico è, in teoria, uno dei motivi per cui riteniamo che la Terra sia davvero unica come pianeta abitabile», dice Claire Nichols, geologa planetaria all’Università di Oxford e prima autrice dello studio. «Esso ci protegge infatti dalle radiazioni dannose provenienti dallo spazio. Inoltre, ci aiuta anche ad avere oceani e atmosfere che possono essere stabili per lunghi periodi di tempo»
Il team di ricercatori ha trovato le antiche firme del campo magnetico terrestre analizzando campioni di roccia prelevate dalla cintura di rocce verdi di Isua, un’imponente formazione rocciosa situata nella parte sudoccidentale della Groenlandia. «La Cintura di rocce verdi di Isua si trova a circa 150 chilometri dalla capitale. È un luogo spettacolare, in cui si arriva solo in elicottero volando sopra la calotta glaciale della Groenlandia», aggiunge la scienziata. «Qui si trovano le rocce più antiche del mondo, circondate da questa drammatica espressione dell’era glaciale».
Nella loro indagine, gli scienziati si sono concentrati su particolari rocce chiamate formazioni di ferro a bande, banded iron formation in inglese, un tipo di roccia composta da strati alternati di minerali ricchi di ossido di ferro. Il motivo di tale scelta non è casuale. Gli ossidi di ferro si comportano infatti come minuscoli magneti che si orientano a seconda del campo magnetico che risentono – un processo noto come magnetizzazione. Se la magnetizzazione nel corso del tempo geologico non è alterata da eventi termici prodotti dalla tettonica a placche – metamorfismo regionale – o da attività idrotermale – metamorfismo idrotermale –, queste rocce possono conservare l’orientamento collettivo degli atomi di ferro e dunque possono portare con sé l’impronta del campo magnetico della Terra primordiale.
È esattamente il caso delle rocce in questione: le analisi petrologiche e geocronologiche condotte dai ricercatori indicano che a partire dall’Eoarcheano – un’era geologica che va da 4 a 3.6 miliardi di anni fa – la parte più settentrionale di Isua non ha sperimentato temperature superiori a 380 gradi Celsius, il che significa che le rocce presenti non sono state riscaldate in modo significativo e che la loro magnetizzazione è quella risalente all’epoca in questione. Detto in altri termini, le rocce della cintura sopracrustale di Isua – com’è anche chiamata la formazione rocciosa – conservano una traccia del campo geomagnetico dell’Eoarcheano. A questo punto bisognava capire quanto intenso fosse questo campo magnetico. Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno sottoposto le loro carote di roccia a diversi test presso il laboratorio di paleomagnetismo del Mit.
«I campioni che riteniamo essere migliori e che hanno una firma molto antica, li smagnetizziamo in laboratorio, in fasi successive», spiega Nichols. « A questo punto, applichiamo loro un campo magnetico di laboratorio di cui conosciamo la forza e poi ri-magnetizziamo gradualmente, in modo da poter confrontare il gradiente di smagnetizzazione con il gradiente di magnetizzazione indotto in laboratorio. Questo gradiente ci dice quanto era forte il campo magnetico».
I risultati ottenuti da questi test non solo suggeriscono che le loro rocce hanno memoria di un campo magnetico vecchio di 3,7 miliardi di anni, ma indicano anche che questo campo magnetico avesse una magnitudine di almeno 15 microtesla. «Sebbene sia la metà della forza del campo magnetico odierno, il suo valore è dello stesso ordine di grandezza», sottolinea Nichols. «Il fatto che la sua forza sia simile implica che qualsiasi cosa stia guidando il campo magnetico terrestre, questa non è cambiata in modo massiccio in termini di potenza nel corso di miliardi di anni».
La domanda a questo punto è: cosa alimentava all’epoca un campo magnetico così intenso? Il campo magnetico odierno è generato nel nucleo esterno della Terra grazie all’intenso calore emanato dal nucleo interno. Gli scienziati ritengono tuttavia che 3.7 miliardi di anni fa questo guscio interno non fosse ancora formato. Come spiegare dunque la genesi di questo campo magnetico? Non lo sappiamo ancora, ma una cosa è certa, osserva Benjamin Weiss, ricercatore al Mit e co-autore dello studio: «Qualsiasi cosa generasse all’epoca il campo magnetico terrestre, era una fonte di energia diversa da quella di cui disponiamo oggi. Ciò suggerisce che i pianeti in tutta la galassia probabilmente hanno molti modi per alimentare un campo magnetico, il che è importante per la questione dell’abitabilità altrove nell’universo».
I risultati ottenuti dai ricercatori sono coerenti con studi precedenti che suggeriscono che la Terra avesse un campo magnetico attivo sin dall’Eoarcheano. È probabile inoltre che la paleointensità stimata nello studio sia inferiore rispetto valore “vero” dell’epoca. Pertanto, i ricercatori non escludono che l’antico campo magnetico terrestre fosse forte almeno quanto quello odierno. Indipendentemente dalla sua forza e stabilità, concludono i ricercatori, i nostri studi suggeriscono che la Terra ha sostenuto un campo magnetico intrinseco già a partire da 3,7 miliardi di anni.
Per saperne di più:
- Leggi su Journal of Geophysical Research l’articolo “Possible Eoarchean Records of the Geomagnetic Field Preserved in the Isua Supracrustal Belt, Southern West Greenland” di Claire I. O. Nichols, Benjamin P. Weiss, Athena Eyster, Craig R. Martin, Adam C. Maloof, Nigel M. Kelly, Mike J. Zawaski, Stephen J. Mojzsis, E. Bruce Watson e Daniele J. Cherniak