NUOVO PROGETTO FINANZIATO DALLA NATIONAL SCIENCE FOUNDATION

Tempeste solari estreme negli anelli degli alberi

Studiare gli anelli degli alberi è come leggere una cronaca dettagliata dell’attività solare e cosmica degli ultimi millenni. Un progetto di ricerca della West Virginia University si propone di capire meglio l’affidabilità delle tracce presenti in diverse specie arboree, contribuendo così a fronteggiare eventuali eventi spaziali estremi che potrebbero rappresentare un pericolo per i satelliti e le telecomunicazioni

     06/11/2024

Ogni anno crescono aggiungendo uno strato di legno nel proprio tronco. Gli alberi, in questi “cerchi di vita”, racchiudono informazioni preziose, comprese quelle sulle tempeste solari e altre attività spaziali estreme accadute nel lontano passato. Secondo Amy Hessl, docente di geografia alla West Virginia University (Wvu), analizzare questi anelli di accrescimento è come consultare una sorta di archivio naturale costruito nell’arco di centinaia di anni.

Lo studio degli anelli degli alberi può aiutare a prepararsi a eventi meteorologici spaziali che potrebbero minacciare satelliti e astronauti. Amy Hessl, docente di geografia alla West Virginia University, è a capo di un progetto per il loro studio finanziato dalla National Science Foundation. Crediti: Wvu

Le particelle energetiche solari, spiega Hessl, attraverso una cascata di reazioni danno origine ad atomi di radiocarbonio nell’atmosfera. Gli alberi assorbono il carbonio presente nell’atmosfera e il legno trattiene così le tracce di radiocarbonio integrandolo nei propri anelli annuali. Gli anelli possono così offrire una registrazione dell’attività solare e cosmica.

Alcuni fenomeni estremi in particolare, noti come “eventi di Miyake”, si caratterizzano per un aumento rapido e significativo di radiocarbonio in atmosfera, e sono stati osservati per la prima volta negli anelli degli alberi vissuti nel 774 e nel 993 d.C. In seguito sono stati identificati altri sette eventi nel corso degli ultimi 14mila anni. «Se un evento simile si verificasse oggi e voi foste su un volo ad alta latitudine diretto in Norvegia, probabilmente ricevereste la dose di radiazioni di tutta una vita», dice Hessl. «Alcuni di questi eventi sono stati davvero estremi, e sarebbero devastanti per i nostri attuali sistemi di telecomunicazioni. Certo, è un tipo di evento molto raro, ma non si  può escludere. Dipendiamo dai satelliti e, se si verificasse oggi, probabilmente metterebbe fuori uso la maggior parte delle nostre reti di telecomunicazioni, richiedendo fino 15 anni per riprendersi».

Secondo i ricercatori, gli anelli degli alberi possono aiutarci a quantificare questi rischi e, in definitiva, a stimare quando e come questi eventi potranno verificarsi nuovamente: studiare come queste “registrazioni naturali” avvengano potrebbe offrire un’importante testimonianza storica dell’attività solare e cosmica, fondamentale per la previsione e la gestione dei futuri rischi spaziali.

Ora un progetto finanziato dalla National Science Foundation (Nsf) statunitense, guidato dalla stessa Hessl, si propone di esaminare gli alberi per capire quanto radiocarbonio hanno assimilato. Ogni albero può infatti reagire in modo diverso e, in realtà, ci sono molte variabili che possono influenzare quanto fedelmente un albero registri i livelli atmosferici nel tempo. «Fino a poco tempo fa, gli scienziati davano per scontato che gli alberi assorbissero il radiocarbonio in modo uniforme. Per molti anni, abbiamo considerato gli alberi come se fossero strumenti scientifici, ma non lo sono. Sono molto variabili e differenti nel modo in cui assorbono il radiocarbonio», spiega Hessl. «Stiamo dunque studiando perché specie diverse di alberi o alberi in luoghi diversi non assorbono il radiocarbonio allo stesso modo».

Bristlecone Pine Cedar Breaks National Monument nello Utah. Il team di ricerca ha scoperto che i pini settembrini (bristlecone pines) possono conservare in modo unico le fluttuazioni del radiocarbonio, diventando così le specie più affidabili per la ricostruzione dell’attività atmosferica. Crediti: Wikipedia/G. Longenecker

Grazie al finanziamento della Nsf, e collaborando con esperti della Northern Arizona University e della Montana State University, il team guidato da Hessl esaminerà tre specie arboree provenienti da tre località degli Stati Uniti: i longevi pini settembrini (bristlecone pines) dello Utah, i longevi cipressi calvi della Carolina del Nord e le querce fossilizzate del Missouri, ciascuno dei quali può fornire un punto di vista unico su questi eventi atmosferici.

I ricercatori sperano di comprendere le modalità con cui ogni specie arborea registra il radiocarbonio e, di conseguenza, quali alberi possono essere considerati testimoni affidabili degli eventi cosmici passati.

Ogni esemplare verrà analizzato attraverso il metodo della datazione incrociata, che consente di associare ogni anello a un anno specifico, garantendo un elevato grado di precisione nella correlazione con gli eventi di Miyake. Dopo aver prelevato un campione di carota grande come una matita – o una sezione trasversale, se l’albero è morto – i ricercatori dateranno ogni anello utilizzando la “datazione incrociata”, una tecnica di datazione indipendente che consente di confermare l’anno di formazione di ogni anello. Qualsiasi albero vivo durante un evento di Miyake, registrerebbe tale accadimento nella chimica dei propri anelli. Con questo metodo, sarà quindi possibile analizzare come e se, nelle piante di regioni diverse, sono stati registrati eventi estremi o altre anomalie solari e se i vari modelli coincidono. In sostanza, si proveranno a indagare le ambiguità e le incertezze della relazione fra anelli ed eventi di space weather.

Il meteo spaziale può interferire con l’elettronica dei satelliti, le comunicazioni radio e i segnali GPS, le orbite dei veicoli spaziali e persino, in casi estremi, con le reti elettriche sulla Terra. Crediti: Nasa

I dati raccolti finora mostrano, in effetti, che alberi diversi assorbono il radiocarbonio atmosferico in modo non uniforme e che specie longeve, come ad esempio i pini settembrini, mostrano segni chiari delle fluttuazioni di radiocarbonio, diventando così le specie più affidabili per la ricostruzione dell’attività atmosferica. Tuttavia, alcune specie potrebbero immagazzinare il carbonio incorporandolo nei propri anelli solo successivamente, rendendo i dati potenzialmente meno accurati.

«Stiamo cercando di definire quanto siano stati estremi questi eventi, quando si sono verificati esattamente e per quanto tempo il radiocarbonio è rimasto nell’atmosfera. Dobbiamo essere sicuri di utilizzare registratori attendibili», sottolinea Hessl. «Ciò che vorremmo capire adesso è: quanto sono attendibili questi alberi nel registrare i livelli di radiocarbonio nell’atmosfera?».