Di antimateria nell’universo ce n’è poca, pochissima, per quanto ne sappiamo. E quella poca che conosciamo è molto light: niente “antistelle” né “antipianeti”, almeno per ora, ma nemmeno atomi dal nucleo un po’ corposo come potrebbero essere quelli di antiferro o anticarbonio. Quando maneggiamo concretamente antimateria si tratta sempre di particelle leggerissime, perlopiù positroni – dunque particelle di massa pari a quella degli elettroni. In casi eccezionali si arriva ad atomi di anti-idrogeno e anti-elio. Ed è di questi giorni la scoperta dei più massicci ipernuclei di antimateria mai osservati: sedici particelle di anti-iperidrogeno-4 prodotte al Relativistic Heavy Ion Collider (Rhic) del Brookhaven National Laboratory di Long Island, negli Stati Uniti.
Formato da un anti-protone, due anti-neutroni e un anti-iperone lambda (gli iperoni sono barioni nei quali sono presenti quark strange, e quello lambda, in particolare, è formato da un quark up, uno down e uno strange), il nucleo di anti-iperidrogeno-4 descritto la scorsa settimana su Nature da un team guidato da ricercatori della Star Collaboration ha una vita brevissima, ma nei pochi centimetri che è riuscito a percorrere prima di decadere ha lasciato tracce sufficienti a individuarlo e caratterizzarlo.
«Dopo aver analizzato i dati sperimentali di circa 6,6 miliardi di eventi di collisione tra ioni pesanti», spiega Wu Junlin dell’Istituto di fisica moderna dell’Accademia cinese delle scienze, «abbiamo ricostruito l’anti-iperidrogeno-4 dai suoi prodotti di decadimento, l’anti-elio-4 e il mesone π+, e abbiamo identificato un segnale di circa sedici anti-iperidrogeno-4».
Un’impresa tutt’altro che semplice. Affinché il segnale di cui parla Wu sia rilevabile è infatti necessario che tutti e quattro gli ingredienti dell’anti-iperidrogeno-4 (l’anti-protone, i due anti-neutroni e l’anti-iperone lambda) vengano emessi dalla zuppa di quark e gluoni generata nelle collisioni all’interno di Rhic nel posto giusto, nella stessa direzione e al momento giusto per aggregarsi in uno stato temporaneamente legato.
«È solo grazie al caso che le quattro particelle costituenti emergono dalle collisioni di Rhic abbastanza vicine da potersi combinare e formare questo anti-ipernucleo», sottolinea Lijuan Ruan del Brookhaven National Laboratory, una delle co-spokespersons della Star Collaboration.
Sedici anti-iperidrogeno-4, dicevamo. O meglio, circa sedici. La ragione dell’incertezza sta nel fatto che si tratta di una stima. L’analisi dei segnali prodotti dalle collisioni ha infatti portato alla scoperta di 22 eventi candidati, con un conteggio di fondo stimato a 6,4. «Questo significa che circa sei di quelli che sembrano decadimenti dell’anti-iperidrogeno-4 potrebbero essere solo rumore casuale», spiega Emilie Duckworth, dottoranda alla Kent State University (Usa), responsabile della correttezza del software utilizzato per passare al vaglio gli eventi. Ecco così che, sottraendo ai 22 eventi candidati il rumore di fondo, gli autori dell’esperimento arrivano a concludere di aver rivelato circa 16 nuclei anti-iperidrogeno-4 effettivi.
Aver rivelato le particelle di anti-iperidrogeno-4 ha consentito di confrontarne il tempo di vita media con quello delle corrispondenti particelle di materia ordinaria, l’iperidrogeno-4, e anche con quello di un’altra coppia di ipernuclei, l’ipertritone e l’anti-ipertritone. In nessun caso sono emerse differenze significative.
Un risultato che conferma dunque la correttezza degli attuali modelli. «Se dovessimo osservare una violazione di questa particolare simmetria», dice infatti Duckworth, «in pratica dovremmo buttare alle ortiche molte delle nostre conoscenze sulla fisica». Il prossimo passo sarà la misura della differenza fra la massa delle antiparticelle e quella delle corrispondenti particelle.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Observation of the antimatter hypernucleus Λ¯ 4H¯”, della STAR Collaboration