IONI IN USCITA DALLA TERRA A VELOCITÀ SUPERSONICHE

Per mezzo volt, fuga dall’atmosfera

Rilevato per la prima volta il campo elettrico ambipolare della Terra, ipotizzato già dagli anni Sessanta ma non ancor confermato dalle osservazioni dirette. La missione Endurance della Nasa ha potuto misurare una variazione del potenziale elettrico di soli 0,55 volt, sufficienti per spiegare il “vento polare”, ovvero la fuga di particelle cariche dai poli. La scoperta è stata pubblicata su Nature

     02/09/2024

In blu il terzo campo globale fondamentale della Terra recentemente scoperto: il campo elettrico ambipolare. Crediti: Nasa/Conceptual Image Lab

A sessant’anni da quando era stato ipotizzato, è stato rilevato per la prima volta con successo – grazie alle osservazioni del razzo suborbitale della Nasa Endurance – il campo elettrico ambipolare della Terra. Si tratta di un campo elettrico debole, esteso a tutto il pianeta, ritenuto un fattore chiave per la sua evoluzione – in modi che ancora non sono del tutto chiari – e fondamentale quanto i campi gravitazionale e magnetico. Le misurazioni effettuate da Endurance hanno confermato la sua esistenza e ne hanno quantificato la forza, rivelando il suo ruolo chiave nei meccanismi di fuoriuscita di particelle dall’atmosfera e, più in generale, nella forma della ionosfera. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature mercoledì scorso.

Alla fine degli anni ’60, durante un sorvolo sui poli terrestri, alcuni satelliti avevano rilevato un flusso di particelle diretto dalla nostra atmosfera verso lo spazio esterno. Da allora si sono cercate spiegazioni dettagliate del fenomeno, che gli scienziati avevano nel frattempo chiamato “vento polare”. Ci si aspettava che la luce solare facesse fuoriuscire alcune particelle atmosferiche, come il vapore che evapora da una pentola d’acqua, ma quello che si osservava era un fenomeno diverso: molte particelle all’interno di questo flusso erano fredde, eppure viaggiavano a velocità supersonica.

«Qualcosa doveva attirare queste particelle fuori dall’atmosfera», dice Glyn Collinson, responsabile scientifico della missione Endurance al Nasa Goddard Space Flight Center e primo autore dello studio.

Il razzo Endurance lanciato da Ny-Ålesund, nelle Isole Svalbard (Norvegia). Crediti: Andøya Space/Leif Jonny Eilertsen

Era stata quindi ipotizzata la presenza di un campo elettrico molto debole generato su scala subatomica, con effetti talmente blandi da non essere percepibili con la tecnologia allora esistente. A partire dal 2016, ha preso vita il progetto di mettere a punto un nuovo strumento in grado di misurare del campo ambipolare della Terra. Il nome scelto per la missione è stato Endurance, in onore della nave che trasportò Ernest Shackleton nel suo famoso viaggio in Antartide del 1914,. Lo strumento è infatti pensato a un volo suborbitale lanciato dai poli, e in particolare dall’Artico – dal centro di lancio per razzi più settentrionale del mondo, che si trova nelle isole Svalbard, un arcipelago norvegese a poche centinaia di chilometri dal Polo Nord. «Le Svalbard sono l’unico posto al mondo da cui è possibile volare attraverso il vento polare ed effettuare le misurazioni di cui avevamo bisogno», spiega Suzie Imber dell’Università di Leicester (Regno Unito), coautrice dell’articolo.

Endurance è stato lanciato l’11 maggio 2022 e ha raggiunto un’altitudine massima di 768 chilometri, precipitando diciannove minuti dopo nel Mare di Groenlandia. Nell’arco dei 518 chilometri in cui ha raccolto i dati, Endurance ha misurato una variazione del potenziale elettrico di soli 0,55 volt. «Mezzo volt non è quasi nulla, è più o meno la tensione della batteria d’un orologio», dice Collinson. «Ma è la quantità giusta per spiegare il vento polare».

