L’INSTALLAZIONE DELLA CAMERA SCIENTIFICA A GENNAIO 2025

Primi fotoni per il Vera Rubin

Giovedì 24 ottobre, in Cile, il Vera Rubin ha aperto per la prima volta gli occhi al cielo e ha preso la sua prima immagine con una posa di trenta secondi: un test sulla commissioning camera che ha confermato la capacità di puntamento e di messa a fuoco del telescopio. L’Istituto nazionale di astrofisica ha partecipato al traguardo con due inviati sul posto, Gabriele Rodeghiero e Luca Rosignoli

     31/10/2024

Il telescopio Vera Rubin durante la sua prima osservazione in cielo con la camera di prova da 144 megapixel, chiamata “commissioning camera”, nella notte del 24 ottobre 2024. Crediti: RubinObs / Nsf / Doe / NoirLab / Slac / Aura / W. O’Mullane

Lo scorso 24 ottobre, per la prima volta, la cupola che ospita il Vera Rubin si è aperta, il telescopio si è posizionato in direzione della finestra di cielo e i primi fotoni hanno completato il percorso che dalle profondità del cosmo li ha fatti rimbalzare sullo specchio primario, quindi sul secondario e infine sul terziario, per poi essere raccolti e misurati dalla commissioning camera, un detector di prova a bassa risoluzione installato proprio per eseguire alcuni test prima dell’installazione della camera scientifica definitiva.

«Non si tratta ancora di “prima luce”, quella avverrà quando la camera scientifica LsstCam sarà installata al telescopio l’anno prossimo», dice a Media Inaf  Gabriele Rodeghiero dell’Istituto nazionale di astrofisica, in questi giorni al Vera Rubin insieme a Luca Rosignoli, studente di dottorato dell’Università di Bologna, «ma letteralmente della prima immagine presa in cielo: i primi fotoni rimbalzati tra i tre specchi del telescopio fino a entrare nella ComCam, la commissioning camera, una versione ridotta di quella scientifica, del tutto rispettabile con il suo campo di vista che copre un diametro di due lune piene».

Il processo di acquisizione dei primi dati di Rubin con la commissioning camera è iniziato ben prima del tramonto, con la preparazione del telescopio, della cupola e degli specchi. Come consuetudine prima di qualunque osservazione di carattere scientifico, anzitutto sono state effettuate le calibrazioni crepuscolari, mentre il cielo era ancora in penombra, e in seguito il telescopio è stato puntato verso una stella luminosa per verificare la precisione di puntamento e la messa a fuoco. Alle 21:53 ora locale, in Cile, con il cielo completamente buio, il team ha dato il comando alla commissioning camera di scattare un’esposizione di 30 secondi.

«La prima immagine doveva essere uno sky flat, un’immagine a luce diffusa del cielo crepuscolare», continua Rodeghiero, responsabile per il Vera Rubin del team Ina-S21, una squadra di ricercatori e tecnologi che oltre a Rodeghiero e Rosignoli comprende anche Rodolfo Canestrari, Enrico Giro e Felice Cusano, tutti dell’Inaf, e che lavora con il Rubin System Engineering team alla validazione e verifica dei requisiti del Rubin Observatory, «ma già si possono scorgere i primi donuts, le tipiche ciambelline create dalle stelle fuori fuoco. Ci guardiamo tutti stupiti, e capiamo che siamo già molto vicini ad un’immagine di buona qualità. Dopo alcuni altri tentativi che mandano in fault il telescopio, ecco che compare sullo schermo l’immagine di una nebulosa planetaria con una nitidezza ed un fuoco praticamente perfetti, ben oltre ogni ragionevole aspettativa».

Questo esercizio end-to-end di funzionalità del telescopio e delle sue ottiche ha dimostrato, in via definitiva, che il Vera Rubin è funzionante e performante, ed è pronto per la sua prossima fase. La commissioning camera di Rubin è stata progettata per essere fisicamente delle stesse dimensioni della definitiva Lsst Camera – che presto la sostituirà – ma con un rivelatore circa 20 volte più piccolo: solo 144 megapixel rispetto ai 3200 megapixel della camera scientifica. La camera di prova servirà ancora per verificare tutte le componenti chiave del sistema e scovare qualsivoglia problema prima dell’installazione della camera vera e propria che sarà utilizzata per la scienza.

Da sinistra, Gabriele Rodeghiero (Inaf) e Luca Rosignoli (Unibo), presenti al Vera Rubin la notte della ricezione dei primi fotoni. Crediti: Inaf

I prossimi passi riguarderanno l’allineamento e la sagomatura degli specchi per garantire una qualità ottimale delle immagini con la commissioning camera. Verrà poi testata le pipeline di elaborazione dei dati di Rubin, che verranno anche resi disponibili agli scienziati. L’installazione di Lsst Camera al telescopio è prevista per gennaio 2025. Seguirà un periodo di messa in funzione di circa sei mesi, che porterà alla prima pubblicazione di immagini di Rubin, prevista per metà del 2025.

«Cinquant’anni fa una giovane Vera Cooper Rubin scopriva la prima evidenza di materia oscura sviluppando le lastre fotografiche del cielo sopra il Cerro Tololo Inter-american Observatory, 20 km a ovest da dove ci troviamo stasera», ricorda Rodeghiero. «Oggi, grazie a un passaggio di testimone generazionale, è l’inizio di una nuova pagina dell’astronomia che porta il suo nome. Rubin ci mostrerà la forma del cielo modellato dalla materia ed energia oscura, e il suo carattere transiente in luminosità e posizione con una profondità senza precedenti. Sappiamo che il prossimo anno sarà estremamente impegnativo per raggiungere il livello di affidabilità e stabilità necessario affinché la survey decennale di Rubin possa iniziare. Ma ora ci gustiamo questa notte fantastica, i sorrisi, gli applausi, gli occhi rossi e lucidi di chi ha investito mezza carriera in questo progetto ed ora sa che forma ha il primo fotone».