SVILUPPATO PROTOCOLLO SUL GOBY STELLATO

Una biobanca sulla Luna

Con numerose specie a rischio di estinzione, un team internazionale di ricercatori ha proposto una soluzione innovativa per proteggere la biodiversità del pianeta: un biorepository lunare. La proposta, presentata in un recente articolo pubblicato sulla rivista BioScience, mira a creare un deposito passivo e di lunga durata per i campioni crioconservati delle specie animali più a rischio della Terra

     05/08/2024

Base lunare basata sul concetto di stampa 3D. Una volta assemblate, le cupole gonfiate vengono ricoperte da uno strato di regolite lunare stampato in 3D da robot che aiutano a proteggere gli occupanti dalle radiazioni spaziali e dai micrometeoriti. Crediti: Esa/Foster + Partners

Per proteggere la biodiversità del pianeta, una soluzione innovativa potrebbe essere un biorepository lunare. L’idea, illustrata in un recente articolo pubblicato sulla rivista BioScience, si propone di creare un deposito passivo e a lungo termine per campioni crioconservati delle specie animali più a rischio della Terra.

Guidato da Mary Hagedorn del National Zoo and Conservation Biology Institute dello Smithsonian, il team di ricercatori prevede di sfruttare le temperature naturalmente fredde della Luna, in particolare nelle regioni permanentemente in ombra vicino ai poli, che rimangono costantemente al di sotto dei -196 gradi Celsius. Queste condizioni sono ideali per la conservazione a lungo termine di campioni biologici senza la necessità di intervento umano o di alimentazione, due fattori che potrebbero minacciare la resilienza dei depositi sulla Terra. Una simile struttura lunare sarebbe preservata anche dai disastri naturali terrestri, dai cambiamenti climatici e dai conflitti geopolitici.

Un primo obiettivo nello sviluppo di un biorepository lunare sarebbe la crioconservazione di campioni di pelle animale con cellule di fibroblasti. I ricercatori hanno già iniziato a sviluppare protocolli utilizzando il Goby stellato (Asterropteryx semipunctata) – un piccolo pesce appartenente alla famiglia dei Gobiidae, nativo dell’Indo-Pacifico, dall’area del Mar Rosso fino alle isole Hawaii, Line e Tuamoto – come specie esemplare, a cui ne seguiranno altre. Gli autori prevedono di sfruttare il campionamento su scala continentale attualmente in corso presso la National 190 Ecological Observatory Network (Neon) della National Science Foundation come fonte per il futuro sviluppo di cellule di fibroblasti.

Diagramma di flusso proposto per creare cellule crioconservate e testarle nello spazio. (a) Campionamento delle pinne pelviche del Goby stellato. (b) Le pinne e i campioni di Dna possono essere conservati in un biorepository. (c) Un biorepository terrestre, come lo Smithsonian National Museum of Natural History, dove i campioni crioconservati possono essere tenuti per decenni o potenzialmente più a lungo prima del lancio nello spazio. (d) Fibroblasti di pinne espansi in laboratorio. (e) Cellule di fibroblasti crioconservate. (f) Cellule crioconservate e imballaggi criogenici testati sulla Terra per verificarne la robustezza in condizioni spaziali. (g) I campioni crioconservati pronti per lo spazio vengono inviati alla Stazione Spaziale Internazionale per essere testati e poi riportati sulla Terra per l’analisi della vitalità e delle modifiche al Dna. Crediti: BioScience, Hagedorn et al.

Le sfide da affrontare per realizzare una simile banca sono diverse: sviluppare un imballaggio robusto per il trasporto nello spazio, attenuare gli effetti delle radiazioni e la creazione di un complesso quadro di governance internazionale per il deposito. Gli autori invitano a un’ampia collaborazione tra nazioni, agenzie e parti interessate internazionali per realizzare questo programma decennale. I prossimi passi prevedono l’espansione delle partnership, in particolare con le agenzie di ricerca spaziale, e la conduzione di ulteriori test sulla Terra e a bordo della Stazione spaziale internazionale.

Nonostante le sfide da superare, gli autori sottolineano che la necessità di agire è impellente: «A causa di una miriade di fattori antropici, un’alta percentuale di specie ed ecosistemi si trova ad affrontare minacce di destabilizzazione ed estinzione che stanno accelerando più velocemente della nostra capacità di salvare queste specie nel loro ambiente naturale».

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