LO STUDIO È IN USCITA SU GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS

Metti uno “Squalo” nel telescopio

Ottenuta dal grande telescopio binoculare Lbt con lo strumento Shark-Vis, costruito dall'Istituto nazionale di astrofisica, una nuova immagine della luna di Giove Io. Mostra l’incredibile potenziale dello strumento, fornendo un livello di dettaglio mai raggiunto prima con telescopi da terra

     30/05/2024

La luna gioviana Io, ripresa da Shark-Vis@Lbt il 10 gennaio 2024. I canali rosso, verde e blu di questa immagine in tricromia mostrano rispettivamente le bande spettrali I (infrarosso), R (rosso) e V (verde) (corrispondenti a lunghezze d’onda a 755, 620 e 550 nanometri). Si tratta dell’immagine di Io a più alta risoluzione mai ottenuta da un telescopio terrestre. Crediti: Inaf/Large Binocular Telescope Observatory/Georgia State University; osservazioni in banda IRV di Shark-Vis@LBT (P.I. F. Pedichini); elaborazione di D. Hope, S. Jefferies, G. Li Causi.

Acquisita la più dettagliata immagine mai ottenuta da un telescopio da Terra di Io, la luna vulcanica di Giove, grazie al nuovo strumento Shark-Vis, costruito dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e installato sullo specchio destro del Large Binocular Telescope (Lbt) sul Monte Graham in Arizona. L’immagine e le prime analisi scientifiche a essa legate saranno pubblicate nei prossimi giorni in un articolo sulla rivista Geophysical Research Letters.

L’immagine mostrata è una delle prime osservazioni condotte con Shark-Vis a gennaio 2024 e mostra l’incredibile potenziale dello strumento, fornendo un livello di dettaglio mai raggiunto prima con telescopi da Terra. L’eccezionale risoluzione ottenuta, al limite delle capacità teoriche del telescopio, permette di distinguere caratteristiche sulla superficie di Io, separate da soli 80 km. Ciò equivale a individuare una moneta da dieci centesimi a 200 km di distanza, una risoluzione spaziale fino a ora raggiunta esclusivamente da riprese di sonde spaziali inviate su Giove.

Nel 2023 il grande telescopio binoculare Lbt, dotato di due specchi principali affiancati da 8,2 metri di diametro ciascuno, è stato equipaggiato con un nuovo strumento ottimizzato per sfruttare a pieno il sistema di ottica adattiva, in grado di acquisire immagini ad alto contrasto nella luce visibile e corrette per le deformazioni causate dalla turbolenza atmosferica. Lo strumento, chiamato Shark-Vis, è gestito da un team guidato dal suo principal investigator, Fernando Pedichini, in forza all’Inaf di Roma. Ad affiancare Shark-Vis c’è lo strumento omologo Shark-Nir, guidato da un team di Inaf-Padova, operativo nella banda del vicino infrarosso e installato sullo specchio sinistro del Large Binocular Telescope.

Costruito presso il Laboratorio di ottica “Dario Lorenzetti” dal gruppo Adoni dell’Inaf di Roma, Shark-Vis (‘squalo’ in lingua inglese e acronimo di System for coronagraphy with High order Adaptive optics from R to K band – Visible) è uno strumento compatto ed estremamente versatile. Installato lo scorso giugno su Lbt a valle del sistema di ottica adattiva Soul, questo strumento ospita una telecamera sCmos veloce e a bassissimo rumore. Con questa configurazione è possibile osservare il cielo in modalità di “imaging veloce”, catturando riprese in slow motion e congelando le distorsioni ottiche causate dalla turbolenza atmosferica. I dati così ottenuti hanno una risoluzione senza precedenti.

«Elaboriamo i nostri dati al computer per rimuovere ogni traccia dell’impronta elettronica del sensore, quindi selezioniamo i migliori fotogrammi e infine li combiniamo utilizzando un pacchetto software altamente efficiente chiamato Kraken, sviluppato dai nostri colleghi Douglas Hope e Stuart Jefferies della Georgia State University, che ci consente di rimuovere gli effetti atmosferici, rivelando Io con una nitidezza incredibile», spiega Gianluca Li Causi, responsabile dell’elaborazione dati per Shark-Vis e ricercatore dell’Inaf di Roma.

L’immagine presentata fa parte di un programma scientifico focalizzato sull’eccezionale vulcanismo di Io, guidato da Al Conrad, primo autore dell’articolo che include scienziati della Nasa (Ashley Davies), dell’Università della California – Berkeley (Imke de Pater) e del California Institute of Technology (Katherine de Kleer). Come spiega Al Conrad, «Io è il corpo più attivo del nostro Sistema solare dal punto di vista vulcanico, e monitorando le eruzioni sulla sua superficie otteniamo informazioni sui processi di trasporto del calore sottostanti, sulla struttura interna del satellite e, in ultima analisi, sul meccanismo di riscaldamento mareale responsabile dell’intenso vulcanismo».

«Le immagini dei telescopi nell’infrarosso», ricorda Simone Antoniucci, instrument scientist di Shark-Vis, «possono rilevare le zone più calde dove sono presenti eruzioni vulcaniche, ma non sono abbastanza nitide da mostrare i dettagli superficiali, come l’intensità e il colore dei depositi di lava, dai quali è possibile ricavare informazioni sulla composizione dei minerali presenti. Quindi, immagini più nitide nella banda del visibile, come quelle fornite da Shark-Vis e Lbt, sono essenziali per identificare i cambiamenti superficiali non rilevabili nell’infrarosso».

La ricchezza di dettagli di questa immagine ha permesso di identificare un importante evento di ripavimentazione che ha interessato il deposito di un pennacchio attorno al vulcano Pele. I cambiamenti osservati sono stati interpretati come depositi di lava scura e di biossido di zolfo bianco, originati da un’eruzione del vulcano Pillan coprendo parzialmente il deposito di pennacchio rosso ricco di zolfo di Pele. Un evento simile si è verificato nel 1997, osservato dalla sonda spaziale Galileo. Tali eventi di ripavimentazione, prima di Shark-Vis, erano impossibili da osservare da Terra.

Il project manager del nuovo strumento, Roberto Piazzesi, ricercatore all’Inaf di Roma, anticipa nuove osservazioni che tale strumento condurrà sugli oggetti del Sistema solare: «La vista penetrante di Shark-Vis è particolarmente adatta all’osservazione delle superfici di molti corpi del Sistema solare, non solo delle lune dei pianeti giganti ma anche degli asteroidi: ne abbiamo già osservati alcuni, con i dati attualmente in fase di analisi, e stiamo pianificando di osservarne altri».

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