SUPERNOVE E GRB PER CALCOLARE LA FUNZIONE DI MASSA INIZIALE

À rebours: la morte delle stelle svela la loro nascita

Partendo da supernove e raggi gamma, seguendo un approccio a ritroso nella storia di questi corpi celesti, un team di ricercatori della Sissa, dell’Infn, dell’Ifpu e dell’Inaf ha ottenuto un nuovo risultato che definisce la massa delle stelle appena formate. E questo anche nelle parti del cosmo finora irraggiungibili. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Universe

     19/12/2024

Dalla fine delle stelle al loro inizio: è questo l’approccio utilizzato da una ricerca pubblicata su Universe che ha permesso di sfruttare il numero di supernove e raggi gamma osservati nell’universo per ottenere la cosiddetta funzione di massa iniziale (Imf), ossia il modo in cui la massa delle stelle si distribuisce dopo la loro formazione. Applicando un comune metodo computazionale di stima di parametri, gli scienziati sono riusciti a ricavare l’Imf di zone anche molto lontane del cosmo, impossibili da osservare direttamente con i telescopi. La ricerca è stata condotta da un team di studiosi della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l’Istituto di fisica fondamentale dell’universo (Ifpu) e l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

Francesco Gabrielli, ricercatore alla Sissa e primo autore dello studio pubblicato su Universe. Crediti: Sissa

L’Imf ottenuta dagli autori dello studio è risultata sorprendentemente simile a quella misurata nell’universo più vicino a noi. Questo, sostengono gli scienziati, sarebbe una possibile prova a sostegno di una Imf universale. Il risultato sarà ora messo alla prova dalle osservazioni di telescopi come il Jwst ed Euclid.

L’Imf è un valore universale? Forse

«Tutte le popolazioni stellari osservate nelle nostre vicinanze sembrano mostrare una funzione di massa iniziale sorprendentemente simile. Questo potrebbe indicare che si tratti di una costante universale nella formazione stellare, indipendentemente dalla regione specifica dell’universo in cui si verifica. Sfortunatamente, le limitazioni strumentali impediscono agli scienziati di discernere le popolazioni stellari al di là dell’universo locale e di testare l’universalità dell’Imf», spiega Francesco Gabrielli, ricercatore e autore – con Andrea Lapi e Mario Spera – dello studio.

La formazione stellare è uno dei processi più affascinanti dell’universo. Avviene nelle regioni dense delle galassie, attraverso il collasso e la frammentazione delle nubi di gas molecolare. Quando un singolo grumo gassoso diventa abbastanza caldo e denso, inizia a bruciare idrogeno e comincia a brillare: è in questo momento che nasce una stella.

Supernove e lampi di raggi gamma per calcolare l’Imf

La nuova ricerca è partita con un meccanismo a ritroso e, più in particolare, dalla conoscenza che l’esito della vita di una stella dipende dalla sua massa. Le stelle massicce terminano la loro vita in spettacolari esplosioni, chiamate supernove. Si ritiene che alcune supernove lancino persino un getto di materiale a velocità molto elevate, alimentando l’emissione di raggi gamma, in un cosiddetto lampo di raggi gamma. Poiché il verificarsi di un particolare tipo di esplosione dipende dalla massa della stella, il numero di esplosioni che si verificano nell’universo dipenderà dal numero di stelle che si formano con la giusta massa. In altre parole, dipenderà dall’Imf.

«Sulla base di queste considerazioni», spiega Gabrielli, «il mio gruppo e io abbiamo sviluppato un nuovo metodo per determinare l’Imf oltre l’universo locale. In particolare, abbiamo utilizzato un metodo computazionale in realtà piuttosto comune ma impiegato per la prima volta per riprodurre il numero osservato di supernove e lampi di raggi gamma nell’universo. Poiché queste quantità dipendono strettamente dall’Imf, questo ci ha dato la possibilità di vincolare la forma esatta dell’Imf che meglio riproduce le osservazioni».

Crediti: David Kopacz/Pexels

Alla prova delle osservazioni

Utilizzando questo approccio per la prima volta, i ricercatori sono stati così in grado di ottenere una nuova metodologia di determinazione dell’Imf. Una cosa particolarmente affascinante scoperta dal team di ricerca è che l’Imf calcolata fino all’universo lontano risulti sorprendentemente simile a quella misurata nell’universo locale, possibile prova a sostegno di un’Imf universale.

«Questo è un momento entusiasmante per gli astrofisici», conclude Gabrielli, «poiché molti nuovi telescopi, come il Jwst ed Euclid, stanno ora iniziando le osservazioni. Di conseguenza, ci si aspetta una quantità straordinaria di osservazioni di supernove ed esplosioni di raggi gamma nei prossimi anni. Sarà emozionante vedere cosa ci dirà questa nuova ricchezza di dati sull’Imf e sulla sua universalità. Una comprensione più profonda dell’Imf permetterebbe di fare importanti passi avanti in svariati ambiti astrofisici, tra cui la formazione ed evoluzione delle stelle, l’arricchimento chimico dell’universo, e l’osservazione di onde gravitazionali emesse da buchi neri in collisione».

Fonte: comunicato stampa Sissa

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