JWST HA STUDIATO LA COMPOSIZIONE CHIMICA DI 59 OGGETTI TRANSNETTUNANI

Ghiacci di CO2 e CO al confine del Sistema solare

Per la prima volta sono stati osservati ghiacci di anidride carbonica e monossido di carbonio su oggetti transnettuniani nelle zone più lontane del Sistema solare. La scoperta è stata possibile grazie alle capacità spettrali nell'infrarosso del James Webb Space Telescope, che ha analizzato la composizione chimica di 59 oggetti transnettuniani e centauri. Tutti i dettagli su Nature Astronomy

     03/06/2024

Impressione artistica di un oggetto della fascia di Kuiper, situato al bordo esterno del Sistema solare a una distanza di oltre 6 miliardi di chilometri dal Sole. Crediti: Nasa, Esa e G. Bacon (STScI)

Per la prima volta sono stati osservati ghiacci di anidride carbonica e monossido di carbonio su oggetti transnettuniani (Tno) nelle zone più lontane del Sistema solare. Un team di ricercatori, guidato da Mário Nascimento De Prá e Noemí Pinilla-Alonso del Florida Space Institute è riuscito a fare questa scoperta utilizzando le capacità spettrali nell’infrarosso del James Webb Space Telescope (Jwst) per analizzare la composizione chimica di 59 oggetti transnettuniani e centauri.

Lo studio pionieristico, pubblicato la scorsa settimana su Nature Astronomy, suggerisce che il ghiaccio di anidride carbonica fosse abbondante nelle fredde regioni esterne del disco protoplanetario, l’esteso disco di gas e polvere da cui si è formato il Sistema solare. Sono necessarie ulteriori indagini per comprendere le origini del ghiaccio di monossido di carbonio, presente anche sugli oggetti transnettuniani oggetto dello studio.

Il ghiaccio di monossido di carbonio era già stato osservato su Plutone dalla sonda New Horizons, ma solo con Jwst è stato possibile individuare e rilevare tracce di ghiaccio di monossido di carbonio e di anidride carbonica sulla più grande popolazione di Tno. Il lavoro presentato fa parte del programma Discovering the Surface Compositions of Trans-Neptunian Objects (Disco-Tnos) guidato dalla University of Central Florida (Ucf), uno dei programmi di Jwst incentrati sullo studio del Sistema solare.

Nel campione di 59 Tno osservati con Jwst, i ricercatori hanno rilevato anidride carbonica in 56 Tno e monossido di carbonio in 28 (più sei con rilevamenti dubbi o marginali). L’anidride carbonica è risultata essere molto diffusa sulle superfici della popolazione transnettuniana, indipendentemente dalla classe dinamica e dalle dimensioni del corpo, mentre il monossido di carbonio è stato rilevato solo negli oggetti con un’elevata abbondanza di anidride carbonica. «È la prima volta che osserviamo questa regione dello spettro per un vasto numero di Tno, quindi in un certo senso tutto ciò che abbiamo visto è eccitante e unico», afferma de Prá, primo autore dello studio. «Non ci aspettavamo di scoprire che l’anidride carbonica fosse così onnipresente nella regione dei Tno e ancor meno che il monossido di carbonio fosse presente in così tanti Tno».

«Gli oggetti transnettuniani sono reliquie del processo di formazione planetaria», spiega de Prá. «Queste scoperte possono porre importanti vincoli su dove si sono formati tali oggetti, come hanno raggiunto la regione in cui si trovano oggi e come si sono evolute le loro superfici dopo la loro formazione. Poiché si sono formati a distanze maggiori dal Sole e sono più piccoli dei pianeti, contengono informazioni incontaminate sulla composizione originale del disco protoplanetario».

La scoperta di anidride carbonica e monossido di carbonio sui Tno solleva anche molte domande. «Mentre l’anidride carbonica è stata probabilmente accresciuta dal disco protoplanetario, l’origine del monossido di carbonio è più incerta», osserva de Prá. «Quest’ultimo è un ghiaccio volatile anche nelle superfici fredde dei Tno. Non possiamo escludere che il monossido di carbonio sia stato accresciuto primordialmente e in qualche modo sia stato trattenuto fino a oggi. Tuttavia, i dati suggeriscono che potrebbe essere prodotto dall’irradiazione di ghiacci contenenti carbonio».

Spettro della superficie di un oggetto transnettuniano ricco di ghiacci volatili di carbonio, ottenuto con Jwst nell’ambito del programma Disco Large. Gli assorbimenti di anidride carbonica (CO2), del suo isotopologo (13CO2) e del monossido di carbonio sono evidenziati in giallo. La luce del Sole (vicino al centro dell’immagine) è attenuata a miliardi di chilometri di distanza, dove risiedono gli oggetti transnettuniani. Crediti: William Gonzalez Sierra, Istituto spaziale della Florida

«La scoperta dell’anidride carbonica sugli oggetti transnettuniani è stata entusiasmante, ma ancora più affascinanti sono state le sue caratteristiche», dice Pinilla-Alonso. «L’impronta spettrale dell’anidride carbonica ha rivelato due distinte composizioni superficiali all’interno del nostro campione. In alcuni Tno, l’anidride carbonica è mescolata ad altri materiali come metanolo, ghiaccio d’acqua e silicati. Tuttavia, in un altro gruppo – dove l’anidride carbonica e il monossido di carbonio sono i principali componenti della superficie –  la firma spettrale è sorprendentemente unica. Questa forte impronta di anidride carbonica è diversa da qualsiasi altra osservata su altri corpi celesti del Sistema solare o replicata in laboratorio».

