NUOVO TASSELLO NEL PUZZLE DELLE SORGENTI DI RAGGI COSMICI

Giovani ammassi stellari come acceleratori

Gli ammassi di stelle giovani sono in grado di accelerare le particelle cosmiche e produrre radiazione ad alta energia. È quanto emerge da uno studio, condotto sui dati raccolti dallo strumento Lat del telescopio spaziale Fermi e pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, guidato da Giada Peron e Giovanni Morlino dell’Istituto nazionale di astrofisica

     20/09/2024

La regione dell’ ammasso stellare Ngc 3603, visto in luce gamma (blu), nell’infrarosso (rosso). È facile notare che le stelle sono circondate da un complesso di gas, segnata da contorni bianchi (a regione HII). Crediti: Peron et al., ApJL, 2024

Gli ammassi di stelle giovani di grande massa sono in grado di accelerare le particelle cosmiche e produrre radiazione ad alta energia. La conferma arriva da uno studio guidato da ricercatori dell’Inaf di Arcetri, pubblicato questo mese su The Astrophysical Journal Letters, che mette in luce una forte correlazione tra le sorgenti gamma osservate dallo strumento Lat a bordo del telescopio spaziale Fermi della Nasa e le regioni di idrogeno ionizzato da giovani stelle massicce.

La radiazione gamma è la banda dello spettro elettromagnetico più estrema a cui abbiamo accesso, superando in energia anche i raggi X. La luce gamma – diversamente dalla radiazione caratteristica di altre frequenze, dall’infrarosso all’ultravioletto – viene prodotta dall’interazione nucleare di particelle altamente energetiche con il mezzo interstellare. Queste particelle, dopo essere state accelerate, viaggiano all’interno della nostra galassia arrivando fino a noi sulla Terra, dove sono note come raggi cosmici, la cui provenienza è uno degli enigmi più grandi dell’astrofisica delle alte energie. Studiare le sorgenti dei raggi gamma serve anche a capire quale sia l’origine dei raggi cosmici.

Gli ammassi stellari, nelle prime fasi della loro vita, si trovano racchiusi nel “nido” di gas e polvere interstellare dal quale si formano, e considerato che il gas che li racchiude è molto denso, le sue stelle non sono osservabili nella banda visibile dello spettro elettromagnetico. Poiché però la luce delle stelle viene assorbita dal gas e dalla polvere, la possiamo osservare come una bolla di luce infrarossa, nota come regione H II, che di fatto fa da tracciatore di stelle giovani e massicce spesso altrimenti invisibili.

Nonostante la correlazione tra gli ammassi stellari e i raggi cosmici non sia una novità, una chiara rilevazione dell’emissione di raggi gamma da questa classe di sorgenti è stata finora possibile solo in casi molto limitati. Questo fatto potrebbe essere dovuto a due motivi diversi: o perché gli ammassi stellari rilevabili sono solo una piccola frazione degli ammassi stellari galattici, o perché la frazione di quelli che emettono raggi gamma non sono riconosciuti come tali e quindi sono classificati come  sorgenti non identificate.

Il nuovo studio prende in considerazione proprio quest’ultimo scenario, mettendo a confronto i cataloghi disponibili di ammassi stellari e delle regioni H II ottenuti dalle osservazioni di due satelliti – l’europeo Gaia e Wise (Wide-field Infrared Survey Explorer) della Nasa – con i cataloghi di raggi gamma ricavati a partire dai dati raccolti da Fermi-Lat, sempre dallo spazio, e da terra dai telescopi Cherenkov Hess e dall’esperimento cinese Lhaaso (Large High Altitude Air Shower Observatory).

La correlazione tra questi cataloghi è stata poi confrontata con le simulazioni, da cui è emersa una forte correlazione tra le sorgenti non identificate di Fermi-Lat e le regioni H II. Proprio la giovane età degli ammassi porta ad escludere che la radiazione gamma sia dovuta alla presenza di resti supernove, che si originano dall’esplosione di stelle vecchie almeno tre milioni di anni. Escluse le supernove, l’unica altra fonte di energia è costituita dai venti delle stelle massicce che, producendo shock, possono accelerare particelle e produrre emissioni di raggi gamma almeno fino alle energie nell’ordine dei gigaelettronvolt (GeV).

Giada Peron, prima autrice dello studio pubblicato su ApJL sugli ammassi stellari come acceleratori di raggi cosmici. Crediti: Inaf

«Tra i telescopi gamma c’è Fermi-Lat, un satellite che ha individuato finora migliaia di sorgenti in tutto il cielo. Tra queste troviamo resti di supernove e stelle di neutroni, note sorgenti di raggi cosmici che però da sole non bastano a spiegare tutte le proprietà che misuriamo dei raggi cosmici», spiega la prima autrice dello studio, Giada Peron dell’Inaf di Arcetri. «Allo stesso tempo, la maggior parte delle sorgenti individuate da Fermi-Lat non non sono associate a sorgenti note e per questo motivo abbiamo cercato di andare oltre le sorgenti “classiche” di raggi gamma, concentrandoci sugli ammassi stellari. Abbiamo cercato quindi se ci fosse una correlazione tra sorgenti gamma non identificate di Fermi-Lat e giovani ammassi stellari, producendo un risultato positivo», sottolinea la ricercatrice. «Il nostro studio rivela che 138 sorgenti Fermi (circa il sette per cento) sono potenzialmente connesse a giovani ammassi stellari in regioni H II».

«Dal punto di vista teorico ci aspettavamo che gli ammassi stellari fossero in grado di accelerare particelle, perché questi producono forti venti che creano le condizioni ideali per avere onde d’urto in grado di accelerare le particelle», aggiunge Giovanni Morlino dell’Inaf di Arcetri, coautore dello studio. «Dal punto di vista osservativo, però, si conoscono ancora pochi ammassi brillanti in banda gamma nonostante questi oggetti siano molto numerosi nella nostra galassia (se ne stimano migliaia). La maggior parte degli studi però si è concentrata sugli ammassi visibili nell’ottico, mentre gli ammassi giovanissimi sono nascosti dentro le nubi H II. La grande novità è stata proprio quella di cercare le controparti delle sorgenti gamma dalla popolazione di regioni H II piuttosto che dalle stelle».

«L’interesse per gli ammassi stellari che emettono raggi gamma», ricorda Morlino, «è aumentato enormemente nella nostra comunità negli ultimi anni dopo che sono stati proposti come importanti acceleratori dei raggi cosmici galattici, secondi solo ai resti di supernova». I resti di supernova sono infatti considerati finora i principali acceleratori di raggi cosmici galattici, sia per la frequenza di esplosione che per l’energia rilasciata. Tuttavia, non sembrano in grado di coprire tutte le proprietà osservate dei raggi cosmici, sia dal punto di vista della distribuzione energetica – la massima energia raggiunta dall’accelerazione in resti di supernova è più bassa di quella che si osserva nei raggi cosmici – sia dal punto di vista della composizione chimica, perché tra i raggi cosmici sono stati rilevati elementi che non sono prodotti solitamente nelle supernove, ma sono invece abbondanti nei venti stellari.

«Alcuni studi pilota indicano che la frazione di raggi cosmici prodotti da venti stellari si aggira tra l’uno e il sedici per cento, una frazione piccola ma sufficiente a compensare le anomalie di composizione chimica osservate. Tutto questo però ha bisogno di conferme dalle osservazioni», conclude Peron,«e le osservazioni gamma sono una prova diretta» .

Per saperne di più: