IL PROGETTO “SPACE OMICS AND MEDICAL ATLAS” PRESENTATO SU NATURE

Tre giorni nello spazio cambiano corpo e mente

Una raccolta di ben 44 studi, condotti da una collaborazione di oltre cento istituzioni e pubblicata la scorsa settimana su varie riviste del gruppo Nature, riporta i cambiamenti fisiologici e psicologici dell'equipaggio di Inspiration4, la prima missione con a bordo solo civili, mostrando come, dopo solo tre giorni nello spazio, i parametri vitali e le capacità di memoria e movimento siano stati alterati

     18/06/2024

Per la prima volta, la missione SpaceX ha lanciato quattro civili: Chris Sembroski, Sian Proctor, Jared Isaacman e Hayley Arceneaux. Crediti: SpaceX/Inspiration4

Con l’aumento dell’interesse verso i voli spaziali commerciali e le future missioni che mirano a portare l’uomo nuovamente sulla Luna e per la prima volta su Marte, emergono nuove sfide riguardanti gli effetti delle missioni spaziali sul corpo umano. In un momento in cui lo spazio sta diventando più accessibile ai civili, una collaborazione formata da ricercatori di oltre cento istituzioni ha condotto una serie di studi approfonditi – gli articoli del pacchetto Soma (Space Omics and Medical Atlas), pubblicati la settimana scorsa su varie riviste del gruppo Nature – sui cambiamenti fisici e psicologici dell’equipaggio di Inspiration4 (I4), la prima missione interamente civile operata da SpaceX.

In particolare, è stato monitorato l’equipaggio – composto da due donne e due uomini, uno dei quali, ventinovenne, è il più giovane astronauta americano – nel corso della missione di tre giorni lanciata a bordo di una capsula Dragon dal Kennedy Space Center nel settembre 2021, ponendo le basi per un database biomedico che potrebbe rivelarsi fondamentale per studiare e affrontare i rischi per la salute durante i voli spaziali.

Durante la missione, l’equipaggio ha viaggiato a una quota di 575 chilometri sopra la Terra – dunque in orbita terrestre bassa (Leo), ma comunque oltre l’orbita della Stazione spaziale internazionale – e ha affrontato rischi simili a quelli degli astronauti professionisti, come quelli dovuti all’esposizione alle radiazioni galattiche, ai campi gravitazionali alterati, all’isolamento e al confinamento. L’equipaggio di Inspiration4, durante la permanenza in orbita, ha anche effettuato un’ampia serie di esperimenti scientifici, che sono stati ora elaborati, sequenziati e analizzati, andando così a contribuire alla raccolta di 44 articoli.

La cupola della capsula Dragon usata per la missione Inspiration 4. Crediti: SpaceX

Inspiration4 ha rappresentato un’opportunità senza precedenti per la scienza: prima della missione, la maggior parte dei dati sull’impatto dei viaggi spaziali sulla salute erano stati raccolti da agenzie spaziali governative da astronauti accuratamente selezionati e altamente addestrati. Non era chiaro, dunque, se i dati raccolti sarebbero stati applicabili anche ai voli con civili. Inoltre, la missione I4 si distingue dalle missioni degli astronauti della Iss – che in genere restano 120, 180 o 365 giorni – anche per la durata molto più contenuta. «Il monitoraggio della salute durante il volo spaziale è stato tradizionalmente riservato a pochi professionisti altamente selezionati e formati. Ciò rappresenta dunque un importante primo passo», sottolinea a questo proposito Mathias Basner, professore di psichiatria e coautore della ricerca sui cambiamenti molecolari e fisiologici condotta alla Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, «per determinare la sicurezza dei voli spaziali per i civili, in un momento in cui la possibilità di viaggiare nello spazio si sta aprendo a un numero sempre maggiore di persone».

Utilizzando dispositivi come Apple Watch e iPad per monitorare attività motoria, sonno e reazioni cardiovascolari, e somministrando – prima, durante e dopo il volo – una serie di test cognitivi (dieci brevi prove ideate dalla Penn Medicine per la Nasa), i ricercatori hanno monitorato i cambiamenti nella fisiologia e nel funzionamento neurocomportamentale dell’equipaggio di Inspiration4 in risposta all’ambiente del volo spaziale includendo vari parametri, tra cui la variabilità della frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno nel sangue, le prestazioni cognitive, la valutazione dello stress e degli stati comportamentali. Inoltre, i membri dell’equipaggio I4 sono stati sottoposti a brevi e ripetuti sondaggi per valutare cambiamenti sulla vigilanza e sull’umore.

Jared Isaacman, a sinistra, e Hayley Arceneaux, due dei quattro membri dell’equipaggio Inspiration4, durante la missione nel 2021. Crediti: SpaceX

Durante il volo, l’equipaggio ha mostrato deficit di prestazioni su tre test cognitivi principalmente riguardanti l’attenzione, la ricerca visiva, l’assunzione di rischi, la memoria di lavoro e la velocità sensomotoria. A livello fisiologico, i cambiamenti cardiovascolari sono stati modesti e simili a quelli previsti, con una diminuzione della frequenza cardiaca tipica dell’ambiente di microgravità. L’umore e la vigilanza dell’equipaggio sono rimasti stabili durante il volo e non sono stati segnalati conflitti tra i membri dell’equipaggio.

La gamma di risposte fisiologiche indotte dalla breve permanenza nello spazio – ad esempio, il disallineamento oculare e le alterazioni del funzionamento neurocognitivo, alcune delle quali analoghe a quelle dei voli spaziali più lunghi – è stata ampia, ma quasi tutti i cambiamenti osservati sono tornati ai livelli precedenti al volo dopo il ritorno sulla Terra, coerentemente con i risultati di altri progetti di ricerca di Inspiration4.

I risultati dello studio rappresentano un punto di partenza fondamentale per capire meglio come il corpo e la mente umana reagiscono ai viaggi spaziali, anche di breve durata, aprendo la strada a future missioni sempre più inclusive e sicure per tutti. «Con l’espansione della capacità degli esseri umani di raggiungere lo spazio, ci auguriamo che la nostra ricerca sia un punto di riferimento per valutare l’impatto sul loro benessere mentale, emotivo e fisico», conclude Christopher W. Jones, professore di psichiatria alla Penn University e primo autore dello studio sui cambiamenti molecolari e fisiologici pubblicato su Nature.

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