POTREBBERO ESSERE ALL’ORIGINE DEI FULMINI

Sondando il mistero dei raggi gamma nei temporali

Lampi gamma terrestri, bagliori gamma e ora anche lampi gamma “tremolanti”: tre diversi fenomeni ad altissima energia – i primi due già noti, il terzo scoperto solo ora, e ritenuto l'anello di congiunzione fra gli altri due – rilevati e studiati durante una campagna condotta ad alta quota a bordo di un aereo nell'estate del 2023. I risultati in due studi su Nature, uno dei quali guidato dall'italiano Martino Marisaldi

     03/10/2024

Rappresentazione artistica dell’aereo della Nasa che sorvola le nuvole illuminate dai raggi gamma nei Caraibi durante la campagna di volo del luglio 2023. Crediti: UiB/Mount Visual

L’emissione di raggi gamma dalle nubi temporalesche è molto più complessa, varia e dinamica di quanto si pensasse in precedenza. È quanto emerge da due studi pubblicati ieri su Nature guidati entrambi da due fisici dell’Università di Bergen (Norvegia), uno dei quali – l’italiano Martino Marisaldi – è anche associato all’Istituto nazionale di astrofisica. Fenomeni complessi, questi alla base dell’emissione di raggi gamma durante i temporali, e fondamentali per indagare processi in parte ancora non compresi all’origine dei fulmini.

Fino a oggi erano due i fenomeni d’emissione ad altissima energia rilevati durante i temporali: i lampi di raggi gamma terrestri (Tgf, dall’inglese terrestrial gamma-ray flash) e i bagliori di raggi gamma (gamma glows, in inglese). Lo studio guidato da Nikolai Østgaard riporta ora l’osservazione di un terzo tipo di emissione – una sorta di lampi di raggi gamma “tremolanti” (Fgf, dall’inglese flickering gamma-ray flashes), brevi impulsi prodotti in un intervallo dai 20 ai 250 millisecondi – che potrebbe rappresentare, dice Østgaard, «l’anello mancante tra i Tgf e i bagliori gamma, la cui assenza ha lasciato perplessa la comunità dell’elettricità atmosferica per due decenni».

La scoperta è stata resa possibile dai dati raccolti dalla campagna osservativa Aloft (Airborne Lightning Observatory for Fegs and Tgfs): dieci missioni condotte nell’estate del 2023 a bordo di un aereo Er-2 della Nasa, opportunamente equipaggiato con strumentazione scientifica per la rilevazione di raggi gamma e campi elettrici, volando ad alta quota al di sopra di altrettanti temporali tropicali sui Caraibi e in America Centrale. Missioni nel corso delle quali sono stati registrati 96 Tgf, 10 bagliori gamma e 24 di questi inediti lampi tremolanti – gli Fgf, appunto. Oltre alla durata dei singoli impulsi, che li colloca a metà strada fra i brevissimi Tgf e i più lunghi bagliori gamma, gli Fgf si caratterizzano per l’assenza di qualsivoglia associazione con segnali ottici o radio rilevabili.

Nikolai Østgaard (a sx) e Martino Marisaldi (a dx), primi autori dei due studi, entrambi professori all’Università di Bergen. Al centro, uno dei due aerei Airborne Science Er-2 gestiti dalla Nasa a scopo scientifico (crediti: Nasa/Carla Thomas)

Risultati inattesi emergono anche dal secondo studio, quello guidato da Marisaldi. A sorprendere gli scienziati, in questo caso, è stato osservare come, contrariamente a quanto ritenuto finora, le nubi temporalesche tropicali al di sopra dell’oceano e delle regioni costiere emettano comunemente raggi gamma per ore, e su aree che si estendono fino a qualche migliaio di chilometri quadrati.

«In precedenza si riteneva che questi fenomeni di alta energia fossero relativamente rari, quasi solo delle curiosità», ricorda Marisaldi a Media Inaf. «Ora sappiamo che sono molto frequenti, almeno negli intensi sistemi temporaleschi tropicali, e intrinsecamente connessi ai processi di carica e scarica delle nubi. Un’affascinante ipotesi che stiamo considerando è che siano uno degli elementi che facilitano o addirittura causano i fulmini, la cui origine è tuttora un mistero. Questo sarebbe un cambio di paradigma rispetto all’interpretazione corrente che vede i Tgf, almeno quelli più brillanti osservabili dallo spazio, associati a fulmini già sviluppati e in fase di propagazione».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Flickering gamma-ray flashes, the missing link between gamma glows and TGFs”, di N. Østgaard, A. Mezentsev, M. Marisaldi, J. E. Grove, M. Quick, H. Christian, S. Cummer, M. Pazos, Y. Pu, M. Stanley, D. Sarria, T. Lang, C. Schultz, R. Blakeslee, I. Adams, R. Kroodsma, G. Heymsfield, N. Lehtinen, K. Ullaland, S. Yang, B. Hasan Qureshi, J. Søndergaard, B. Husa, D. Walker, D. Shy, M. Bateman, P. Bitzer, M. Fullekrug, M. Cohen, J. Montanya, C. Younes, O. van der Velde, P. Krehbiel, J. A. Roncancio, J. A. Lopez, M. Urbani, A. Santos e D. Mach
  • Leggi su Nature l’articolo “Highly dynamic gamma-ray emissions are common in tropical thunderclouds”, di M. Marisaldi, N. Østgaard, A. Mezentsev, T. Lang, J. E. Grove, D. Shy, G. M. Heymsfield, P. Krehbiel, R. J. Thomas, M. Stanley, D. Sarria, C. Schultz, R. Blakeslee, M. G. Quick, H. Christian, I. Adams, R. Kroodsma, N. Lehtinen, K. Ullaland, S. Yang, B. Hasan Qureshi, J. Søndergaard, B. Husa, D. Walker, M. Bateman, D. Mach, S. Cummer, M. Pazos, Y. Pu, P. Bitzer, M. Fullekrug, M. Cohen, J. Montanya, C. Younes, O. van der Velde, J. A. Roncancio, J. A. Lopez, M. Urbani e A. Santos