LO STUDIO È PUBBLICATO SU NATURE GEOSCIENCE

Origine della vita? La risposta di Marte

Per indagare i processi chimici che potrebbero aver originato le prime molecole organiche sulla Terra, si può osservare Marte. Dall’analisi di alcuni campioni del rover Curiosity sono infatti emerse evidenze in favore di un processo, chiamato fotolisi, che sarebbe avvenuto nell’atmosfera del Pianeta rosso e avrebbe preparato il terreno alla formazione di queste molecole

     05/07/2024

Mappa interattiva della posizione del rover Curiosity della Nasa nel cratere Gale. La traccia del percorso che il rover ha effettuato sin dal suo atterraggio, nell’agosto 2012, è segnata in bianco. Crediti: Nasa

Non ci saranno gli omini verdi, su Marte, ma alcune molecole organiche certamente sì. Tracce di vita? Allo stato attuale delle conoscenze, non si può dire. Ma dalla loro analisi si è riusciti a comprendere il processo chimico che le ha generate nell’atmosfera del pianeta. Si chiama fotolisi e lo studio che ne parla è stato pubblicato su Nature Geoscience. Vediamo di che si tratta.

Già da alcuni anni, il rover Curiosity della Nasa – che su Marte gironzola da ormai 12 anni nel cratere Gale, di origine meteoritica – ha scoperto e confermato la presenza di materiale organico. Le analisi sono state effettuate con lo strumento Sample Analysis at Mars (Sam) a bordo del rover, e le proprietà di questi materiali a base di carbonio, in particolare il rapporto degli isotopi del carbonio, non lasciano alcun dubbio: si tratta di materia organica di origine sedimentaria conservata in sedimenti stratificati d’acqua e risalenti a circa 3,5 miliardi di anni fa.

Materiali organici con tali proprietà, se trovati sulla Terra, sarebbero in genere segno di microrganismi, ma possono anche essere il risultato di processi chimici non biologici. Come, appunto, la fotolisi. Il nome si riferisce semplicemente al processo per cui la luce del Sole, con le sue frequenze più energetiche ultraviolette (Uv), fornisce alle molecole l’energia necessaria per effettuare una trasformazione chimica. Secondo lo studio, in particolare, nell’atmosfera marziana il 20% delle molecole di CO2 sarebbe stato scisso in ossigeno e monossido di carbonio. Ma il carbonio ha due isotopi stabili: carbonio-12 e carbonio-13. Normalmente sono presenti in un rapporto di un carbonio-13 per ogni 99 carbonio-12. Tuttavia, la fotolisi funziona più velocemente per il carbonio-12 (più leggero), tanto che nel corso del tempo il monossido di carbonio prodotto risulta impoverito di carbonio-13, che finisce per accumularsi nella CO2 rimanente. Tutto questo determina il cosiddetto “arricchimento isotopico” nella CO2 e l’impoverimento nel monossido di carbonio, in un gioco di bilanci la cui somma, alla fine, deve sempre tornare.

Teoria della fotolisi alla mano, dunque, gli autori dell’articolo sapevano come cercare tracce di questo processo chimico nei campioni di Curiosity: occorreva analizzare precisamente il rapporto del carbonio nei sedimenti organici.

«Le molecole complesse a base di carbonio sono il prerequisito della vita, i mattoni della vita si potrebbe dire», dice Matthew Johnson, professore di chimica all’università di Copenhagen e coautore dello studio. «È un po’ come il vecchio dibattito su chi sia nato prima, l’uovo o la gallina. Abbiamo dimostrato che il materiale organico trovato su Marte si è formato attraverso reazioni fotochimiche atmosferiche – senza vita, cioè. Questo è l’uovo, ovvero il prerequisito della vita. Resta ancora da dimostrare se questo materiale organico abbia portato o meno alla vita sul Pianeta rosso».

Per capire che è stata proprio quella l’origine del materiale organico, il nuovo studio ha confrontato la composizione isotopica di un meteorite marziano giunto sulla Terra, con quella dei sedimenti organici trovati da Curiosity. Il primo, chiamato Allan Hills 84001 per il luogo in Antartide in cui è stato trovato, contiene minerali di carbonato che si formano dalla CO2 presente nell’atmosfera, ed è arricchito in carbonio-13. Il secondo, ovvero il materiale organico in situ, è risultato invece impoverito dello stesso isotopo. Come da previsioni teoriche, il Sole avrebbe scomposto la CO2 nell’atmosfera marziana miliardi di anni fa, e il monossido di carbonio risultante avrebbe gradualmente reagito con altre sostanze chimiche nell’atmosfera sintetizzando molecole complesse e fornendo a Marte materiali organici.

«Inoltre», continua Johnson, «poiché la Terra, Marte e Venere avevano atmosfere ricche di CO2 molto simili molto tempo fa, quando questa fotolisi ha avuto luogo, questa scoperta può anche rivelarsi importante per la nostra comprensione di come sia cominciata la vita sulla Terra».

Non ci sarebbero altre teorie ugualmente valide per spiegare sia l’impoverimento di carbonio-13 nel materiale organico che l’arricchimento nel meteorite marziano. Viene da pensare, a questo punto, che se si riuscisse a fare lo stesso ragionamento per il nostro pianeta, si avrebbe finalmente una risposta alla più antica domanda sull’origine della vita. È possibile, dunque, trovare prove simili qui, sul nostro pianeta?

Secondo i ricercatori, trovare le stesse prove isotopiche sulla Terra non sarebbe altrettanto lineare perché lo sviluppo geologico del nostro pianeta e della vita su di esso hanno cambiato la superficie in modo significativo rispetto a Marte.

«È ragionevole supporre che la fotolisi della CO2 sia stata anche un prerequisito per l’emergere della vita qui sulla Terra, in tutta la sua complessità», conclude Johnson. «Ma non abbiamo ancora potuto dimostrare che lo stesso processo ha avuto luogo sulla Terra. Forse perché la superficie terrestre è molto più viva, geologicamente e letteralmente, e quindi in continuo cambiamento. Ma averlo trovato su Marte è già un grande passo avanti, in un’epoca in cui i due pianeti erano molto simili».

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