Ha avuto inizio negli stabilimenti dell’Airbus Defence and Space di Tolosa, in Francia, con l’assemblaggio del modello strutturale del veicolo spaziale, la fase di costruzione della sonda spaziale Ariel dell’Esa. Si tratta di un importante passo avanti per questa missione progettata per ispezionare meticolosamente le atmosfere di un migliaio di pianeti extrasolari e scoprirne la natura.
Nell’immagine qui a fianco vediamo il modello strutturale di Ariel in fase di assemblaggio nelle facilities di Airbus. È un modello che riproduce l’ossatura meccanica del veicolo spaziale e la massa delle sue varie unità per una prima batteria di test impegnativi. In particolare, il modello è costituito da due componenti principali: una replica simile al modello di volo del modulo di servizio (riquadro in basso a destra) e un mock-up meccanico semplificato del modulo del carico utile (riquadro in alto a destra). Lo scopo è imitare la struttura del veicolo spaziale, nel quale gli strumenti scientifici costituiscono il carico utile, mentre il modulo di servizio ospita i componenti essenziali per il funzionamento della sonda, dai propulsori ai sistemi di alimentazione e comunicazione.
L’obiettivo è ora quello di completare entro fine anno la campagna di test meccanici del modello strutturale del veicolo spaziale. Ciò garantirà che il progetto di Ariel sia conforme alle specifiche e in grado di sopportare le sollecitazioni meccaniche previste durante il lancio.
La fase di collaudo comprenderà campagne di test di vibrazione e acustici. Durante i test di vibrazione, il modello – collocato su un piano vibrante, detto “shaker” – subirà sollecitazioni meccaniche progressivamente sempre più intense. Nel corso dei test acustici, invece, il modello sarà collocato all’interno di una camera riverberante e “bombardato” con un rumore molto intenso, analogo a quello che subirà durante il lancio.
Questo modello strutturale sarà poi utilizzato anche per valutare la distribuzione dei carichi e per eseguire un primo test di “separazione e shock” utilizzando lo stesso sistema di montaggio che sarà impiegato per montare il veicolo spaziale a bordo del vettore Ariane 6.2 con il quale verrà lanciato verso il punto lagrangiano secondo (L2), a un milione e mezzo di km dalla Terra. Da lì Ariel osserverà in dettaglio le atmosfere di mondi remoti.
Il nostro Paese partecipa alla missione con due co-principal investigator, Giuseppina Micela e Pino Malaguti, entrambi dell’Inaf. Regno Unito e Italia sono i maggiori contributori al payload scientifico della missione.
«L’Italia fornisce il telescopio (incluso lo specchio primario ellittico di classe 1m, interamente in alluminio, che lavorerà in freddo) di concezione innovativa, l’Instrument Control Unit, il software a bordo, la Detector Control Unit del Fine Guidance System», spiega Micela. «Inoltre ha diverse responsabilità a livello di sistema fra cui l’architettura termica di sistema, il controllo dell’elettronica e il mission scientist. Ha anche il coordinamento del contributo del consorzio al segmento di terra. Contribuisce infine in modo significativo alla preparazione scientifica della missione con il coordinamento e la partecipazione a diversi working group».