I DISEGNI SUGGERISCONO UNA DURATA REGOLARE DEL CICLO -13

L’eredità di Keplero sui cicli solari

Alcuni disegni di Keplero del 1607, quasi dimenticati, sono stati riesaminati e hanno permesso di ottenere nuove informazioni sui cicli solari prima del minimo di Maunder. Ricreando le condizioni osservative e applicando la legge di Spörer, un gruppo internazionale di ricercatori guidato dalla Università di Nagoya ha collocato le macchie solari del grande astronomo nella coda del ciclo solare -14. I dettagli su ApJ Letters

     26/07/2024

I primi disegni di macchie solari databili si basano sulle osservazioni solari di Johannes Kepler con la camera oscura nel maggio 1607. Crediti: Kepler, J. 1609, Phaenomenon singulare seu Mercurius in Sole, Thomae Schureri, Lipisiae

Se ho visto oltre, è stato levandomi sulle spalle dei Giganti. Così scriveva Newton, nel 1676, in una corrispondenza privata indirizzata a Hooke.

Lo studio che stiamo per descrivervi parte da qualcosa che è successo qualche anno prima del 1676. In particolare, parte da tre disegni di Johannes Kepler (italianizzato in Giovanni Keplero) del 1607 riportati nella sua opera “Phaenomenon singulare seu Mercurius in Sole”, pubblicata nel 1609.

Come forse saprete, soprattutto se siete lettori di Media Inaf, l’attività solare manifesta una periodicità piuttosto regolare di circa 11 anni, chiamata ciclo solare. Tale attività viene valutata in base al numero di macchie solari che compaiono in maniera ciclica e più o meno intensa sulla superficie solare. Quando la superficie del Sole mostra un numero considerevole di macchie, significa che la nostra stella sta attraversando una fase di maggior attività e si dice che si trova nella fase di massimo.

Le osservazioni telescopiche delle macchie solari sono iniziate nel 1610 e hanno catturato i cicli solari successivi. Fu nel 1851 che l’astronomo tedesco Heinrich Schwabe osservò che l’attività solare variava secondo un ciclo di undici anni, con massimi e minimi. Mentre l’astronomo britannico Edward Walter Maunder si accorse che tra il 1645 e il 1715 il Sole interruppe il ciclo undecennale e ci fu un’epoca in cui quasi non ci furono macchie: questa fase prese il nome di minimo di Maunder, e rimane uno dei maggiori minimi (inevitabile il gioco di parole) dell’attività solare accaduti negli ultimi 11mila anni.

Il minimo di Maunder in un grafico che riporta la storia di 400 anni del numero di macchie solari.

Come potete vedere dal grafico sopra, la serie di dati acquisita dal 1610 in poi indica una transizione graduale tra i cicli solari regolari e il minimo di Maunder. Le osservazioni al telescopio delle macchie solari non hanno colto l’inizio del ciclo solare riportato nel grafico, il numero -13 (dove il segno meno si deve al fatto che il ciclo solare numero 1 è quello cominciato nel 1755, e che quindi ai precedenti è stato assegnato un valore negativo), lasciando spazio a una notevole incertezza sulla sua evoluzione temporale.

Quelle di Keplero sono tra le prime registrazioni strumentali databili dell’attività solare all’inizio del XVII secolo. Utilizzò un apparecchio noto come camera oscura, che consisteva in un piccolo foro in una parete per proiettare l’immagine del Sole su un foglio di carta, che gli permise di fare uno schizzo realistico delle caratteristiche visibili del Sole. Tuttavia, interpretò erroneamente ciò che vide come un transito di Mercurio sul Sole, come si può evincere dal titolo della pubblicazione dove vennero riportate le osservazioni.

Utilizzando tecniche moderne, questi disegni – ormai quasi dimenticati – sono stati riesaminati, ottenendo nuove informazioni sui cicli solari prima del minimo di Maunder.

I calcoli degli autori delle coordinate eliografiche del disco solare come visto nel cielo alla prima e alla seconda osservazione di Keplero, sovrapposti ai disegni delle macchie solari di Keplero in orientamento corretto. La prima e la seconda immagine mostrano quelle della casa di Keplero (N50°05′, E014°25′) alle 15:29 ± 0:30 UT (a sinistra) e del laboratorio di Justus Burgi nella cittadella (N50°05′, E014°24′) alle 17:37 ± 01:20 UT (a destra). Crediti: Hisashi Hayakawa

Ricreando le condizioni delle osservazioni di Keplero e applicando la legge di Spörer – una legge sperimentale che predice la variazione della latitudine delle macchie solari durante un ciclo solare, che migrano dalle latitudini più alte a quelle più basse durante un ciclo solare – alla luce della statistica moderna, un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Università di Nagoya in Giappone ha misurato la posizione del gruppo di macchie solari di Keplero, collocandolo nella coda del ciclo solare -14, prima del ciclo di cui furono testimoni Thomas Harriot, Galileo Galilei e altre osservazioni fatte con telescopi (il -13, appunto).

I risultati dello studio, riportati su Astrophysical Journal Letters, offrono una chiave di lettura per risolvere la controversia sulla durata dei cicli solari all’inizio del XVII secolo, associata alla fase di transizione dai cicli solari regolari al minimo di Maunder.

Hisashi Hayakawa, autore principale dello studio, pensa che l’importanza di questa scoperta sia stata sottovalutata. «Poiché questa registrazione non era un’osservazione telescopica, è stata discussa solo nel contesto della storia della scienza e non è stata utilizzata per analisi quantitative dei cicli solari nel XVII secolo», dice. «Ma si tratta del più antico schizzo di macchie solari mai realizzato con un’osservazione strumentale e una proiezione».

