COME L’ATMOSFERA CI PROTEGGE DAI METEOROIDI

Le meteoriti scottano?

Le notizie di cronaca di questi giorni ci inducono a chiarire un aspetto poco noto delle meteoriti: sono corpi incandescenti? Abbiamo calcolato la temperatura di una tipica meteorite partendo dai processi di raffreddamento per conduzione e irraggiamento. Il risultato è che le meteoriti hanno una temperatura di circa 2 °C superiore a quella ambiente, quindi non possono innescare incendi o ustionarvi se le raccogliete subito a mani nude (non fatelo)

     29/07/2024

Fra le notizie riportate dai giornali in questo scorcio di fine luglio 2024, una ha colpito la mia attenzione: si tratta di un fatto di cronaca, un incendio che si è sviluppato in un’azienda agricola di Pioppa di Cesena la sera del 23 luglio 2024, domato dai vigili del fuoco solo verso le 5 del mattino successivo. In base a quanto scritto dai giornali, alcuni testimoni avrebbero riferito ai vigili che un oggetto luminoso era caduto dal cielo e che successivamente si era sviluppato l’incendio. In effetti, il 23 luglio alle 21:31 locali un brillante fireball ha attraversato il cielo dell’Italia settentrionale ed è stato ripreso da tre stazioni della rete Prisma coordinata dall’Inaf. Dalle immagini delle stazioni di Trento, Rovereto e Novezzina è stato possibile triangolare il fireball e stabilire che è entrato in atmosfera a una velocità di circa 14 km/s a una quota iniziale di circa 70 km sulla verticale di Bassano del Grappa e – dopo appena 6 secondi – si è estinto a 35 km di quota, entrando nella fase di volo buio grossomodo sulla verticale di Pordenone. Il meteoroide che ha provocato il fireball aveva una dimensione di circa 10-20 cm di diametro e prima di colpire la Terra percorreva un’orbita eliocentrica di tipo “Apollo”: in sostanza si è trattato della caduta di un piccolo frammento di roccia di origine asteroidale.

Fra Pordenone e Cesena ci sono 200 km quindi è esclusa una relazione di causa-effetto fra i due eventi e la causa dell’incendio di Pioppa di Cesena va cercata altrove, ma la domanda che ci poniamo è questa: a che temperatura possono arrivare al suolo i frammenti di un meteoroide di 10-20 cm di diametro, dopo avere attraversato l’atmosfera terrestre a velocità tipiche di 15-20 km/s? Arrivano al suolo incandescenti – e quindi potrebbero innescare un incendio nel caso di caduta su elementi infiammabili – oppure sono del tutto innocui? La risposta alla domanda richiede di esaminare i processi che avvengono quando un corpo cade nell’atmosfera terrestre arrivando dallo spazio a velocità ipersoniche. Il meteoroide comprime l’aria dinnanzi a sé e si sviluppa un’onda d’urto in cui i gas atmosferici vengono compressi e si riscaldano al punto tale da ionizzarsi e diventare plasma, ossia un gas di elettroni e ioni positivi. La superficie del meteoroide assorbe energia per conduzione e irraggiamento del plasma, aumenta la temperatura e una volta superato il punto di fusione il materiale superficiale viene asportato dando luogo al processo di ablazione. Con l’ablazione il meteoroide perde progressivamente massa, ma lo strato fuso è confinato solo in una sottile pellicola di circa 1 mm di spessore, al suo interno il meteoroide mantiene la temperatura che aveva nello spazio. Questo è il motivo per cui le meteoriti mostrano solo una sottile crosta di fusione che le ricopre, mentre l’interno resta inalterato perché non ha mai sperimentato alte temperature.

Una tipica meteorite rocciosa con ben evidente la sottile crosta scura di fusione e l’interno che è rimasto inalterato, non subendo l’aumento di temperatura che ha sperimentato la superficie. Crediti A. Carbognani/Prisma

