PRESENTATO ALL’AMERICAN COLLEGE OF SURGEON CLINICAL CONGRESS

Nuove frontiere dell’ingegneria medica sulla Iss

È quasi pronto al lancio un esperimento di rigenerazione di tessuti epatici in microgravità. Sviluppato in un laboratorio dell’Università della California, porterà sulla Stazione spaziale internazionale un nuovo bioreattore sul quale verranno fatte crescere cellule staminali pluripotenti indotte. Il team sta studiando anche nuovi metodi di crioconservazione per riportare i tessuti sulla Terra senza alterarli

     21/10/2024

Quattro bioreattori “Tissue Orb” brevettati all’interno di un hardware per il volo spaziale. Questa configurazione sarà lanciata nello spazio e installata nella Stazione spaziale internazionale durante il primo esperimento di volo nel febbraio 2025. Crediti: Tammy T. Chang

L’ingegneria tissutale e la rigenerazione degli organi sono il futuro della pratica chirurgica. In particolare, la generazione di nuovi tessuti a partire da cellule staminali pluripotenti potrebbe, in alcuni casi, diventare una soluzione alternativa al trapianto o consentire l’impianto di organi ingegnerizzati ex vivo. Questo il riassunto di quanto scrive, a proposito del proprio lavoro di ricerca, Tammy T. Chang, professoressa di chirurgia al Chang Laboratory for Liver Tissue Engineering della University of California, San Francisco. In questi giorni, all’American College of Surgeons Clinical Congress 2024, Chang sta presentando il progetto di nuovi test di laboratorio che potrebbero segnare una svolta nel settore. Il laboratorio in questione, però, non è il suo, ma quello della Stazione spaziale internazionale (International Space Station, Iss), in cui Chang e il suo gruppo intendono sfruttare la microgravità far crescere nuove cellule epatiche superando alcuni limiti imposti dai laboratori terrestri.

«I nostri risultati indicano che le condizioni di microgravità consentono lo sviluppo di tessuti epatici con una migliore differenziazione e funzionalità rispetto a quelli coltivati sulla Terra», dice Chang. «Questo rappresenta un passo fondamentale verso la creazione di impianti di tessuto epatico praticabili che potrebbero servire come alternativa o aggiunta ai trapianti di fegato tradizionali».

Gli esperimenti di autoassemblaggio di tessuto epatico già condotti da Chang in microgravità, così come quelli che verranno portati nella Iss, utilizzano cellule staminali pluripotenti indotte (induced pluripotent stem cells, ipsc). Queste cellule si creano a partire da cellule umane normali riprogrammate per agire come cellule staminali embrionali. Significa che le ipsc possono trasformarsi in molti tipi diversi di cellule. Nel caso specifico, queste cellule sono state fatte crescere in tessuti epatici in microgravità che funzionano come un fegato più piccolo e più semplice. A differenza dei metodi di ingegneria tissutale sulla Terra, che si basano su matrici esogene o piastre di coltura, la microgravità consente alle cellule di fluttuare liberamente e di organizzarsi in modo naturale, dando vita a tessuti fisiologicamente più accurati. Non solo, l’uso di matrici artificiali per fornire una struttura su cui far crescere le cellule porta con sé dei lati negativi, perché l’introduzione di materiali esterni può alterare la funzione cellulare.

Per far crescere queste cellule in microgravità sulla Iss, il team di Chang ha sviluppato un bioreattore ad hoc, chiamato “Tissue Orb”, progettato proprio per facilitare l’autoassemblaggio dei tessuti nell’ambiente senza peso dello spazio. Il bioreattore è dotato di un vaso sanguigno artificiale e di uno scambio automatico di fluidi, per simulare il naturale processo di flusso sanguigno dei tessuti umani.

Immagine a immunofluorescenza di un organoide epatico derivato da cellule staminali pluripotenti indotte (ipsc) umane e sviluppato nel bioreattore “Tissue Orb”. Crediti: Tammy T. Chang

Una volta generati i nuovi tessuti epatici nello spazio, però, come si possono riportare in maniera sicura e senza alterarli sulla Terra? Anche su questo, ci sono degli avanzamenti.

Il bioreattore ideato dal team di ricerca include anche un metodo di crioconservazione innovativo per trasportare in modo sicuro i tessuti ingegnerizzati dallo spazio alla Terra. Si chiama superraffreddamento isocoro, e funziona mantenendo i tessuti al di sotto della temperatura di congelamento senza danneggiarli, prolungandone la durata di conservazione e potenzialmente applicabile anche a interi organi.

«Il nostro obiettivo è sviluppare tecniche di conservazione robuste che ci permettano di riportare i tessuti funzionali sulla Terra, dove potranno essere utilizzati per una serie di applicazioni biomediche, tra cui la modellazione di malattie, la sperimentazione di farmaci e, infine, l’impianto terapeutico», conclude Chang. Il lancio dell’esperimento spaziale del Laboratorio Chang è previsto per il febbraio 2025. Sentiremo sicuramente parlare degli esiti di questi esperimenti.

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