POTREBBERO ESSERE AVVOLTI DA GALASSIE NASCOSTE DALLA POLVERE

Antichi quasar solitari dalle origini oscure

Un gruppo di astronomi ha analizzato le immagini di cinque antichi quasar riprese da Jwst tra agosto 2022 e giugno 2023. Alcuni di questi sembrano avere pochi vicini cosmici – sono quasar solitari, come li hanno definiti – e per questo stanno sollevando domande su come siano emersi per la prima volta più di 13 miliardi di anni fa. Tutti i dettagli su The Astrophysical Journal

     30/10/2024

Questa immagine, scattata dal telescopio spaziale James Webb della Nasa, mostra un antico quasar (cerchiato in rosso) con un numero di galassie vicine (sfere luminose) inferiore al previsto, sfidando la comprensione dei fisici su come si sono formati i primi quasar e i buchi neri supermassicci. Crediti: Christina Eilers/Eiger team

Un quasar è il nucleo estremamente luminoso di una galassia che ospita nel suo centro un buco nero supermassiccio attivo. Il gas e la polvere che circondano il buco nero, attirati dalla sua gravità, emettono un’enorme quantità di energia, rendendo i quasar tra gli oggetti più luminosi dell’universo. Questi incredibili oggetti sono stati osservati già qualche centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang, ed è tuttora un mistero come siano potuti diventare così luminosi e massicci in un lasso di tempo cosmico così breve. Secondo gli scienziati, i primi quasar sono nati da regioni eccessivamente dense di materia, che avrebbero prodotto anche molte altre galassie più piccole nell’ambiente circostante.

Tuttavia, in un nuovo studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (Mit), gli astronomi hanno osservato alcuni antichi quasar che sembrano essere sorprendentemente soli nell’universo primordiale. In particolare, hanno usato il James Webb Space Telescope (Jwst) della Nasa per scrutare indietro nel tempo, più di 13 miliardi di anni, per studiare i dintorni cosmici di cinque antichi quasar conosciuti, trovando una sorprendente varietà nei loro dintorni, o “campi di quasar”. Mentre alcuni quasar risiedono in campi molto affollati con più di cinquanta galassie vicine, come previsto da tutti i modelli, altri sembrano andare alla deriva nel vuoto cosmico, con solo poche galassie vaganti nelle loro vicinanze.

Questi quasar solitari stanno sfidando la comprensione dei fisici su come tali oggetti luminosi possano essersi formati così presto nell’universo, senza una fonte significativa di materia circostante per alimentare la crescita del loro buco nero. «Contrariamente a quanto si pensava in precedenza, abbiamo scoperto che in media questi quasar non si trovano necessariamente nelle regioni a più alta densità dell’universo primordiale. Alcuni di essi sembrano trovarsi nel bel mezzo del nulla», spiega Anna-Christina Eilers del Mit. «È difficile spiegare come questi quasar possano essere cresciuti così tanto se non sembrano avere nulla da cui alimentarsi».

C’è la possibilità che non siano così solitari come sembrano, ma siano invece circondati da galassie avvolte dalla polvere e quindi nascoste alla vista. Eilers e i suoi colleghi sperano di mettere a punto le loro osservazioni per cercare di vedere attraverso la polvere cosmica, al fine di capire come i quasar siano cresciuti così tanto e così velocemente nell’universo primordiale. Intanto, hanno pubblicato i loro risultati in un articolo uscito su The Astrophysical Journal.

I cinque quasar appena osservati sono tra i più antichi osservati finora. Con un’età di oltre 13 miliardi di anni, si pensa che gli oggetti si siano formati tra i 600 e i 700 milioni di anni dopo il Big Bang. I buchi neri supermassicci che alimentano i quasar sono un miliardo di volte più massicci del Sole e più di mille miliardi di volte più luminosi. Grazie alla loro estrema luminosità, la luce di ogni quasar è in grado di viaggiare abbastanza da raggiungere i rilevatori altamente sensibili del Jwst.

Il team ha analizzato le immagini dei cinque quasar riprese da Jwst tra agosto 2022 e giugno 2023. Le osservazioni di ciascun quasar comprendevano più immagini “a mosaico” che sono state unite per produrre un’immagine completa della periferia di ciascun quasar. Con il telescopio è stato anche possibile effettuare misurazioni della luce in diverse lunghezze d’onda nel campo di ogni quasar, che il team ha poi elaborato per determinare se un determinato oggetto nel campo fosse una galassia vicina e, nel caso, quanto distante fosse dal quasar centrale, molto più luminoso.

La diversità riscontrata nei campi intorno ai quasar lascia perplessi. Si pensa che l’universo primordiale, poco dopo il Big Bang, abbia formato filamenti di materia oscura che hanno agito come una sorta di strada gravitazionale, attirando gas e polvere lungo la rete. Nelle regioni troppo dense di questa rete, la materia si sarebbe accumulata per formare oggetti più massicci. Gli oggetti primordiali più luminosi e massicci, come i quasar, si sarebbero formati nelle regioni a più alta densità della rete, che avrebbero anche sfornato molte altre galassie più piccole. Ma i quasar solitari sembrano vivere in regioni dello spazio relativamente vuote. Se i modelli cosmologici dei fisici sono corretti, queste regioni “sterili” implicano che ci doveva essere poca materia oscura per la formazione di stelle e galassie. Come sono nati allora i quasar estremamente luminosi e massicci?

«I nostri risultati mostrano che manca ancora un pezzo significativo del puzzle di come questi buchi neri supermassicci crescono», conclude Eilers. «Se non c’è abbastanza materiale in giro perché alcuni quasar possano crescere continuamente, significa che ci deve essere un altro modo in cui possono crescere, che dobbiamo ancora scoprire».

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