In effetti la superficie del meteoroide si comporta un po’ come lo scudo termico delle capsule delle missioni Apollo della Nasa che rientravano nell’atmosfera terrestre a una velocità di circa 11 km/s dopo essere state in orbita lunare: il materiale dello scudo fondeva e veniva asportato via dal flusso d’aria, mantenendo fresco l’abitacolo e i suoi occupanti. Durante la fase di fireball, la temperatura superficiale del meteoroide raggiunge valori dell’ordine di 2500-3000 K (2200-2700 °C), diminuisce progressivamente la propria massa generando la scia di plasma e viene rallentato dall’interazione con l’aria fino a quando la sua velocità arriva a circa 3 km/s. Al di sotto di questo valore cessa la generazione del plasma atmosferico – quindi termina la fase di fireball – e inizia la fase di volo buio: quello che rimane del meteoroide prosegue la caduta verso il suolo impiegando alcuni minuti per giungere a terra, diciamo 120 secondi tanto per avere un ordine di grandezza, ma può essere anche superiore. In effetti la fase di volo buio ha una durata molto maggiore rispetto alla fase di fireball, perché viene ulteriormente rallentato fino a cadere al suolo alla modesta velocità di circa 200-250 km/h. Quindi un tipico meteoroide non arriva direttamente al suolo con la sua velocità cosmica e la scia di plasma incandescente, al contrario, il frenamento e l’ablazione dell’atmosfera hanno un ruolo molto importante nel determinarne il fato. Non per niente si dice che la nostra atmosfera ci fa da “scudo” per quanto riguarda i piccoli meteoroidi. La cosa interessante è che nella fase di volo buio, che per un tipico meteoroide inizia fra i 20 e i 30 km di quota, quello che rimane del meteoroide, consumato dall’interazione con l’atmosfera, si raffredda rapidamente. Sono due i processi che determinano il raffreddamento del meteoroide: 1) la conduzione di energia termica dovuta al contatto con gli strati più densi e freddi della troposfera, 2) il processo di irraggiamento dalla superficie calda. Ad esempio, alla quota di circa 10 km, dove volano gli aerei, la temperatura esterna è di -60 °C e, come abbiamo detto, un meteoroide può impiegare alcuni minuti per raggiungere la superficie. Il risultato è che al suolo un meteoroide al massimo arriva tiepido. Per dimostrarlo, occorre ricorrere alla fisica e scrivere la conservazione dell’energia: energia termica persa = conduzione + irraggiamento (per maggiori dettagli vedi qui).

La temperatura, in gradi centigradi, di un meteoroide di 20 cm di diametro e con una densità di 3000 kg/m3, mentre cade durante la fase di volo buio. La linea rossa tiene conto della perdita di energia per conduzione e irraggiamento, quella nera solo per la conduzione e quella blu solo per irraggiamento per vedere i contributi dei singoli canali. Crediti: A. Carbognani/Inaf-Oas

Il processo di conduzione del calore si ha perché il meteoroide è immerso in un mezzo, l’aria, a cui cede energia. Questo processo è descritto dalla legge del raffreddamento di Newton ed è proporzionale alla differenza di temperatura fra meteoroide e ambiente: maggiore la differenza, più rapido il raffreddamento del corpo caldo fino al raggiungimento dell’equilibrio termico. L’irraggiamento è il processo di emissione di radiazione elettromagnetica dalla superficie del meteoroide, che può essere trattato come un corpo nero, per cui vale la legge di Stefan-Boltzmann. In questo caso l’emissione di energia va come la differenza della quarta potenza della temperatura fra meteoroide e ambiente. Per semplicità assumiamo che la temperatura media dell’ambiente sia 273 K (pari a 0 °C): non è vero perché la temperatura in quota da dove inizia il volo buio è molto minore, mentre in superficie è maggiore, ma a noi interessa un valore rappresentativo. Se si assume un meteoroide con un diametro di 20 cm e una densità media di 3000 kg/m3 (un valore tipico per le meteoriti rocciose) e si risolve numericamente l’equazione differenziale precedente, quello che si trova sono i grafici mostrati in figura. Come si vede, durante i 120 secondi della caduta la crosta del meteoroide si raffredda rapidamente, principalmente grazie alla conduzione, e al suolo arriva con una temperatura che è più alta di circa un paio di gradi rispetto alla temperatura ambiente. Una meteorite quindi non è in grado di appiccare incendi e può essere subito raccolta senza timore di ustioni alle mani (non fatelo, perché contaminereste la superficie con il grasso della pelle e rischiereste di staccare la sottile crosta di fusione). Le stesse considerazioni si applicano nel caso di detriti spaziali: anche questi arrivano al suolo freddi, perché durante il volo buio hanno tutto il tempo di perdere l’energia termica in eccesso. Il risultato non cambierebbe anche aumentando la dimensione del meteoroide, ad esempio passando da un diametro di 20 cm a 1 metro. In questo caso è vero che aumenterebbe la massa da raffreddare, ma aumenterebbe anche la superficie di raffreddamento e la cosa si compensa. Anche aumentare la temperatura iniziale non serve. Se invece di 2500 K si adotta 3500 K per la temperatura superficiale del meteoroide è vero che l’energia termica da dissipare è maggiore rispetto al caso precedente, ma la perdita di energia è proporzionale alla differenza di temperatura con l’ambiente e quindi le cose ancora si compensano. In sostanza si può stare tranquilli per quanto riguarda gli impossibili incendi provocati dalla caduta di piccoli meteoroidi e detriti spaziali che cadono sulla Terra. Solo con un evento come la catastrofe di Tunguska, generato dalla caduta di un asteroide di circa 50 m di diametro, si potrebbero sviluppare incendi al suolo, ma in quel caso l’incendio sarebbe il problema minore.