LO STUDIO È PUBBLICATO SU NATURE

Non si finisce mai di conoscere un buco nero

La prima scoperta di un buco nero triplo viene da una vecchia conoscenza: il buco nero V404 Cygni, a circa ottomila anni luce dalla Terra. Le due compagne sono stelle, la più vicina (e già nota) delle quali sta lentamente cedendo massa al buco nero e spiraleggiando sempre più vicino ad esso; la seconda, invece, nuova scoperta del sistema, impiega 70mila anni a compiere la sua orbita

     25/10/2024

Rappresentazione artistica del sistema binario V404 Cygni, con una terza stella sullo sfondo. Crediti: Jorge Lugo

Non si finisce mai di conoscere qualcuno… Quante volte abbiamo sentito dire questa frase. Nulla di più vero per un buco nero in particolare che è sempre stato considerato vivere in coppia, e che invece oggi – dopo più di trent’anni di conoscenza (la conferma della sua esistenza risale al 1992) e circa 1300 articoli pubblicati che lo riguardano – si scopre essere in un sistema triplo. E non è scoperta da poco, dato che sarebbe il primo nel suo genere. L’articolo che ne parla è stato pubblicato su Nature.

Buchi neri in coppia ce n’è una valanga. Questi sistemi binari comprendono un buco nero e un oggetto secondario – come una stella, una stella di neutroni o un altro buco nero – che ruotano a spirale l’uno intorno all’altro, attirati dalla gravità del buco nero a formare una stretta coppia orbitale. E così era conosciuto anche il buco nero V404 Cygni, a circa 8mila anni luce dalla Terra, circondato com’è da una piccola stella che gli orbita intorno ogni 6,5 giorni circa e che si sta lentamente arrendendo alla sua attrazione gravitazionale, cedendo materia ed emettendo un segnale luminoso inconfondibile.

Osservando alcune immagini d’archivio del sistema, però, Kevin Burdge – ricercatore al Dipartimento di fisica del Massachusetts Institute of Technology (Mit), a Cambridge negli Stati uniti, e primo autore dell’articolo – ha notato un secondo bagliore di luce poco distante e mai considerato in alcuno studio in precedenza. Si tratterebbe di una stella a 3500 unità astronomiche (Ua) di distanza dal buco nero. Considerando che un’unità astronomica è la distanza media tra la Terra e il Sole, ovvero circa 150 milioni di chilometri, la stella esterna si trova a una distanza dal buco nero pari a circa 100 volte la distanza tra Plutone e il Sole. Cento sistemi solari più in là, se si fa coincidere il confine del nostro sistema con l’ultimo dei corpi di dimensioni planetarie che orbitano attorno al Sole (confine che non ha senso di esistere, ma utile in questo caso come esercizio di immaginazione).

Vedere una stella nelle “vicinanze” di un buco nero, però, non basta. Per capire se sussista effettivamente una debole corda gravitazionale a unire i tre corpi gli autori hanno analizzato i moti delle stelle circostanti negli ultimi 10 anni usando i dati di Gaia, un satellite che dal 2014 traccia con precisione i moti di tutte le stelle della galassie. Hanno notato che le tre, negli ultimi dieci anni, sembrano proprio muoversi in tandem: difficilmente una coincidenza può durare così a lungo. La stella più esterna, anzi, orbiterebbe attorno al buco nero con un periodo di 70mila anni.

Ora, il fatto che il buco nero sembri avere una presa gravitazionale su un oggetto così lontano solleva ulteriori domande sulle origini del buco nero stesso. I buchi neri di origine stellare (non i buchi neri supermassicci al centro delle galassie, per intenderci) si formano in seguito alla violenta esplosione di una stella morente – un processo noto come supernova, in cui una stella rilascia un’enorme quantità di energia e luce in un’esplosione finale prima di collassare in un buco nero invisibile. L’energia rilasciata prima del collasso, però, è tale che difficilmente un oggetto che si trova in periferia, come la terza stella intorno a V404 Cygni, resiste. Viene piuttosto “soffiato via”. Un’ipotesi più verosimile circa la formazione di un sistema triplo con un buco nero al centro, invece, è il collasso diretto, un processo in cui una stella semplicemente si chiude su sé stessa, formando un buco nero senza esplosioni sceniche. Un’origine delicata, che difficilmente riuscirebbe a disturbare oggetti lontani ma comunque legati.

Burdge e colleghi hanno dunque effettuato decine di migliaia di simulazioni per vedere come un sistema triplo analogo a questo avrebbe potuto evolversi mantenendo la stella esterna. Le pedine di partenza di ogni simulazione sono tre stelle (une delle quali è il buco nero, prima di diventare tale). Ognuna delle simulazioni mette in scena un copione leggermente diverso su come la stella centrale avrebbe potuto diventare un buco nero, influenzando di conseguenza i moti delle altre due. Fra questi copioni, anche l’esplosione in una supernova e il collasso diretto di cui parlavamo prima. Fra tutti, lo scenario che funzionava meglio e più somigliava al sistema osservato era sempre quello che prevedeva il collasso diretto.

Infine, un’ultima domanda. Da quanto esiste questo sistema? Una domanda di difficile risposta, specie quando si ha a che fare con sistemi datati come quello in questione. La presenza della stella esterna ha aiutato anche in questo: sembrerebbe infatti in procinto di diventare una gigante rossa, una fase che si verifica alla fine della principale fase di vita di una stella, la sequenza principale. Una transizione, questa da stella di sequenza a gigante rossa, che ha consentito di determinarne un’età di circa 4 miliardi di anni. E dato che stelle vicine, appartenenti a una stessa popolazione stellare, sono nate più o meno tutte nello stesso periodo, si può affermare – concludono gli autori – che anche il triplo buco nero abbia 4 miliardi di anni.

«Non eravamo mai stati in grado di ottenere una stima d’età per un vecchio buco nero, prima d’ora», conclude Burdge. «Ora, grazie a questa scoperta, sappiamo che V404 Cygni fa parte di un sistema triplo, che potrebbe essersi formato per collasso diretto e che si è formato circa 4 miliardi di anni fa».

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