STUDIO PUBBLICATO SU NATURE GEOSCIENCE

Brina d’acqua sulle cime dei vulcani marziani

Un sottile strato di brina d’acqua riveste le cime dei vulcani marziani la mattina presto, secondo un nuovo studio basato sulle osservazioni delle due sonde europee in orbita attorno a Marte, Trace gas orbiter e Mars Express. Passerebbe quotidianamente dall’atmosfera a depositarsi sulla cima di queste vette, in un microciclo climatico locale. Con le spiegazioni di Giovanni Munaretto dell'Inaf, coautore dello studio

     11/06/2024

Brina sul pavimento della caldera del vulcano Ceraunius Tholus (cliccare per ingrandire) nelle immagini dello strumento Cassis (a-c) della sonda ExoMars Tgo. La brina non si osserva nel pomeriggio (d). Crediti: Adomas Valantinas

Avete presente le mattine d’inverno, quando il Sole, ancora basso, non riesce a scaldare il terreno e sull’erba si forma quel sottile strato di ghiaccio che chiamiamo brina? Ecco, secondo uno studio appena pubblicato su Nature Geoscience, anche su Marte succede lo stesso: nelle mattine fredde, la cima dei vulcani della regione equatoriale Tharsis si copre di brina d’acqua. Pensando al clima e ai rilievi terrestri, e già sapendo che il ghiaccio d’acqua, su Marte, è stato rilevato più e più volte, questa informazione sembrerebbe poco degna di nota, eppure è qualcosa di davvero inaspettato. Perché all’equatore di Marte, dove si trovano questi vulcani – i più alti di tutto il Sistema solare – l’atmosfera è molto sottile e l’irraggiamento solare mantiene le temperature molto alte durante il giorno, sia in pianura sia sulle cime.

La regione di Tharsis è un altopiano situato a latitudini tropicali e ospita alcuni dei vulcani più grandi e alti del Sistema solare, tra cui l’Olympus Mons, alto 21 chilometri. Le sonde in orbita attorno al pianeta hanno osservato nubi di ghiaccio d’acqua e misurato elevati livelli locali di vapore acqueo nell’atmosfera sopra i vulcani dell’altopiano, a indicazione del fatto che potrebbe esserci un ciclo dell’acqua attivo in questa regione. Tuttavia, come dicevamo, le condizioni atmosferiche ai tropici non sarebbero favorevoli alla formazione di brina d’acqua e, finora, non erano mai stati osservati simili fenomeni di condensazione.

«Non ci aspettavamo la presenza di ghiaccio d’acqua sulla caldera dei vulcani marziani, poiché la brina si osserva solitamente sulla superficie ad altitudini molto basse», dice a Media Inaf  Giovanni Munaretto, ricercatore postdoc all’Inaf di Padova e coautore dello studio. «Invece con lo strumento Cassis abbiamo notato che al mattino apparivano dei depositi blu, riconducibili a ghiaccio d’acqua, assenti nelle immagini precedenti di dette caldere (ottenute solitamente durante il pomeriggio locale). Ciò è del tutto inaspettato, poiché a tali altitudini l’atmosfera è talmente rarefatta che difficilmente potrebbe depositare brina. Inoltre, trovare del ghiaccio d’acqua sulla superficie di Marte alle latitudini di questi vulcani era fino a ora impensabile, contrariamente a quanto accade nelle regioni polari. Tali vulcani si trovano tuttavia nelle regioni equatoriali di Marte, dove il ghiaccio d’acqua è altamente instabile».

Secondo quanto osservato dalle due sonde europee in orbita attorno al Pianeta rosso, Trace gas orbiter (Tgo) e Mars Express, la brina sarebbe presente solo per poche ore dopo l’alba prima di evaporare alla luce del Sole. E sarebbe anche incredibilmente sottile: appena un centesimo di millimetro – la larghezza di un capello. Tuttavia, è piuttosto vasta: i ricercatori hanno calcolato che equivalga ad almeno 150mila tonnellate di acqua che passano dalla superficie all’atmosfera ogni giorno durante le stagioni fredde. È l’equivalente di circa 60 piscine olimpioniche.

Giovanni Munaretto, 29 anni, ricercatore postdoc all’Inaf di Padova e coautore dell’articolo pubblicato su Nature Geoscience. Crediti: Inaf

La brina copre, di fatto, l’intera superficie delle caldere dei vulcani, ed è dovuta alla particolare circolazione dell’aria sopra le cime, che crea un microclima unico che permette la formazione di sottili chiazze di brina. Modellare il processo attraverso il quale si formano le gelate potrebbe consentire agli scienziati di svelare altri segreti di Marte, tra cui capire dove si trova l’acqua e come si muove, nonché comprendere le dinamiche atmosferiche del pianeta, essenziali per le future esplorazioni e la ricerca di possibili segni di vita.

«La scoperta di questi depositi di ghiaccio transienti (ovvero che si formano al mattino ed evaporano nel pomeriggio locale) nelle caldere e il modelling associato ci dice che in tali zone esista un microclima apposito, un ciclo dell’acqua locale che permette alla stessa di condensare sulla superficie al mattino ed evaporare il pomeriggio», continua Munaretto. «Tali volumi di acqua, essendo l’atmosfera molto rarefatta, sarebbero trasportati dagli slope winds, dei venti che dalla base del vulcano risalirebbero fino alla caldera. Tutto ciò implica la presenza di un meccanismo di circolazione atmosferica ancora del tutto da scoprire e da studiare in dettaglio».

Le immagini ad alta risoluzione che vedete provengono da Cassis, il Colour and Stereo Surface Imaging System a bordo di Tgo. I risultati sono stati poi convalidati utilizzando le osservazioni indipendenti della High Resolution Stereo Camera a bordo di Mars Express e dello spettrometro Nadir and Occultation for Mars Discovery a bordo di Tgo. Per trovare la brina, e in seguito confermarla, gli autori hanno analizzato oltre 30mila immagini della regione.

«La cosa molto interessante di questo studio è senz’altro la sua interdisciplinarità, poiché combina l’analisi di dati di diversi strumenti a modelli della circolazione atmosferica di Marte per capire meglio come funziona il suo ciclo dell’acqua e la sua atmosfera», conclude Munaretto. «In particolare, questo studio mostra come i dati forniti dalla missione ExoMars Tgo e dai suoi strumenti siano fondamentali per avanzare la nostra conoscenza del Pianeta rosso».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Geoscience l’articolo “Evidence for transient morning water frost deposits on the Tharsis volcanoes of Mars“, di A. Valantinas, N. Thomas, A. Pommerol, O. Karatekin, L. Ruiz Lozano, C. B. Senel, O. Temel, E. Hauber, D. Tirsch, V. T. Bickel, G. Munaretto, M. Pajola, F. Oliva, F. Schmidt, I. Thomas, A. S. McEwen, M. Almeida, M. Read, V. G. Rangarajan, M. R. El-Maarry, C. Re, F. G. Carrozzo, E. D’Aversa, F. Daerden, B. Ristic, M. R. Patel, G. Bellucci, J. J. Lopez-Moreno, A. C. Vandaele e G. Cremonese

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