CON UN COMMENTO DI CLAUDIA M. RAITERI DELL’INAF DI TORINO

Installato al Vera Rubin lo specchio secondario

Il 24 luglio scorso lo specchio secondario da 3,5 metri dell’Osservatorio Vera C. Rubin – a Cerro Pachón, in Cile – è stato installato sul telescopio. È il primo “pezzo di vetro” a essere collocato e integrato nella sua posizione finale. Anche gli astronomi e i tecnologi dell’Inaf hanno avuto un ruolo decisivo nel conseguimento di questo importante risultato

     05/08/2024

Il 24 luglio 2024, lo specchio secondario da 3,5 metri dell’Osservatorio Vera C. Rubin è stato installato sul Simonyi Survey Telescope. Lo specchio secondario è il primo “pezzo di vetro” ad essere installato nella sua posizione finale sul telescopio. Crediti: Osservatorio Rubin/Nsf/Aura/S. MacBride

Importante passo avanti nella realizzazione dell’Osservatorio Vera C. Rubin, in Cile: l’ultima settimana di luglio è stata completata l’installazione dello specchio secondario da 3.5 metri di diametro. Si tratta del primo componente permanente del sistema ottico del telescopio, che comprende anche uno specchio primario da 8.4 metri e la fotocamera digitale da 3.2 gigapixel Lsst, la più grande del mondo.

Lo specchio secondario di Rubin è uno fra i più grandi specchi convessi mai realizzati. Prodotto dalla Corning Advanced Optics di Canton, New York, utilizzando il vetro Corning® Ule® (Ultra-Low Expansion Glass), è uno specchio monolitico di dieci centimetri di spessore. Consegnato allo stato grezzo nel 2009, è rimasto parcheggiato per cinque anni alla Harvard University prima di essere lucidato e rifinito alla L3Harris Technologies di Rochester (New York), che ha anche progettato e costruito l’intera cella dello specchio secondario, formata da una piastra di montaggio in acciaio rigido, 72 attuatori assiali e sei tangenti (che sostengono e correggono la forma del sottile specchio per compensare la forza di gravità), elettronica, sensori, sistema di controllo termico e sistema di controllo dello specchio. La superficie riflettente è stata poi rivestita nel 2019 con un sottile strato d’argento, mentre l’integrazione nella cella è avvenuta all’inizio del mese scorso.

«Lavorare di nuovo con lo specchio dopo cinque anni è estremamente emozionante, perché sembra davvero di essere in dirittura d’arrivo», dice Sandrine Thomas, vicedirettrice per la costruzione dell’Osservatorio Rubin. «Ora abbiamo il primo componente in vetro sul telescopio, un importante passo avanti verso la scienza rivoluzionaria del Rubin».

Nelle prossime settimane il team del telescopio reinstallerà la cosiddetta commissioning camera, una versione ridota della fotocamera Lsst che verrà utilizzata per condurre una serie di campagne di test sul sistema ottico, compresi entrambi gli specchi. Il team si concentrerà inoltre sulla preparazione dell’assemblaggio dello specchio primario per l’integrazione, in agosto, e della fotocamera Lsst, che sarà installata sul telescopio entro fine anno.

Anche gli astronomi e i tecnologi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) hanno avuto un ruolo decisivo nel conseguimento di questo importante risultato: a inizio anno, infatti, un team guidato da Gabriele Rodeghiero – e che comprende Rodolfo Canestrari, Felice Cusano, Enrico Giro e Luca Rosignoli – ha preso parte alla campagna di test, in Cile, verificando che la cella dello specchio secondario del telescopio, conclusa la spedizione dalla ditta costruttrice al sito osservativo, funzionasse ancora come previsto.

Altrettanto importante si preannuncia la partecipazione dell’Inaf alla campagna scientifica del Vera Rubin, la Legacy Survey of Space and Time (Lsst), con inizio previsto all’inizio del 2025. «Oltre duecento ricercatori italiani hanno manifestato interesse a lavorare sui dati della survey», ricorda infatti Claudia M. Raiteri dell’Inaf di Torino, program manager della partecipazione italiana alla survey. «L’Inaf guida la partecipazione italiana a Rubin-Lsst, coordinata da Massimo Brescia dell’Università Federico II di Napoli, finanziando un programma di 23 contributi in-kind, che danno diritto a un centinaio di data right per ricercatori anziani e circa quattrocento data right per giovani ricercatori per tutti i dieci anni della survey».

Guarda il video della missione Inaf a Cerro Pachón dello scorso febbraio: