Le nane brune sono state per decenni l’anello mancante tra i pianeti e le stelle: si ipotizzava esistessero, ma nessuno le aveva mai osservate. Troppo grandi per essere considerati pianeti e troppo piccoli per essere vere e proprie stelle, questi ipotetici corpi furono chiamati inizialmente stelle nere o stelle infrarosse. Successivamente, nel 1975, l’astrofisica Jill C. Tarter le ribattezzò “nane brune”. Il nome è un po’ fuorviante: una nana bruna appare infatti rossa, non marrone, ma il nome “nana rossa” era già stato preso per descrivere stelle con meno della metà della massa del Sole. La ricerca intensiva di questi corpi iniziò negli anni ’80, ma fu solo negli anni ‘90 che gli astronomi trovarono la prima prova indiscussa della loro esistenza, scoprendo il capostipite di questa classe di oggetti celesti: Gliese 229B.
Scoperta nelle immagini del telescopio da 1,5 metri dell’Osservatorio di Palomar nel 1994 e confermata dal telescopio spaziale Hubble nel 1995, Gliese 229B è leggermente più piccola di Giove, ma dieci volte più calda e circa 70 volte più massiccia. Inoltre, è legata gravitazionalmente alla nana rossa Gliese 229A, dalla quale dista più di sei miliardi di chilometri. Da quando è stata scoperta, la “stella fallita” – come vengono anche chiamati questi oggetti – è stata ampiamente studiata. Ciò nonostante, sul suo conto esiste ancora un mistero legato alla luminosità dell’oggetto: è infatti troppo flebile per essere così massiccio.
Un team di ricercatori guidato dal Caltech ha ora risolto il dilemma: quella che fino a oggi si credeva fosse un solo oggetto celeste in realtà è un sistema costituito due nane brune compagne, dal peso di 38 e 34 masse gioviane, che orbitano l’una intorno all’altra ogni 12 giorni. Close binary: è così che gli addetti ai lavori chiamano in gergo questi sistemi.
«Gliese 229B è stata considerata l’emblema delle nane brune», sottolinea Jerry Xuan, ricercatore al California Institute of Tecnology e primo autore dello studio, pubblicato ieri su Nature, che riporta i risultati della scoperta. «Finora non siamo stati in grado di risolvere oggetti così ravvicinati. Ora sappiamo che ci siamo sempre sbagliati sulla sua natura: non è una nana bruna, ma sono due».
«La scoperta che Gliese 229B è una binaria non solo risolve le incongruenze osservate tra la sua massa e la luminosità, ma approfondisce notevolmente la nostra comprensione delle nane brune, oggetti che si trovano a metà strada tra le stelle e i pianeti giganti», aggiunge Dimitri Mawet, ricercatore al Jpl e co-autore della pubblicazione.
Per risolvere i due oggetti, i ricercatori hanno utilizzato due strumenti diversi, entrambi installati all’Osservatorio Paranal dell’Eso, in Cile. Il primo è lo strumento Gravity, un interferometro che combina la luce dei quattro telescopi che formano il Very Large Telescope, una struttura di punta per l’astronomia da terra. Lo strumento fornisce immagini con una risoluzione di quattro milli-arcosecondi e può misurare le posizioni e i movimenti di stelle e altri oggetti celesti con una precisione di alcune decine di micro-arcosecondi. Il suo utilizzo è stato fondamentale per risolvere spazialmente i due oggetti. L’altro strumento è Crires+, uno spettrografo ad alta risoluzione, che ha permesso di rilevare le firme spettrali distinte dei due oggetti celesti.
Le osservazioni, condotte dai ricercatori nell’arco di sei mesi, hanno permesso di calcolare che la coppia di nane brune, ora chiamate Gliese 229Ba e Gliese 229Bb, orbitano l’una intorno all’altra ogni 12 giorni. La distanza che le separa è di circa 6 milioni di chilometri, 16 volte la distanza che separa la Terra dalla Luna. Insieme, orbitano intorno a nana rossa Gliese 229A ogni 250 anni.
«Questa è la scoperta più interessante e affascinante degli ultimi decenni nel campo dell’astrofisica sub-stellare», dice Rebecca Oppenheimer, astrofisica all’American Museum of Natural History, co-autrice della pubblicazione e componente del team che nel 1995 scoprì Gliese 229B. «Questi due mondi che si orbitano a vicenda hanno un raggio inferiore a quello di Giove», aggiunge la ricercatrice. «Se nel Sistema solare avessimo qualcosa di simile, sembrerebbero piuttosto strani».
La domanda alla quale vogliono rispondere adesso i ricercatori riguarda la formazione di simili coppie di nane brune. Una possibilità è che si formino dalla frammentazione in due pezzi del disco di materia che circonda le stelle in formazione. Le due parti potrebbero fungere da semi di nane brune che, una volta formate, si legherebbero gravitazionalmente dopo un incontro ravvicinato.
«Il fatto che la prima nana bruna conosciuta sia un sistema binario di nane brune è di buon auspicio per gli sforzi in corso volti a trovarne altre», conclude Xuan.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “The cool brown dwarf Gliese 229 B is a close binary” di Jerry W. Xuan, A. Mérand, W. Thompson, Y. Zhang, S. Lacour, D. Blakely, D. Mawet, R. Oppenheimer, J. Kammerer, K. Batygin, A. Sanghi, J. Wang, J.-B. Ruffio, M. C. Liu, H. Knutson, W. Brandner, A. Burgasser, E. Rickman, R. Bowens-Rubin, M. Salama, W. Balmer, S. Blunt, G. Bourdarot, P. Caselli, G. Chauvin, R. Davies, A. Drescher, A. Eckart, F. Eisenhauer, M. Fabricius, H. Feuchtgruber, G. Finger, N. M. Förster Schreiber, P. Garcia, R. Genzel, S. Gillessen, S. Grant, M. Hartl, F. Haußmann, T. Henning, S. Hinkley, S. F. Hönig, M. Horrobin, M. Houllé, M. Janson, P. Kervella, Q. Kral, L. Kreidberg, J.-B. Le Bouquin, D. Lutz, F. Mang, G.-D. Marleau, F. Millour, N. More, M. Nowak, T. Ott, G. Otten, T. Paumard, S. Rabien, C. Rau, D. C. Ribeiro, M. Sadun Bordoni, J. Sauter, J. Shangguan, T. T. Shimizu, C. Sykes, A. Soulain, S. Spezzano, C. Straubmeier, T. Stolker, E. Sturm, M. Subroweit, L. J. Tacconi, E. F. van Dishoeck, A. Vigan, F. Widmann, E. Wieprecht, T. O. Winterhalder e J. Woillez