Non esiste un Nobel per la matematica ma non mancano premi altrettanto prestigiosi, a cominciare dalla International Medal for Outstanding Discoveries in Mathematics, più semplicemente medaglia Fields, che è conferita dal 1936 ogni quattro anni in occasione del congresso di matematica per premiare due, tre o quattro matematici di età inferiore a 40 anni. Il premio Wolf viene conferito annualmente a partire dal 1978, mentre il premio Crafoord è iniziato nel 1982 ma viene dato a rotazione a diverse discipline con la matematica che compare ogni 5-6 anni. Nel nuovo millennio sono stati istituiti tre riconoscimenti annuali: il premio Abel, dal 2003, il premio Shaw, dal 2004, e, ultimo in ordine di tempo, il premio Breakthrough, istituito nel 2013 che, con i suoi tre milioni di dollari, è anche il più ricco.
Il premio Abel viene considerato l’equivalente del Nobel perché viene dato dall’accademia norvegese, non impone limiti di età e prevede un premio in denaro simile al Nobel, ma questo non rende meno ambita la medaglia Fields, anche se prevede un premio di appena 25mila dollari canadesi.
Tutto considerato, in novant’anni di storia sono stati conferiti 217 premi per la matematica, ma solo sette sono andati a donne. Una disparità colossale, che viene eguagliata solo da quella che si registra per il premio Nobel per la fisica, dove solo cinque dei 225 premiati sono donne. I sette premi sono stati conferiti negli ultimi dieci anni e hanno riconosciuto l’eccellenza di cinque matematiche, due delle quali sono state premiate due volte.
La prima a ricevere la medaglia Fields, nel 2014, è stata la matematica iraniana-americana Maryam Mirzakhani, che era cresciuta convinta di non essere particolarmente dotata. Invece aprì nuove vie sullo studio della simmetria delle superfici curve e certamente avrebbe potuto continuare se, nel 2017, appena quarantenne, non fosse morta per un cancro al seno. Le sue conquiste, però non sono state dimenticate e nel 2020 alla sua memoria è stato conferito il Breakthrough Prize, dato per la prima volta a una donna. Anche Claire Voisin ha avuto l’onore di essere due volte la prima donna a vincere uno dei premi per matematici per il suo lavoro nel campo della geometria algebrica. Ha iniziato nel 2017 con il premio Shaw e poi il 30 gennaio di quest’anno ha ricevuto il premio Crafoord. Nel 2019 Karen Uhlenbeck, grazie ai suoi lavori pionieristici in geometria analitica, è stata la prima donna a ricevere il premio Abel, e lo stesso è successo a Ingrid Daubechies, famosa per i metodi di compressione delle immagini, nel 2023 con il premio Wolf. L’unico premio che annovera due vincitrici è la medaglia Fields che, nel 2022, ha premiato Marina Viazovska per il suo lavoro sulla teoria dei numeri.
Constatare che i premi alle matematiche siano concentrati negli ultimi anni fa ben sperare, tuttavia la percentuale è ancora bassissima e strada da fare è molto lunga dal momento che, secondo l’Unione matematica internazionale, negli Stati Uniti il 25-30 per cento dei dottorandi in matematica sono donne. Anche se non tutte prendono la strada della ricerca, l’esame della letteratura mostra che, negli ultimi decenni, c’è stato un costante aumento della percentuale di donne autrici di articoli scientifici in matematica. Tuttavia, pur in crescita, la percentuale di donne autrici nelle “riviste più importanti” di matematica rimane inferiore al 10 per cento. In un mondo ideale, sarebbe almeno questa la percentuale “ragionevole” di riconoscimenti femminili, non i pochi percento attuali.
Certo la situazione odierna, anche se lontana dall’essere ottimale, è radicalmente diversa da quella che viene raccontata nel libro di Elisabetta Strickland dedicato a Emmy Noether, una straordinaria matematica che ebbe vita durissima nel mondo accademico tedesco di inizio ‘900. Figlia di un affermato matematico, che aveva fatto del suo meglio per dissuadere la figlia dall’intraprendere gli studi in matematica, si trovò a lottare per poter frequentare l’università, per essere ammessa al dottorato, per sostenere l’esame di abilitazione all’insegnamento. Ogni volta le gerarchie accademiche si mettevano di traverso e occorreva risalire la catena gerarchica fino al ministro per capire cosa si poteva o non si poteva fare. Infatti, nonostante tutti fossero d’accordo sul valore di Emmy, nessuno voleva creare un precedente aprendo l’insegnamento alle donne, giudicate poco adatte all’importante compito. Poco importava che personaggi del calibro di Einstein e di Hilbert la sostenessero a spada tratta. Costretta ad aspettare lunghi anni in situazione precaria, senza ricevere alcuno stipendio, non perse mai né l’interesse né l’entusiasmo che era bravissima a comunicare ai suoi studenti. Le sue lezioni non erano perfette, perché Emmy si faceva prendere la mano dagli argomenti che trattava, ma gli studenti avevano poi modo di chiedere spiegazioni nel corso di lunghissime passeggiate che lei amava fare proprio per discutere con loro.
Bravissima a riconoscere il talento, invitava a Gottinga giovani matematici da tutta Europa con i quali instaurava rapporti di amicizia che duravano negli anni. Le succedeva spesso di essere l’unica donna invitata a una conferenza, ma forse lo considerava normale.
Oggi abbiamo una sensibilità diversa e accogliamo con grande piacere la notizia che la European Mathematical Society ha premiato Cristiana de Filippis, 31enne docente dell’Università di Parma che risulta essere la prima italiana che lavora in Italia a ricevere il premio, considerato un gradino verso la medaglia Fields.
Guarda il video sul sito YouTube dell’Università di Parma: