Si chiama (2060) Chirone ed è un oggetto unico nel Sistema solare. Piccolo corpo celeste la cui orbita irregolare è situata fra quelle dei giganti gassosi Saturno e Urano, è grosso quanto un asteroide – le sue dimensioni sarebbero nell’ordine del centinaio di chilometri – adornato però dalla chioma tipica di una cometa, scoperta verso la fine degli anni ’80. Ce ne sarebbero altri di oggetti ibridi, un po’ asteroidi un po’ comete, i cui giri si svolgono fra l’orbita di Giove e quella di Nettuno, e che sono stati denominati centauri in virtù della loro duplice natura. Ma Chirone sembrerebbe proprio un oggetto speciale.
«È stravagante quando lo confrontiamo alla maggior parte degli altri centauri,» dice l’astronomo Charles Schambeau, della University of Central Florida. «Ha periodi in cui si comporta come una cometa, è circondato da anelli di materiale, e potenzialmente ha anche un’area di detriti di polvere o materiale roccioso che orbita attorno a esso. Perciò sorgono diverse domande riguardo alle proprietà di Chirone che consentono questi comportamenti unici».
In virtù della sua straordinarietà, un gruppo internazionale di astronomi ha deciso di approfondirne la natura puntando su di esso il James Webb Space Telescope. Riuscendo, per la prima volta, a rivelare la composizione chimica della sua superficie. A differenza degli altri membri della sua famiglia, Chirone possiede ghiacci sia di monossido che di diossido di carbonio in superficie e gas di metano e di diossido di carbonio nella sua chioma. La loro scoperta è stata presentata in uno studio uscito su A&A la scorsa settimana.
Noemí Pinilla-Alonso, dell’Università di Oviedo in Spagna e precedentemente alla University of Central Florida, prima autrice dell’articolo, racconta qualcosa in più su Chirone e sulle differenze – questa volta – con gli oggetti transnettuniani (Tno), così denominati perché consumano la maggior parte della loro gelida esistenza oltre l’orbita di Nettuno. Tno sono i membri della fascia di Kuiper e della nube di Oort. Più lontani dei centauri, dunque. Pure sembra che Chirone e colleghi fossero in passato Tno che, sballottati dall’interazione coi giganti gassosi del Sistema solare, sono stati catapultati su orbite più interne. «Ciò che è unico riguardo a Chirone è che possiamo osservare sia la superficie, dove si trova la maggior parte dei ghiacci, che la chioma, dove vediamo i gas che provengono dalla superficie o da poco sotto di essa», spiega la scienziata. «I Tno non hanno questo tipo di attività perché sono troppo distanti e troppo freddi. Gli asteroidi non hanno questo tipo di attività perché non hanno i ghiacci. Al contrario le comete mostrano attività come i centauri, ma sono tipicamente osservate più vicino al Sole, e la loro chioma è così spessa da complicare l’interpretazione delle osservazioni dei ghiacci sulla superficie. Scoprire quali gas sono parte della chioma e le loro relazioni con i ghiacci sulla superficie ci aiuta a imparare le proprietà fisiche e chimiche, come lo spessore e la porosità dello strato di ghiaccio, la sua composizione e come l’irraggiamento lo sta modificando».
Uno studio sui Tno dello stesso gruppo di ricercatori è uscito su Nature Astronomy la scorsa settimana.
Le molecole sulla superficie e nella chioma di Chirone sono state rivelate dallo spettrografo NirSpec. L’utilizzo di Webb è stato fondamentale per studiare il gas della chioma di un oggetto così distante dal Sole. Studiare i centauri fornirebbe delle indicazioni importanti sulle origini del Sistema solare. Alcuni dei ghiacci ritrovati su Chirone come il metano, il diossido di carbonio e l’acqua, potrebbero derivare dalla nebulosa dalla quale si formò il Sistema solare. Altri invece, come l’acetilene, il propano, l’etano e il monossido di carbonio potrebbero essersi formati successivamente sulla sua superficie a causa di processi di riduzione e ossidazione.
«Tutti i piccoli corpi nel Sistema solare ci dicono qualcosa rispetto a com’era in passato, che è un periodo di tempo che non possiamo più osservare», dice Pinilla-Alonso. «Ma i centauri con la loro attività ci dicono molto di più. Essi stanno subendo una trasformazione guidata dal riscaldamento del Sole e forniscono un’opportunità unica per imparare qualcosa sulla loro superficie e sugli strati che si trovano sotto di essa».
Per il futuro gli astronomi programmano di osservare nuovamente Chirone quando sarà un po’ più vicino alla Terra, in modo da studiare più accuratamente i suoi diversi costituenti e capire come variazioni dell’illuminazione da parte del Sole influenzi le riserve di ghiacci di questo interessante oggetto.
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Unveiling the ice and gas nature of active centaur (2060) Chiron using the James Webb Space Telescope” di N. Pinilla-Alonso, J. Licandro, R. Brunetto, E. Henault, C. Schambeau, A. Guilbert-Lepoutre, J. Stansberry, I. Wong, J. I. Lunine, B. J. Holler, J. Emery, S. Protopapa, J. Cook, H. B. Hammel, G. L. Villanueva, S. N. Milam, D. Cruikshank e A. C. de Souza-Feliciano