GLI INSEDIAMENTI LUNARI O MARZIANI NON SONO ADATTI AI CARNIVORI

Verdure spaziali per coloni interplanetari

Con il consenso dell'autrice, Patrizia Caraveo, vi riproponiamo questa recensione apparsa sul Sole24Ore del libro di Stefania De Pascale “Piantare patate su Marte”, con un commento sul ruolo determinante che avrà la coltivazione in situ di piante per le future missioni spaziali di lunga durata

     30/09/2024

Stefania De Pascale,
“Piantare patate su Marte. Il lungo viaggio dell’agricoltura”, Aboca 2024, 161 pagine. 19,50 euro

Chissà se quando Elon Musk dice che entro 20 anni ci dovranno essere insediamenti umani su Marte si è posto il problema di cosa mangeranno i coloni spaziali. La questione è complicata e ne abbiamo un quadro molto chiaro nel libro Piantare patate su Marte di Stefania De Pascale. Il titolo evoca il famoso film tratto dal romanzo The Martian dove il protagonista, abbandonato per errore su Marte, decide che la sua unica possibilità di sopravvivere fino a una futura missione di salvataggio consiste nel piantare (e fare crescere) le patate che avrebbero dovuto essere usate per festeggiare il giorno del ringraziamento. Mentre The Martian racconta una storia realistica, ma immaginaria, l’autrice sottolinea che “i futuri coloni di Marte saranno astronauti-agricoltori e, principalmente, vegetariani”.

Tuttavia, prima di porsi il problema di coltivare il cibo su Marte, occorre organizzarsi per sopravvivere al lungo viaggio. Visto che non siamo in grado di trasportare il bagaglio di cibo, acqua e aria per permettere a un equipaggio di arrivare a Marte, bisogna produrre cibo riciclando e rigenerando aria e acqua. Un compito che può essere assolto dalle piante che possono rigenerare l’aria, purificare l’acqua, produrre cibo fresco, aiutare a gestire gli scarti, ma anche alleviare lo stress. Le piante, infatti, sono parte del nostro ambiente naturale e la loro presenza mitiga lo stress psicologico delle lunghe missioni.

In effetti, l’importanza di fare crescere vegetali nello spazio è stata chiara fino dall’inizio del volo umano e i primi a porsi il problema furono i sovietici, che nel 1969 iniziarono a fare esperimenti per capire come potesse avvenire la germinazione in microgravità. Gli esperimenti continuarono negli anni ’70 con la stazione Salyut, ma la svolta avvenne con lo Skylab americano, dove gli astronauti riuscirono a fare crescere lattuga a rapanelli.  Negli anni ’90 la stazione sovietica Mir aveva una piccola serra che sulla Iss si è trasformata nella salad machine. A partire dal 2005 il gruppo di ricerca dell’autrice realizza esperimenti in orbita grazie al supporto dell’Agenzia spaziale italiana. Nel 2017, durante la missione Vita di Paolo Nespoli, AstroPaolo ha partecipato all’esperimento Multitrop per capire come diversi agenti fisici o chimici orientino la crescita delle radici. Produrre vegetali in orbita non è un esercizio accademico ma piuttosto una necessità, perché è l’unico modo di avere verdura fresca in un luogo dove non ci sono supermercati e i voli di rifornimento sono in numero limitato. Viste le tempistiche, il cibo deve essere termostabilizzato con una durata di almeno due anni. In media i rifornimenti arrivano ogni tre mesi con un cargo da 2,5 tonnellate che trasporta cibo, acqua e vestiti e pezzi di ricambio. Il costo del trasporto è di decine di migliaia di euro per ogni kg, quindi è evidente la necessità di riciclare quanto più possibile, instaurando un esempio di economia circolare dove i rifiuti diventano una risorsa.

Se la gestione della dispensa appare non facile sulla stazione spaziale in orbita intorno alla Terra, assicurare nutrimento agli astronauti negli insediamenti lunari o marziani diventerà molto più difficile.

Diversamente da quanto succede per la Stazione spaziale internazionale, colonie sulla Luna o su Marte devono essere veramente autonome, capaci di produrre il cibo necessario alla sopravvivenza potendo contare su scorte che non scadano nel corso del lungo viaggio. Per andare più lontano, occorre aumentare la durata del cibo senza compromettere le proprietà nutritive e, quando possibile, mantenere il sapore.

Per produrre cibo fresco occorrerà costruire serre che forniscano alle piante un ambiente illuminato nel quale crescere con una temperatura controllata e acqua, perché certamente si sfrutteranno le tecniche idroponiche. Le serre devono essere protette dalle meteoriti, grandi e piccole, che non bruciano nel vuoto lunare e nemmeno nella tenue atmosfera di Marte, ma anche dalle radiazioni cosmiche, che non vengono deviate dal campo magnetico come succede sulla Terra. I vegetali prodotti saranno fondamentali nella dieta degli esploratori.

Morale: viaggi e colonie interplanetarie non sono adatti a carnivori. Un messaggio che trova applicazione anche sulla Terra, dove le piante avranno un ruolo determinante nella ricerca di possibili soluzioni per una crescita sostenibile. Senza contare che le lezioni di economia circolare che impariamo dallo spazio possono essere di grande utilità anche a casa.