Sembra ormai chiaro che quando l’anidride carbonica è abbondante, appare isolata da altri materiali, ma questo da solo non spiega la forma delle bande. La comprensione di queste bande di anidride carbonica è un altro mistero, probabilmente legato alle loro proprietà ottiche uniche e al modo in cui riflettono o assorbono specifici colori di luce.

«Nelle comete osserviamo l’anidride carbonica come gas, rilasciato dalla sublimazione dei ghiacci sulla superficie o appena sotto di essa», spiega Pinilla-Alonso. «Tuttavia, poiché l’anidride carbonica non era mai stata osservata sulla superficie dei Tno, la convinzione comune era che fosse intrappolata sotto la superficie. Le nostre ultime scoperte hanno sconvolto questa nozione. Ora sappiamo che l’anidride carbonica non solo è presente sulla superficie dei Tno, ma è anche più comune del ghiaccio d’acqua, che in precedenza pensavamo fosse il materiale superficiale più abbondante. Questa rivelazione cambia radicalmente la nostra comprensione della composizione dei Tno e suggerisce che i processi che interessano le loro superfici sono più complessi di quanto si pensasse».

Elsa Hénault, una delle coautrici dello studio, ricercatrice all’Institut d’Astrophysique Spatiale di Parigi, ha analizzato e confrontato le bande di assorbimento dell’anidride carbonica e del monossido di carbonio in tutti gli oggetti. Nonostante vi siano ampie prove della presenza di ghiaccio, spiega, vi è una grande diversità in termini di abbondanza e distribuzione. «Sebbene abbiamo riscontrato che la CO2 è onnipresente nei Tno, non è assolutamente distribuita in modo uniforme», nota Hénault. «Alcuni oggetti sono poveri di anidride carbonica, mentre altri sono molto ricchi di anidride carbonica e presentano monossido di carbonio. Alcuni oggetti mostrano anidride carbonica pura, mentre altri la presentano mescolata ad altri composti. Collegando le caratteristiche dell’anidride carbonica ai parametri orbitali e fisici, abbiamo concluso che le variazioni di anidride carbonica sono probabilmente rappresentative delle diverse regioni di formazione degli oggetti e della loro prima evoluzione».

Dalle analisi effettuate, è molto probabile che l’anidride carbonica fosse presente nel disco protoplanetario, tuttavia è improbabile che il monossido di carbonio sia primordiale, osserva Hénault. «Il monossido di carbonio potrebbe formarsi in modo efficiente grazie al costante bombardamento di ioni proveniente dal Sole o da altre fonti», afferma l’autrice. «Stiamo attualmente esplorando questa ipotesi, confrontando le osservazioni con esperimenti di irradiazione ionica in grado di riprodurre le condizioni di congelamento e ionizzazione delle superfici Tno».

La ricerca ha portato alcune risposte definitive a domande di vecchia data che risalgono alla scoperta dei Tno quasi 30 anni fa, ma i ricercatori hanno ancora molta strada da fare, dice Hénault. «Ora si pongono altri interrogativi», afferma l’autrice. «In particolare, l’origine e l’evoluzione del monossido di carbonio. Le osservazioni sull’intera gamma spettrale sono così ricche che sicuramente terranno impegnati gli scienziati per gli anni a venire».

Sebbene le osservazioni del programma Disco stiano per concludersi, l’analisi e la discussione dei risultati è appena iniziata. Secondo de Prá, le conoscenze fondamentali acquisite dallo studio si riveleranno un’importante integrazione per le future ricerche di scienza planetaria e astronomia. «Abbiamo solo scalfito la superficie di come sono fatti questi oggetti e come si sono formati», conclude l’autore. «Ora dobbiamo capire la relazione tra questi ghiacci e gli altri composti presenti sulle loro superfici e comprendere l’interazione tra il loro scenario di formazione, l’evoluzione dinamica, la ritenzione volatile e i meccanismi di irraggiamento nel corso della storia del Sistema solare».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Widespread CO2 and CO ices in the trans-Neptunian population revealed by JWST/DiSCo-TNOs” di Mário N. De Prá, Elsa Hénault, Noemí Pinilla-Alonso, Bryan J. Holler, Rosario Brunetto, John A. Stansberry, Ana Carolina de Souza Feliciano, Jorge M. Carvano, Brittany Harvison, Javier Licandro, Thomas G. Müller, Nuno Peixinho, Vania Lorenzi, Aurélie Guilbert-Lepoutre, Michele T. Bannister, Yvonne J. Pendleton, Dale P. Cruikshank, Charles A. Schambeau, Lucas McClure & Joshua P. Emery