La straordinaria immagine che vedete qui a fianco mostra uno degli oggetti più luminosi dell’universo lontano: la galassia PJ0116-24, una cosiddetta galassia infrarossa iperluminosa (HyLirg). Oggetti incredibilmente luminosi grazie all’intensa e vigorosa formazione stellare al loro interno, queste galassie emettono fino al 90 per cento della loro luce complessiva nella regione dell’infrarosso dello spettro. Ma cosa innesca questo fenomeno? In un recente studio guidato dall’istituto tedesco Max Planck per la fisica extraterrestre (Mpe) e dall’Osservatorio Purple Mountain, in Cina, sono state combinate le osservazioni dei potenti osservatori cileni dell’Eso Vlt (Very Large Telescope) e Alma (Atacama Large Millimetre/submillimetre Array) per studiare il moto del gas in PJ0116-24. All’articolo scientifico che riporta il risultato, pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy, hanno partecipato anche diversi ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).
Le antenne cilene hanno catturato l’elegante e raro spettacolo del cosiddetto anello di Einstein. La forma particolare di questo oggetto è causata dal fenomeno della lente gravitazionale, predetto da Albert Einstein nella sua teoria della relatività generale. Come funziona? L’immagine di una galassia distante è distorta dal campo gravitazionale di una galassia massiccia interposta, creando archi o anelli di luce. Gli astronomi sfruttano questo affascinante effetto per studiare oggetti lontanissimi, altrimenti invisibili con i telescopi da terra e dallo spazio.
PJ0116-24 si trova nell’universo remoto: è così lontana che la sua luce ha impiegato circa 10 miliardi di anni per raggiungere le nostre antenne a terra. Fortunatamente, una galassia in primo piano (non mostrata qui) ha agito – appunto – come una “lente d’ingrandimento”, piegando e amplificando la luce di PJ0116-24 dietro di essa, formando l’anello di Einstein che vediamo nell’immagine.
«L’effetto lente gravitazionale la rende un anello quasi perfetto. Oggetti simili a questo», spiega Filippo Mannucci, dirigente di ricerca all’Inaf di Arcetri e co-autore della pubblicazione scientifica, «hanno sempre mostrato la presenza dello scontro tra due galassie. Al contrario, PJ0116-24 sembra costituita da un disco stellare simile a quelli scoperti e studiati nell’universo locale, dimostrando che questo livello di luminosità e simili tassi di formazione stellare possono essere raggiunti anche senza una drammatica fusione tra due galassie».
Un risultato sorprendente per il team di ricerca perché, contrariamente a quanto teorizzato in passato, lo studio dimostra che anche le galassie isolate possono diventare delle HyLirg attraverso processi interni, se il gas che forma le stelle viene rapidamente convogliato verso il centro della galassia.
I colori visibili nell’immagine – scelta oggi dall’Eso come picture of the week – corrispondono ai dati raccolti dai singoli strumenti: le antenne di Alma tracciano il gas freddo, visibile in blu, mentre il Vlt, con lo spettrografo Eris (Enhanced Resolution Imager and Spectrograph), traccia il gas caldo, mostrato in rosso/arancio. Grazie a queste dettagliate osservazioni, il team ha scoperto che il gas in questa galassia ruota in maniera ordinata, a differenza del caos previsto dopo una collisione galattica.
Con Eris sarà possibile osservare oggetti del Sistema solare, esopianeti e galassie lontane con un dettaglio senza precedenti, grazie anche al suo modulo per l’ottica adattiva completamente a firma italiana: l’Inaf è infatti impegnato in prima linea nella progettazione e nella realizzazione del modulo di ottica adattiva e calibrazione di Eris e nell’architettura generale del software di gestione di tutto lo strumento. In particolare l’Inaf di Arcetri è responsabile di tutto il sistema di ottica adattiva, l’architettura generale del software di gestione di tutto lo strumento è sotto la guida dei ricercatori dell’Inaf di Padova, e l’unità di calibrazione è stata invece realizzata da tecnologi e ricercatori dell’Inaf d’Abruzzo.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Detailed study of a rare hyperluminous rotating disk in an Einstein ring 10 billion years ago”, di Daizhong Liu et al., pubblicato
Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Filippo Mannucci: