Nonostante tutto è l’azzeccato titolo dell’edizione italiana della biografia di Katalin Karikó, premio Nobel per la medicina 2023 per i suoi fondamentali studi sullo mRna che hanno permesso il rapido sviluppo dei vaccino contro il Covid-19. Niente nella carriera della Karikó è stato facile: costretta a lasciare l’Ungheria, dove il laboratorio nel quale lavorava non aveva più finanziamenti, ha dovuto iniziare una nuova vita negli Stati Uniti, dove non ha trovato né rose né fiori.
Arrivata con il marito e la figlia Susan di due anni che, senza saperlo, aveva trasportato il rotolo di banconote che rappresentavano tutte le riserve economiche della famiglia cucite nel suo orsacchiotto, si accorse subito che i servizi offerti per scuola e sanità erano radicalmente diversi da quelli che aveva a disposizione in Ungheria. In Pennsylvania tutto era a pagamento e il suo stipendio era modesto. La carriera non andava bene: rapporti difficili con colleghi e superiori che non capivano il suo caparbio interesse per le evanescenti molecole dello Rna messaggero, che produceva pochi risultati e non attirava finanziamenti, la rendevano l’ultima ruota del carro nei laboratori dove lavorava.
La svolta è venuta dall’incontro casuale con Drew Weissman che, davanti a una fotocopiatrice, le racconta che vuole sviluppare vaccini contro malattie infettive. Lei risponde che lo mRna potrebbe fare al caso suo, così iniziano a collaborare sulla strada che porterà entrambi al Nobel nonostante, a un certo punto, lei venga estromessa dal suo laboratorio all’Università di Pennsylvania perché altri, più produttivi, hanno bisogno dello spazio. Vedere la sua roba negli scatoloni fa scattare la molla e Katalin Karikó dice basta. Si guarda intorno e decide di tentare la strada delle industrie farmaceutiche, accettando l’offerta della tedesca BioNTech, dove vogliono puntare sullo mRna per vaccini antiinfluenzali. Inizia una vita tra Magonza e Philadelphia, dove continua a stare il marito, mentre la figlia, medaglia d’oro per il canottaggio alle olimpiadi di Pechino e Londra, vive in California. Un ménage complicato ma appagante che viene travolto dalla pandemia, che vede BioNTech in prima fila con Pfizer nello sviluppo del vaccino basato proprio sullo mRna. Sono mesi frenetici che Katalin passa in lockdown a Philadelphia da dove dirige il suo team.
La notizia del successo dei test clinici del vaccino arriva pochi giorni dopo il matrimonio di Susan. Katalin non è sorpresa: era sicura che il vaccino avrebbe funzionato. Quello che non immaginava era quanto la sua vita sarebbe cambiata. Nel 2023 è la tredicesima donna a ricevere il premio Nobel per la medicina, che divide con Weissman. I loro nomi sono gli ultimi della lista di 230 vincitori del Nobel per la medicina, dove le donne sono solo il 5 per cento. Se la percentuale appare bassa dobbiamo ricordare che la situazione della fisica è molto peggiore, con 5 premiate su un totale di 225 vincitori (in effetti sono 224 persone, perché John Bardeens ha vinto due volte). L’ultima delle premiate è Anne L’Huillier, che ha ricevuto il premio Nobel nel 2023 per avere contribuito allo sviluppo della fisica sui tempi scala degli attosecondi, un’unità di misura corrispondente ad un milionesimo di milionesimo di milionesimo di secondo. Un intervallo di tempo veramente minuscolo, che permette di vedere i convulsi spostamenti degli elettroni nel corso delle reazioni chimiche. Prima di lei erano state premiate Marie Curie (1903), Maria Goeppert-Mayer (1963), Donna Strickland (2018) e Andrea Ghez (2020). Un contingente veramente esiguo, poco più del 2 per cento del totale. La situazione è leggermente meglio per la chimica, che ha 8 premiate su 191 vincitori.
Un’anomalia che è stata più volte sollevata e che l’Accademia svedese fa fatica a gestire. Di sicuro la strada da fare è ancora lunghissima, come fa giustamente notare Elisabetta Strickland nel suo Le madri di idee, dove racconta le storie delle 25 signore che hanno ricevuto il Nobel nel campo della fisica, della chimica e della medicina. In totale i premi sono 26, ma Marie Curie vale doppio perché di Nobel ne ha presi due – uno per la fisica e uno per la chimica.
Avrebbe potuto sembrare un inizio radioso, dopo tutto il premio era stato istituito nel 1901. Ma gli archivi ci dicono che Marie venne premiata nonostante non fosse stata nominata dall’Accademia delle scienze francesi, che indicò i nomi di Pierre Curie e Henri Becquerel. Solo l’ostinazione di Pierre fece includere Marie. Del resto non si può certo dire che Marie Curie abbia avuto un buon rapporto con l’Accademia delle scienze francese. Dopo la morte di Pierre, presentò domanda per entrare a farne parte. Sarebbe stata la prima donna, ma la sua candidatura non ottenne abbastanza voti e Marie non venne eletta. Per trovare un nuovo premio Nobel al femminile bisogna aspettare il 1935, quando Irène Joliot Curie e suo marito vennero premiati per la chimica. Irène fu la seconda donna a ricevere il premio Nobel per la chimica dopo sua madre, che lo aveva avuto nel 1911. Lei e il marito furono anche la seconda coppia di scienziati, come i coniugi Curie. Dopo 12 anni Gerty Teresa Cory e suo marito riceveranno il Nobel per la medicina e dovranno passare altri 16 anni per il Nobel per la fisica a Maria Goppert-Mayer, che aveva collaborato al progetto Manhattan.
La situazione sta lentamente migliorando: tre dei cinque premi Nobel per la fisica al femminile sono stati conferiti negli ultimi sei anni. Speriamo, nonostante tutto.