Si tiene in questi giorni, nella capitale canadese, la 43esima assemblea generale della Scientific Instrument Commission (Sic), una commissione internazionale afferente alla Division of History of Science and Technology (Dhst), parte dell’International Union of History and Philosophy of Science and Technology (Iuphst), organizzazione che, a sua volta, è un’emanazione dell’Unesco. E oggi, venerdì 19 settembre, durante l’assemblea generale, verrà ufficializzata la nomina a presidente della Sic di Ileana Chinnici, ricercatrice dell’Inaf di Palermo. Ruolo che ricoprirà dal 2025 e fino al 2029.
Per promuovere l’interesse per la storia degli strumenti scientifici e far progredire la ricerca, la commissione organizza simposi annuali in diverse parti del mondo, come l’edizione del 2023, che si è tenuta proprio a Palermo, con il tema Through ages, cultures, concepts: instruments in collections, books, archives, e che ha affrontato argomenti quali il multiculturalismo, caratteristica identitaria del capoluogo siciliano.
Fin dal 1952, anno della sua fondazione, la Sic si occupa di preservare e valorizzare le collezioni di strumenti scientifici che hanno fatto la storia della ricerca astronomica custoditi negli storici osservatori astronomici, ma non solo. Rientrano nelle collezioni tutelate e valorizzate dalla commissione, infatti, anche sismografi, strumenti meteorologici, strumenti di fisica, di topografia, ma anche preziosi strumenti per la didattica dell’astronomia come rari globi celesti e terrestri, i planetari o le sfere armillari per lo studio delle meccaniche celesti. Tutti manufatti resi obsoleti nel tempo dal progresso scientifico, e che una volta in disuso venivano spesso abbandonati al degrado. Come spiega a Media Inaf Ileana Chinnici, intervistata in occasione della sua nomina.
Perché studiare gli strumenti scientifici storici?
«Oggi finalmente si è compreso che gli strumenti scientifici storici sono beni culturali a tutti gli effetti e vanno preservati come tali. La Sic incoraggia l’utilizzo di queste collezioni per ricerche nel campo della storia della scienza, in genere presentate durante il proprio simposio annuale».
Cosa rappresenta per lei questa nomina?
«Per me è una responsabilità di cui avverto l’onore e l’onere. Molti dei miei predecessori sono stati autorità indiscusse e persone di riferimento in questo campo, ed è facile sentirsi inadeguati al confronto, ma so che posso contare sul loro luminoso esempio come fonte di ispirazione per svolgere al meglio questo servizio. L’essere poi la prima italiana e ricoprire questo ruolo mi sembra anche un riconoscimento all’impegno profuso dal nostro Paese nel riordino di queste collezioni nelle università, nelle scuole, nei laboratori. Certamente, nel 1995, quando partecipai al mio primo Sic Symposium, a Praga, da semplice borsista, presentando un poster (era la prima volta che partecipavo a un convegno internazionale), mai avrei pensato che un giorno avrei presieduto la Sic. Ma le radici di questo frutto sono proprio nel lavoro pionieristico fatto a Palermo sulla catalogazione degli strumenti dell’Osservatorio sotto la guida di Giorgia Foderà, dell’Università di Palermo. Da lei ho appreso la passione per gli strumenti scientifici storici che mi ha sempre accompagnato».
Quante persone fanno parte della commissione e di quali Paesi?
«La Sic ha una struttura molto flessibile e inclusiva. È sufficiente partecipare al simposio annuale per diventarne membri. L’anno scorso abbiamo avuto circa 200 partecipanti da 13 paesi di tutti i continenti. È preciso obiettivo della Sic allargare il più possibile la propria community e offrire uno spazio di confronto e di collaborazione sulle tematiche inerenti agli strumenti storici, al di là di possibili barriere geografiche, ideologiche e culturali, per preservare il patrimonio comune».
Quanti erano i candidati per la posizione di presidente?
«In teoria, ogni membro è un candidato eleggibile. Tuttavia, il board uscente in genere dà dei suggerimenti. Quando l’anno scorso il presidente uscente mi chiese la disponibilità a candidarmi, ho esitato, pensando che molti altri colleghi potevano svolgere questo servizio meglio di me. Poi però si è fatta la scelta di presentare una sola candidatura, votando tutto il board insieme. Con un unico voto, quindi, sono stati votati anche il segretario e la tesoriera. Trattandosi di colleghi che stimo molto, questo mi ha incoraggiato».
Quanti strumenti sono stati censiti e vengono tutelati dalla Sic?
«La Sic non si occupa di censire direttamente le collezioni, ma agisce su segnalazione dei propri membri o di altri. Quando c’è una collezione in pericolo o non valorizzata, interviene sollecitando le autorità competenti. L’anno scorso, ad esempio, è intervenuta nel caso della collezione di chimica dell’Università di Palermo raccomandando che fosse resa accessibile. Il Sistema museale di ateneo (Simua) ha recepito la raccomandazione e quest’anno la collezione ha un responsabile ed è visitabile su richiesta».
Qual è il suo strumento preferito e perché?
«Sono molto affezionata al telescopio equatoriale Merz di Palermo: è uno strumento che ha fatto la storia della fisica solare in Italia. L’ho studiato, ho collaborato al suo restauro che poneva delle problematiche concettuali molto interessanti. Tuttavia, se dovessi individuare una categoria di strumenti, direi che i miei preferiti sono gli spettroscopi, protagonisti della nascita dell’astrofisica. In cantiere, però, c’è attualmente uno studio sul Cerchio di Ramsden, la cui unicità e ruolo nella storia dell’astronomia [ndr: è lo strumento con cui venne scoperto Cerere 1801, il primo asteroide classificato nel 2006 dall’Iau come pianeta nano] ne fanno un oggetto di assoluto interesse, un capolavoro meccanico con soluzioni innovative rispetto alla tecnologia del tempo».