Pioggia di diamanti? Acqua superionica? Queste sono solo due delle proposte che gli scienziati planetari hanno avanzato per spiegare cosa si nasconde sotto le spesse atmosfere bluastre di idrogeno ed elio di Urano e Nettuno, i giganti ghiacciati del Sistema solare. Uno scienziato planetario dell’Università della California, Berkeley, propone ora una teoria alternativa: che gli interni di entrambi i pianeti siano stratificati e che i due strati, come l’olio e l’acqua, non si mescolino. Questa configurazione spiegherebbe perfettamente gli insoliti campi magnetici dei pianeti.
In un articolo pubblicato questa settimana sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, Burkhard Militzer sostiene che appena sotto gli strati di nubi si trova un profondo oceano d’acqua e, al di sotto, un fluido altamente compresso di carbonio, azoto e idrogeno. Le sue simulazioni al computer mostrano infatti che, alle temperature e alle pressioni dell’interno dei pianeti, una combinazione di acqua, metano e ammoniaca si separerebbe naturalmente in due strati, principalmente perché l’idrogeno verrebbe “spremuto fuori” dal metano e dall’ammoniaca che compongono gran parte dell’interno profondo. Questi strati immiscibili spiegherebbero perché né Urano né Nettuno hanno un campo magnetico come quello terrestre, come riscontrato dalla missione Voyager 2 alla fine degli anni Ottanta.
Quando un pianeta si raffredda a partire dalla sua superficie, il materiale più freddo e denso tende ad affondare, mentre le sacche di fluido più caldo risalgono verso l’alto, simili al movimento dell’acqua in ebollizione. Questo fenomeno è noto come convezione. Se l’interno è elettricamente conduttore, uno spesso strato di materiale in convezione genererà un campo magnetico dipolare simile a quello di una barra magnetica. Ma Voyager 2 ha scoperto che nessuno dei due giganti di ghiaccio presenta un tale campo di dipolo, bensì solo campi magnetici disorganizzati. Ciò implica che non ci sia movimento convettivo di materiale in uno strato spesso negli interni profondi dei pianeti.
Per spiegare queste osservazioni, più di 20 anni fa due gruppi di ricerca distinti proposero che i pianeti avessero strati che non possono mescolarsi, impedendo così la convezione su larga scala e un campo magnetico dipolare globale. Tuttavia, la convezione in uno degli strati potrebbe produrre un campo magnetico disorganizzato. Ma nessuno dei due gruppi riuscì a spiegare di cosa fossero fatti questi strati non mescolabili.
Dieci anni fa, Militzer tentò ripetutamente di venirne a capo, utilizzando simulazioni al computer di circa 100 atomi con proporzioni di carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno che rispecchiavano la composizione nota degli elementi del Sistema solare primordiale. Alle pressioni e alle temperature previste per l’interno dei pianeti – rispettivamente 3,4 milioni di volte la pressione atmosferica della Terra e 4.750 Kelvin – non riuscì a trovare un modo per formare gli strati. Fin quando l’anno scorso, con l’aiuto dell’apprendimento automatico, Militzer è riuscito a simulare il comportamento di 540 atomi e, con sua grande sorpresa, ha scoperto che gli strati si formano in modo naturale quando gli atomi vengono riscaldati e compressi.
«Un giorno ho guardato il modello e l’acqua si era separata dal carbonio e dall’azoto. Quello che non ero riuscito a fare 10 anni prima, ora stava accadendo», racconta Militzer. «Ho pensato: Wow! Ora so perché si formano gli strati: uno è ricco di acqua e l’altro è ricco di carbonio, e in Urano e Nettuno è il sistema ricco di carbonio a trovarsi sotto. La parte pesante rimane in basso e la parte più leggera rimane in alto e non può fare alcuna convezione. Non avrei potuto scoprirlo senza avere un grande sistema di atomi, e il grande sistema non potevo simularlo 10 anni fa».
La quantità di idrogeno “spremuta” aumenta con la pressione e la profondità, formando uno strato di carbonio-azoto-idrogeno stabilmente stratificato, quasi come un polimero plastico. Mentre lo strato superiore, ricco di acqua, probabilmente presenta convezione che produce il campo magnetico disorganizzato osservato, lo strato più profondo, ricco di idrocarburi, non può farlo. Quando ha modellato la gravità prodotta da una siffatta stratificazione di Urano e Nettuno, i campi gravitazionali hanno coinciso con quelli misurati dal Voyager 2 quasi 40 anni fa.
Militzer ne è piuttosto certo: non è la pioggia di diamanti e nemmeno l’acqua superionica a spiegare cosa si nasconde di Urano e Nettuno, bensì la separazione tra i due strati.
Lo scienziato prevede che al di sotto dell’atmosfera di Urano, spessa circa 5mila chilometri, si trovi uno strato ricco di acqua di circa 8mila chilometri e uno strato ricco di idrocarburi, anch’esso di circa 8mila chilometri. Il suo nucleo roccioso ha le dimensioni del pianeta Mercurio. Nettuno, pur essendo più massiccio di Urano, ha un diametro inferiore, un’atmosfera più sottile, ma strati ricchi di acqua e idrocarburi di spessore simile. Il suo nucleo roccioso è leggermente più grande di quello di Urano, approssimativamente delle dimensioni di Marte.
Il prossimo passo potrebbe essere quello di verificare con esperimenti di laboratorio a temperature e pressioni estremamente elevate se gli strati si formano in fluidi con le proporzioni di elementi che si trovano nel sistema protosolare. Anche una missione della Nasa su Urano potrebbe fornire una conferma, se il veicolo spaziale avesse a bordo un imager Doppler per misurare le vibrazioni del pianeta. Secondo Militzer, infatti, un pianeta stratificato vibrerebbe a frequenze diverse rispetto a un pianeta in convezione. Il suo prossimo progetto è proprio quello di utilizzare il suo modello computazionale per calcolare le differenze tra le vibrazioni planetarie.
Per saperne di più:
- Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “Phase separation of planetary ices explains nondipolar magnetic fields of Uranus and Neptune” di Burkhard Militzer