«Ci siamo resi conto che questo disegno di una macchia solare dovrebbe essere in grado di dirci la posizione della macchia e di indicare la fase del ciclo solare nel 1607, a patto di riuscire a definire la zona e l’ora dell’osservazione e ricostruire l’inclinazione delle coordinate eliografiche – cioè le posizioni degli elementi sulla superficie del Sole – in quel momento», aggiunge Hayakawa.

È molto importante stabilire la fase del ciclo solare in quegli anni perché non è ancora del tutto chiaro come lo schema dell’attività solare sia passato dai cicli regolari al grande minimo, se non che la transizione è stata graduale. Una delle precedenti ricostruzioni basate sugli anelli degli alberi sostiene una sequenza composta da un ciclo solare estremamente breve (circa 5 anni) e da un ciclo solare lungo (circa 16 anni), associando queste durate anomale dei cicli solari a un precursore della transizione dai cicli solari regolari al grande minimo solare. «Se fosse vero, sarebbe davvero interessante. Tuttavia, un’altra ricostruzione basata sugli anelli degli alberi indica una sequenza di cicli solari di durata normale», afferma Hayakawa. «Di quale ricostruzione dovremmo fidarci? È estremamente importante verificare queste ricostruzioni con dati indipendenti, preferibilmente osservativi».

Le macchie solari impresse da Keplero nei suoi disegni sono un riferimento osservativo fondamentale e hanno permesso di fare varie scoperte interessanti.

Sulla base delle osservazioni di Keplero, i ricercatori hanno suggerito i limiti temporali dell’intervallo in cui si dovrebbe collocare la fine del ciclo solare -14 e l’inizio del -13, come indicato nelle linee rosse. Nel grafico si vedono anche le ricostruzioni del numero di macchie solari (gruppi) basate sulle registrazioni delle macchie solari nella curva blu (Svalgaard & Schatten, 2016) e sui dati del carbonio-14 degli anelli degli alberi nella curva nera (Usoskin et al., 2021) e verde (Miyahara et al., 2021). La ricostruzione degli autori contraddice l’affermazione di un ciclo solare estremamente breve e di un ciclo solare lungo (verde) ed è consistente con cicli solari regolari (nero). Crediti: Hisashi Hayakawa

In primo luogo, dopo aver “deproiettato” i disegni delle macchie solari di Keplero e compensato l’angolo di posizione solare, i ricercatori hanno collocato il gruppo di macchie solari di Keplero a una bassa latitudine eliografica. Questo suggerisce che il famoso disegno schematico dell’immagine solare che Keplero ha riportato nel suo libro non è coerente con il testo originale di Keplero e con le due immagini della camera oscura, che mostrano la macchia solare nella parte superiore sinistra del disco solare.

In secondo luogo, applicando la legge di Spörer e le conoscenze acquisite dalla moderna statistica delle macchie solari, hanno identificato il gruppo di macchie solari come probabilmente situato nella coda del ciclo solare -14 piuttosto che all’inizio del ciclo solare -13.

La scoperta permette agli autori di approssimare la transizione tra il ciclo solare precedente (-14) e quello successivo (-13) tra il 1607 e il 1610, restringendo le possibili date in cui si è verificata. Su questa base, le registrazioni di Keplero suggeriscono una durata regolare per il ciclo solare -13, sfidando le ricostruzioni alternative che propongono un ciclo estremamente lungo durante questo periodo.

«L’eredità di Keplero va al di là della sua abilità osservativa; informa i dibattiti in corso sulla transizione dai cicli solari regolari al minimo di Maunder, un periodo di attività solare estremamente ridotta e di asimmetria emisferica anomala tra il 1645 e il 1715», spiega Hayakawa. «Collocando i risultati di Keplero all’interno di ricostruzioni più ampie dell’attività solare, gli scienziati ottengono un contesto cruciale per interpretare i cambiamenti nel comportamento solare in questo periodo rilevante che segna la transizione dai cicli solari regolari al grande minimo solare».

Un gruppo di macchie solari a occhio nudo riprese l’11 maggio 2024 da E.T.H. Teague, uno degli autori dell’articolo citato. Crediti: E. T. H. Teague

«Keplero ha contribuito a molti punti di riferimento storici nell’astronomia e nella fisica del XVII secolo, lasciando la sua eredità anche nell’era spaziale», afferma Hayakawa. «A questo si aggiunge che le registrazioni delle macchie solari di Keplero precedono di diversi anni le registrazioni telescopiche delle macchie solari esistenti a partire dal 1610. I suoi schizzi delle macchie solari sono una testimonianza del suo acume scientifico e della sua perseveranza di fronte alle limitazioni tecnologiche».

«Come detto da uno dei miei colleghi, è affascinante vedere come documenti che abbiamo ereditato da personaggi storici trasmettano implicazioni scientifiche fondamentali agli scienziati moderni anche a distanza di secoli», aggiunge Sabrina Bechet, ricercatrice presso l’Osservatorio Reale del Belgio. «Dubito che potessero immaginare che i loro documenti sarebbero stati utili alla comunità scientifica molto più tardi, ben dopo la loro morte. Abbiamo ancora molto da imparare da queste figure storiche, oltre alla storia della scienza stessa. Nel caso di Keplero, siamo sulle spalle di un gigante della scienza».

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