Tanto è bastato infatti per provare la presenza del campo elettrico ambipolare terrestre, in quanto gli ioni di idrogeno – il tipo di particella più abbondante nel vento polare – subiscono da parte di questo campo di forza una spinta verso l’esterno 10,6 volte più intensa della gravità. «Questa forza è più che sufficiente per contrastare la gravità, anzi, è sufficiente per lanciarli verso l’alto nello spazio a velocità supersonica», spiega Alex Glocer, scienziato del progetto Endurance al Goddard Space Flight Center della Nasa e coautore dell’articolo.

Quando i fotoni provenienti dal Sole si scontrano con i gas presenti in atmosfera, gli elettroni possono essere liberati. Quando gli atomi e le molecole perdono elettroni, si caricano positivamente, diventando ioni. Questo processo è noto come ionizzazione. Crediti: Nasa/Conceptual Image Lab

Non solo gli ioni di idrogeno ma anche quelli più pesanti, come gli ioni di ossigeno, ricevono una spinta sufficiente verso l’esterno, e questo fatto comporta che il campo ambipolare aumenti la cosiddetta “altezza di scala” della ionosfera di circa il 271 per cento, permettendo alla ionosfera di rimanere più densa ad altezze maggiori di quanto lo sarebbe in sua assenza, «come si ci fosse un nastro trasportatore che solleva l’atmosfera nello spazio», dice Collinson.

Come funziona effettivamente il campo elettrico ambipolare? I fotoni solari hanno un effetto ionizzante sulle particelle atmosferiche, ovvero causano negli atomi e nelle molecole la perdita di elettroni, conferendo loro una carica positiva. Mentre gli elettroni sono molto leggeri e possono essere facilmente spinti nello spazio da un campo elettrico anche debole, gli ioni positivi sono almeno 1836 volte più pesanti e tendono dunque a ricadere verso il suolo. Se la gravità fosse la sola protagonista in questo bilancio di forze, le due popolazioni, una volta separate, si allontanerebbero nel tempo. A causa delle loro cariche elettriche opposte, però, si forma un campo elettrico che le tiene unite, impedendo la separazione delle cariche e contrastando alcuni degli effetti della gravità.

Questa animazione mostra un insieme di particelle che sentono l’attrazione della gravità in competizione con quella degli elettroni eccitati. Crediti: Nasa/Conceptual Image Lab

Gli scienziati hanno ipotizzato che questo campo elettrico possa presentarsi a circa 250 chilometri di altitudine, dove gli atomi della nostra atmosfera si ionizzano., e che sia un campo elettrico bidirezionale o “ambipolare”, perché attivo in entrambe le direzioni. L’effetto netto del campo ambipolare è quello di estendere l’altezza dell’atmosfera, sollevando alcuni ioni ad un’altezza sufficiente per fuggire con il vento polare.

La scoperta si rivela preziosa non solo per la comprensione dell’evoluzione dell’atmosfera terrestre e della storia del nostro pianeta ma anche di alcuni aspetti ancora non compresi relativi ad altri pianeti, utili per esempio a determinare quali potrebbero essere ospitali per la vita. «Ogni pianeta con un’atmosfera dovrebbe avere un campo ambipolare», conclude Collinson. «Ora che finalmente lo abbiamo misurato, possiamo iniziare a capire come ha modellato il nostro e altri pianeti nel corso del tempo».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Earth’s ambipolar electrostatic field and its role in ion escape to space”, di Glyn A. Collinson, Alex Glocer, Robert Pfaff, Aroh Barjatya, Rachel Conway, Aaron Breneman, James Clemmons, Francis Eparvier, Robert Michell, David Mitchell, Suzie Imber, Hassanali Akbari, Lance Davis, Andrew Kavanagh, Ellen Robertson, Diana Swanson, Shaosui Xu, Jacob Miller, Timothy Cameron, Dennis Chornay, Paulo Uribe, Long Nguyen, Robert Clayton, Nathan Graves, Shantanab Debchoudhury, Henry Valentine, Ahmed Ghalib e il team della missione Endurance