Da quando lo scorso maggio i cieli italiani si sono straordinariamente tinti di rosso, spesso mi ritrovo a controllare il sito Space Weather Prediction Center del National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) sperando di trovare il bell’anellone rosso che indica un’alta probabilità di rivedere quello spettacolo anche alle nostre latitudini. Ma lo faccio egoisticamente, senza pensare alle conseguenze che un caso così estremo potrebbe avere sulla Terra.
Per millenni le aurore hanno ispirato miti e presagi ma solo ora, con la moderna tecnologia dipendente dall’elettricità, stiamo apprezzando il loro vero potere. Le stesse forze che causano le aurore provocano correnti che possono danneggiare le infrastrutture che conducono elettricità, qui sulla Terra.
Ora, tre scienziati statunitensi hanno pubblicato su Frontiers in Astronomy and Space Sciences uno studio che dimostra come l’angolo di impatto degli shock interplanetari all’origine delle aurore è fondamentale per definire la forza delle correnti, offrendo l’opportunità di prevedere quelli che possono essere di fatto gli shock pericolosi, e di conseguenza proteggere per tempo le infrastrutture critiche.
«Le aurore e le correnti geomagnetiche indotte sono causate da fattori meteorologici spaziali simili», spiega Denny Oliveira del Goddard Space Flight Center della Nasa, primo autore dell’articolo. «L’aurora è un fenomeno visivo che indica che le correnti elettriche nello spazio possono generare queste correnti geomagnetiche indotte al suolo. La regione aurorale può espandersi notevolmente durante le tempeste geomagnetiche. Di solito, il suo confine più meridionale è intorno ai 70 gradi di latitudine, ma durante gli eventi estremi può scendere fino a 40 gradi o anche oltre, cosa che si è certamente verificata durante la tempesta del maggio 2024, la più grave degli ultimi due decenni».
Le aurore sono causate da due processi: o le particelle espulse dal Sole raggiungono il campo magnetico terrestre e causano una tempesta geomagnetica, oppure gli shock interplanetari comprimono il campo magnetico terrestre. Questi shock generano anche correnti geomagnetiche indotte, che possono danneggiare le infrastrutture che conducono elettricità. Shock interplanetari più potenti significano correnti e aurore più forti, ma anche shock frequenti e meno potenti potrebbero causare danni.
«Probabilmente gli effetti deleteri più intensi sulle infrastrutture elettriche si sono verificati nel marzo 1989, in seguito a una forte tempesta geomagnetica: il sistema Hydro-Quebec in Canada è stato interrotto per quasi nove ore, lasciando milioni di persone senza elettricità», racconta Oliveira. «Ma eventi più deboli e frequenti, come gli shock interplanetari, possono rappresentare nel tempo una minaccia per i conduttori di terra. Il nostro lavoro mostra che le correnti geoelettriche considerevoli si verificano abbastanza frequentemente dopo gli shock, e meritano attenzione».
Si ritiene che gli shock che colpiscono la Terra frontalmente, piuttosto che quelli inclinati, inducano correnti geomagnetiche più forti, perché comprimono maggiormente il campo magnetico. Ebbene, nello loro studio gli scienziati hanno valutato come le correnti geomagnetiche indotte siano influenzate dall’angolazione degli shock, a diverse ore del giorno.
Per farlo, hanno considerato un database di shock interplanetari e lo hanno incrociato con le letture delle correnti geomagnetiche indotte da un gasdotto di Mäntsälä, in Finlandia, che generalmente si trova nella regione aurorale durante i periodi di attività. Per calcolare le proprietà di questi shock, come l’angolo e la velocità, hanno utilizzato i dati del campo magnetico interplanetario e del vento solare. Gli shock sono stati suddivisi in tre gruppi: fortemente inclinati, moderatamente inclinati e quasi frontali.
Hanno scoperto che quelli più frontali causano picchi più elevati nelle correnti geomagnetiche indotte sia subito dopo la scossa, sia durante la successiva substorm. Picchi particolarmente intensi si sono verificati intorno alla mezzanotte magnetica, quando il polo nord si sarebbe trovato tra il Sole e Mäntsälä. Le substorm localizzate a quest’ora causano anche un’impressionante schiarita aurorale.
«Correnti moderate si verificano poco dopo l’impatto della perturbazione, quando Mäntsälä si trova intorno al crepuscolo ora locale, mentre correnti più intense si verificano intorno alla mezzanotte ora locale», riporta Oliveira.
Poiché gli angoli di questi shock possono essere previsti fino a due ore prima dell’impatto, queste informazioni potrebbero consentirci di predisporre protezioni per le reti elettriche e altre infrastrutture vulnerabili prima che gli shock più forti e frontali colpiscano.
«Una cosa che gli operatori delle infrastrutture elettriche potrebbero fare per salvaguardare le loro apparecchiature è gestire alcuni circuiti elettrici specifici quando viene emesso un allarme di shock», suggerisce Oliveira. «In questo modo si eviterebbe che le correnti geomagnetiche indotte riducano la durata di vita delle apparecchiature».
Tuttavia, gli scienziati non hanno trovato forti correlazioni tra l’angolo di uno shock e il tempo necessario per colpire e quindi indurre una corrente. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che per indagare questo aspetto sono necessarie altre registrazioni di correnti a diverse latitudini.
«I dati attuali sono stati raccolti solo in un luogo particolare, ovvero il sistema di gasdotti per il gas naturale di Mäntsälä», ammonisce Oliveira. «Sebbene Mäntsälä si trovi in una posizione critica, non fornisce un quadro a livello mondiale. Inoltre, i dati di Mäntsälä mancano di diversi giorni nel periodo esaminato, il che ci ha costretto a scartare molti eventi nel nostro database delle scosse. Sarebbe bello che le aziende elettriche di tutto il mondo rendessero i loro dati accessibili agli scienziati per gli studi», conclude il ricercatore.
Per saperne di più:
- Leggi su Frontiers in Astronomy and Space Sciences l’articolo “Spectacular auroras are caused by head-on blows to Earth’s magnetic field that could damage critical infrastructure” di Denny M. Oliveira, Eftyhia Zesta e Sergio Vidal-Luengo