LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

Vecchia dentro, giovane fuori

Scoperta la più antica evidenza della modalità di crescita dall’interno verso l’esterno ("inside-out growth") in una galassia settecento milioni di anni dopo il Big Bang. A differenza delle zone centrali, caratterizzate da stelle più antiche, le regioni esterne della galassia sono ricche di stelle giovani e ospitano intensa attività di formazione stellare. La scoperta è stata realizzata con Webb dall’Università di Cambridge

     24/10/2024

Un fitto addensarsi di abitazioni nelle zone centrali che si fanno via via più rade nelle periferie. Grossomodo così appaiono le città quando le si osserva dal finestrino di un aeroplano. Eppure, tale parvenza non sarebbe una prerogativa dei grandi centri abitati. Anche certe galassie avrebbero un aspetto simile. A dircelo è un gruppo di astronomi guidato da William M. Baker e Sandro Tacchella dell’Università di Cambridge in Inghilterra. Il loro studio è uscito questo mese su Nature Astronomy.

I ricercatori, avvalendosi di immagini e spettri ottenuti con il telescopio spaziale James Webb, hanno studiato una galassia settecento milioni di anni dopo il Big Bang, che appare proprio così: densa nelle zone centrali e diffusa in quelle periferiche, con queste ultime che si stanno espandendo formando nuove stelle. Si tratterebbe dell’evidenza più antica di crescita dall’interno verso l’esterno (“inside-out growth”) per una galassia. Questa modalità di crescita, secondo la quale si formano prima le regioni centrali delle galassie e successivamente quelle più esterne, è prevista dai modelli teorici e grazie a Webb adesso è possibile osservarla direttamente. Conoscere come le galassie accrescono la loro massa nel corso del tempo cosmico è uno degli interrogativi centrali dell’astrofisica moderna.

Nell’universo di oggi le galassie crescono attraverso due modalità: l’accrescimento di gas dal mezzo intergalattico – ovvero il gas che si trova all’esterno delle galassie stesse – o attraverso la fusione con galassie più piccole. Se questi o altri meccanismi fossero già in atto nell’universo primordiale è una questione aperta sulla quale si spera di fare luce utilizzando i dati di Webb.

«La domanda su come le galassie evolvono nel corso del tempo è molto importante in astrofisica”, dice Tacchella, co-primo autore dell’articolo. «Abbiamo avuto una miriade di dati eccezionali per gli ultimi dieci milioni di anni e per le galassie nel nostro angolo di universo, ma ora con Webb possiamo ottenere dati osservativi di miliardi di anni fa, che testimoniano il primo miliardo di anni della storia cosmica, aprendo nuove domande di ogni sorta». La galassia, denominata Jades-Gs+53.18343−27.79097, è stata osservata nell’ambito del programma Jwst Advanced Extragalactic Survey (Jades). Interpretando la luce da essa prodotta con opportuni modelli è stato possibile vincolare le età delle popolazioni stellari, che risultano più vecchie nelle zone nucleari a differenza delle regioni esterne, che ospitano stelle giovani disposte in un disco e un’intensa attività di formazione stellare. «Una delle tante ragioni per cui Webb è così rivoluzionario per noi astronomi è che ora siamo in grado di osservare ciò che prima era stato previsto dai modelli», afferma Baker, l’altro co-primo autore dell’articolo e studente di dottorato presso il Cavendish Laboratory di Cambridge. «È come poter controllare i compiti a casa.»

Confronto fra una galassia ellittica attuale (a sinistra) e la galassia protagonista della scoperta, nel riquadro. Crediti: Jades collaboration

La galassia in questione sarebbe dieci volte più piccola della Via Lattea ma tremendamente più attiva. I ricercatori hanno stimato infatti che, al ritmo forsennato con cui le regioni più esterne stanno formando stelle, Jades-Gs+53.18343−27.79097 raddoppierebbe la massa stellare delle regioni periferiche ogni dieci milioni di anni – per fare un confronto, la Via Lattea ha bisogno di dieci miliardi di anni per duplicare la sua massa. Inoltre, si ritiene che sia estremamente compatta, con una densità simile a quella delle galassie ellittiche attuali, che però hanno un numero di stelle mille volte maggiore. Che cosa può dirci lo studio dettagliato di una galassia rispetto ai meccanismi evolutivi delle galassie nell’universo primordiale? «Certamente questa è una sola galassia, perciò abbiamo bisogno di sapere cosa stavano facendo le altre galassie della stessa epoca», conclude Tacchella. «Se tutte le galassie erano come questa? Stiamo analizzando ora dati simili di altre galassie. Guardando galassie diverse nel corso della storia cosmica, potremmo riuscire a ricostruire il ciclo di crescita delle galassie e dimostrare come esse raggiungono le loro dimensioni attuali».

Per saperne di più: 

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A core in a star-forming disc as evidence of inside-out growth in the early Universe” di  William M. Baker, Sandro Tacchella, Benjamin D. Johnson, Erica Nelson, Katherine A. Suess, Francesco D’Eugenio, Mirko Curti, Anna de Graaff, Zhiyuan Ji, Roberto Maiolino, Brant Robertson, Jan Scholtz, Stacey Alberts, Santiago Arribas, Kristan Boyett, Andrew J. Bunker, Stefano Carniani, Stephane Charlot, Zuyi Chen, Jacopo Chevallard, Emma Curtis-Lake, A. Lola Danhaive, Christa DeCoursey, Eiichi Egami, Daniel J. Eisenstein, et al.