INDIVIDUATE ANALIZZANDO DATI RACCOLTI TRA IL 1990 E IL 1994

Scoperte recenti colate di lava su Venere

Analizzando i dati della missione Magellan, sono state individuate su Venere colate di lava, suggerendo che l’attività vulcanica sul pianeta potrebbe essere maggiore e più diffusa di quanto si pensasse in precedenza. I risultati, ottenuti da un team tutto italiano guidato da Davide Sulcanese dell’Università di Pescara e pubblicati su Nature Astronomy, offrono sostegno all’ipotesi che Venere sia attualmente ancora attivo dal punto di vista vulcanico

     28/05/2024

Le colate di lava identificate sulla superficie di Venere. Crediti: Irsps – Università d’Annunzio/D. Sulcanese

Osservate per la prima volta tracce recenti di colate laviche su Venere, il pianeta gemello della Terra, che a causa di un’atmosfera molto densa è quasi impossibile da studiare. A scoprire i segni di queste eruzioni è stato uno studio tutto italiano, guidato da Davide Sulcanese dell’Università d’Annunzio di Pescara, il cui lavoro, pubblicato ieri su Nature Astronomy, dimostra come Venere sia ancora attivo e aiuterà a pianificare le future missioni spaziali, come Veritas e EnVision, a cui partecipa anche l’Agenzia spaziale italiana.

«Si avevano indizi su una possibile attività su Venere e ora ne abbiamo la certezza», ha detto all’Ansa Giuseppe Mitri della “d’Annunzio”, che ha realizzato lo studio con Sulcanese e Marco Mastrogiuseppe, dell’Università Sapienza di Roma. Venere è una sorta gemello infernale della Terra poiché, nonostante abbia massa e dimensioni quasi identiche al nostro pianeta, ha un’atmosfera talmente densa da avere in superficie temperature di oltre 400 gradi e pressioni che arrivano a 90 atmosfere. Proprio la sua densa atmosfera rende molto difficile studiare la superficie di Venere, gli strumenti difficilmente resistono a tali condizioni e gran parte delle analisi sono possibili solo usando i radar, come nel caso della missione Magellan della Nasa, che tra il 1990 e il 1994 ha mappato il pianeta con un radar.

«Grazie al rinnovato interesse, in vista di future missioni, e ai grandi miglioramenti tecnologici di elaborazione dei dati», ha detto Sulcanese, «abbiamo potuto mettere a confronto le immagini ottenute tra i due periodi scoprendo la presenza in due regioni alcune colate laviche avvenute in quell’intervallo di tempo». Si tratta della prova più limpida di attività del pianeta, che si aggiunge alla scoperta fatta circa un anno fa di deformazioni in un cratere, segno di una probabile eruzione.

«Studiando Venere», ha aggiunto Mitri, «possiamo comprendere anche molto del nostro pianeta, perché ci aiuta ad esempio a capire come mai nonostante siano così simili e si siano formati nello stesso ambiente hanno poi avuto un’evoluzione così diversa». Studi che aiuteranno anche allo sviluppo dei nuovi strumenti che saranno a bordo di Veritas della Nasa e EnVision dell’Agenzia spaziale europea e che avranno entrambi importanti contributi italiani.

Per saperne di più:

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