Tutti la cercano, ma nessuno la trova. Non riflette, assorbe o irradia luce, almeno non abbastanza da poterla rilevare. La sua vera natura è ancora un mistero, eppure esiste, lo dimostrano i suoi effetti gravitazionali sulla materia visibile. L’avrete capito, stiamo parlando della materia oscura. Una nuova ricerca mostra ora come trovare ulteriori evidenze della sua presenza, scoprendo quelli che potrebbero essere potenziali oggetti fatti di questa pasta.
Per rivelare la sfuggente materia oscura, John LoSecco, scienziato dell’Università di Notre Dame (Usa), e il suo team hanno sfruttato le pulsar, stelle di neutroni estremamente dense e in rapida rotazione. E in particolare una loro peculiare caratteristica: la capacità di emettere a intervalli regolari onde radio durante il loro vorticare su sé stesse, il che ne fa dei veri e propri orologi cosmici. «La scienza ha sviluppato metodi molto precisi per misurare il tempo», dice a questo proposito LoSecco, che ha presentato i risultati della sua ricerca nei giorni scorsi al National Astronomy Meeting (Nam2024) della Royal Astronomical Society (Regno Unito). «Sulla Terra abbiamo gli orologi atomici, nello spazio ci sono le pulsar».
Misurando i tempi di arrivo degli impulsi delle pulsar, possiamo saperne di più sulle pulsar stesse, su come gli impulsi si sono propagati nello spazio e – grazie alla relatività generale, e in particolare al ritardo relativistico indotto dalla presenza di un campo gravitazionale lungo il tragitto percorso della radiazione elettromagnetica – perfino se c’è qualcosa tra questi oggetti celesti e l’osservatore.
Per la misurazione dei tempi di arrivo degli impulsi sui radiotelescopi terrestri, LoSecco si è servito dei dati relativi a un ampio campione di pulsar raccolti dal progetto Ppta, sfruttando il radiotelescopio australiano di Parkes, tramite una tecnica nota come pulsar timing array. Passando al setaccio i dati della seconda release di questa survey, e in particolare i dati relativi ai tempi di arrivo degli impulsi di un set di 65 pulsar al millisecondo, LoSecco ha osservato ritardi significativi nei tempi di emissione radio in 12 di queste trottole spaziali. Per lo scienziato, queste variazioni hanno precisa spiegazione: la presenza di masse di materia invisibile situata da qualche parte tra le pulsar e i radiotelescopi. Masse che potrebbero essere oggetti candidati a spiegare la materia oscura.
Le variazioni nei battiti delle pulsar che sono dovute alla materia oscura, osserva LoSecco, hanno una forma ben definita e una dimensione proporzionale alla massa dell’oggetto. Ad esempio, una massa paragonabile a quella del Sole potrebbe introdurre un ritardo nei tempi di arrivo degli impulsi di circa 10 microsecondi, cioè 10 milionesimi di secondo. Le osservazioni effettuate da LoSecco hanno una risoluzione temporale dell’ordine dei nanosecondi, dunque 10mila volte più breve. «Uno dei nostri risultati suggerisce che una delle variazioni osservate sia causata da una massa che è il 20 per cento di quella del Sole», sottolinea LoSecco. «Questa massa potrebbe potrebbe essere un candidato oggetto di materia oscura».
La ricerca di LoSecco potrebbe contribuire a comprendere meglio la materia oscura e la sua distribuzione nella nostra galassia. E ha anche una non trascurabile ricaduta per quello che è lo scopo principale del Pulsar Timing Array, ovvero la ricerca di onde gravitazionali: a questo fine, infatti, il contributo dovuto a eventuali oggetti di materia oscura al ritardo degli impulsi delle pulsar rappresenta null’altro che rumore. Riuscire dunque a individuarlo permette di migliorare la qualità dei dati stessi. «La vera natura della materia oscura è un mistero. Questa ricerca getta nuova luce sulla sua natura e sulla sua distribuzione nella Via Lattea, e potrebbe migliorare l’accuratezza dei dati di timing», conclude infatti LoSecco.