Nel film Contact tratto dal romanzo di Carl Sagan, la protagonista – la scienziata Ellie Arroway, interpretata dall’attrice Jodie Foster – imbocca un tunnel spaziotemporale per raggiungere Vega. Uscita dal tunnel, emerge all’interno di una tempesta di detriti che circondano la stella, dove non sono visibili pianeti. Ecco, a distanza di quasi 30 anni, oggi possiamo dire che i registi ci avevano visto giusto.
Situata nella costellazione della Lira, Vega è una delle stelle più luminose del cielo boreale. È leggendaria perché ha offerto la prima evidenza di materiale in orbita attorno a una stella. Ora, un team di astronomi della Università dell’Arizona, a Tucson, ha utilizzato i telescopi spaziali Hubble e James Webb per osservare, con un livello di dettaglio senza precedenti, il disco di detriti di quasi cento miliardi di chilometri di diametro che circonda Vega.
Webb ha visto il bagliore infrarosso di un disco di particelle grandi come sabbia che vortica intorno alla stella bianco-blu, 40 volte più luminosa del Sole. Hubble ha catturato un alone esterno a questo disco di particelle della consistenza di quelle che caratterizzano il fumo, che riflettono la luce della stella.
La grande sorpresa di queste osservazioni è che non ci sono prove evidenti di uno o più grandi pianeti, che attraversando il disco lascerebbero dei caratteristici solchi, un po’ come quelli dei trattori da neve.
La distribuzione della polvere nel disco di detriti di Vega è stratificata radialmente perché la pressione della luce stellare spinge verso l’esterno i grani più piccoli, più velocemente di quelli più grandi. «Il fatto di vedere la suddivisione delle particelle di polvere in base alle dimensioni può aiutarci a capire le dinamiche sottostanti ai dischi circumstellari», commenta Schuyler Wolff, primo autore dell’articolo che presenta i risultati di Hubble.
Il disco osservato presenta una sottile lacuna, a circa 60 unità astronomiche dalla stella (due volte la distanza di Nettuno dal Sole), ma per il resto è molto regolare, fino a perdersi nel bagliore della stella. Questo dimostra che non ci sono pianeti di massa almeno pari a quella di Nettuno che circolano su grandi orbite, come nel Sistema solare.
«Stiamo vedendo in dettaglio quanta varietà ci sia tra i dischi circumstellari e come questa varietà sia legata ai sistemi planetari sottostanti. Stiamo scoprendo molte cose sui sistemi planetari, anche quando non riusciamo a vedere quelli che potrebbero essere pianeti nascosti», aggiunge Kate Su dell’Università dell’Arizona, autrice principale dell’articolo che presenta i risultati di Webb. «Ci sono ancora molte incognite nel processo di formazione dei pianeti e credo che queste nuove osservazioni di Vega contribuiranno a vincolare i modelli di formazione dei pianeti».
L’architettura del sistema di Vega risulta insolita, quindi, nettamente diversa da quella del Sistema solare, dove pianeti giganti come Giove e Saturno impediscono alla polvere di diffondersi come avviene in questo caso.
Per fare un confronto, c’è una stella vicina – Fomalhaut – che è circa alla stessa distanza, età e temperatura di Vega. Ma l’architettura circumstellare di Fomalhaut è molto diversa da quella di Vega, avendo tre fasce detritiche annidate. Si ipotizza che i pianeti siano i corpi in grado di “costringere” gravitazionalmente la polvere in anelli, anche se non è stato ancora identificato alcun pianeta. Data la somiglianza fisica tra Vega e Fomalhaut, perché Fomalhaut sembra essere stata in grado di formare pianeti e Vega no? Qual è la differenza? È stato l’ambiente circumstellare o la stella stessa a creare questa differenza?
Era il 2005 quando il telescopio spaziale Spitzer della Nasa mappò un anello di polvere intorno a Vega, confermato successivamente da osservazioni effettuate con telescopi submillimetrici, tra cui il Caltech Submillimeter Observatory su Mauna Kea, nelle Hawaii, e anche l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma) in Cile, e il telescopio spaziale Herschel dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea). Tuttavia, nessuno di questi telescopi è riuscito a vedere molti dettagli. «Le osservazioni di Hubble e Webb insieme forniscono così tanti dettagli da dirci qualcosa di completamente nuovo sul sistema Vega, che nessuno conosceva prima», conclude Rieke.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv il pre-print dell’articolo “Deep Search for a scattered light dust halo around Vega with the Hubble Space Telescope” di Schuyler G. Wolff, Andras G., George H. Rieke, Jarron M. Leisenring, Kate Su, David Wilner, Luca Matra, Marie Ygouf e Nicholas P. Ballering
- Leggi su arXiv il pre-print dell’articolo “Imaging of the Vega Debris System using JWST/MIRI” di Kate Y. L. Su, Andras G., George H. Rieke, Renu Malhotra, Luca Matra, Schuyler Grace Wolff, Jarron M. Leisenring, Charles Beichman e Marie Ygouf