Qualunque grandezza fisica misurabile, ovvero qualunque unità di misura vi venga in mente, può essere espressa usando solamente metri, chilogrammi e secondi in una opportuna combinazione. Ma sono davvero necessari tutti e tre? La risposta diplomatica è “dipende”. La risposta fisica invece è “non se si utilizza un opportuno sistema di misura, in gergo chiamato spazio-tempo”. A dare questa risposta, in un articolo pubblicato recentemente su Nature, quattro ricercatori brasiliani. A porsi la domanda, più di vent’anni fa, tre fisici che si trovarono in disaccordo e pubblicarono le loro opinioni divergenti per lasciare ai posteri l’ardua sentenza.
«Questa storia comincia nel 1992», racconta a Media Inaf George Emanuel Avraam Matsas, ricercatore all’istituto di fisica teorica dell’Università di San Paolo, in Brasile, e primo autore dell’articolo uscito su Nature, «quando tre eminenti fisici teorici, Michael Duff, Lev Okun e Gabriele Veneziano, si incontrarono sulla terrazza della famosa caffetteria del Centro europeo per la ricerca nucleare (Cern) e, in una conversazione informale, si resero conto di non essere d’accordo su quale dovesse essere il “numero di costanti fondamentali”. Per “numero di costanti fondamentali” intendevano il “numero minimo di norme” necessarie per esprimere tutti gli osservabili della natura. Dieci anni dopo, i due erano ancora in disaccordo e decisero di scrivere un articolo per spiegare i loro punti di vista».
In che termini si trovavano in disaccordo?
«Okun sosteneva che, per poter esprimere tutte le grandezze della natura, sarebbero stati necessari tre standard fissati da righelli, masse e orologi per definire il metro, il chilogrammo e il secondo. Veneziano, influenzato dalla teoria delle stringhe, sosteneva che tutte le grandezze potevano essere espresse solo in termini di metri e secondi. Infine, Duff sosteneva che, a seconda della grandezza da misurare, si potevano utilizzare standard diversi (ma non si opponeva al metro-chilogrammo-secondo – MKS – come sistema di unità, almeno sufficiente, per esprimere le grandezze fisiche)».
Una questione di opinioni?
«Lungi dall’essere una questione di opinioni, la questione sollevata da Duff, Okun e Veneziano deve avere una risposta univoca, perché sarebbe come conoscere il numero minimo di linee di produzione che una fabbrica di standard cosmici dovrebbe avere. Quindi, in ultima analisi, si tratta anche di un problema economico. Possiamo invocare l’ignoranza su questioni scientifiche ben poste, ma mai “concordare di non essere d’accordo” (come talvolta si sente dire): una volta fissate le premesse e il linguaggio matematico, la risposta a ogni domanda deve convergere verso un consenso; è questo che rende la scienza scienza. Detto questo, visti tutti i successi scientifici che vanno dalla scala microscopica a quella cosmologica, sarebbe strano ammettere la sconfitta di fronte a una domanda che potrebbe essere compresa da un adolescente».
Ed è questo il punto di partenza del vostro lavoro?
«Esatto. Questo “piccolo scandalo” era tra gli argomenti discussi da alcuni fisici (questi brasiliani) in un caffè (per nulla famoso) a 10mila chilometri dal Cern nei primi anni Duemila. Quasi due decenni dopo, abbiamo pubblicato una risposta quasi ovvia, che può essere compresa da qualsiasi giovane studente pre-universitario».
Leggendo il titolo del vostro articolo, sembrerebbe che si potrebbe riscrivere qualunque sistema di misura arrivando a esprimere qualunque grandezza fisica in “secondi”.
«Sì. Abbiamo dimostrato che tutti gli osservabili definiti negli spazi relativistici possono essere espressi in unità di tempo, ad esempio in secondi. In particolare, abbiamo mostrato come convertire esplicitamente le unità del Sistema Internazionale di misura (che sono sufficienti per esprimere tutte le osservabili) in questo sistema (dove tutte le osservabili sono espresse in secondi). Ne consegue che, negli spazi relativistici, la costante di Boltzmann, la costante di Coulomb, la costante gravitazionale e la velocità della luce non sono altro che fattori di conversione».
Quindi le “costanti fondamentali della fisica” non servono più?
«Dopo il 2019, ogni unità del Sistema Internazionale è stata definita fissando il valore di una costante. Duff, Okun e Veneziano, sebbene abbiano scritto il loro articolo prima del 2019, avevano ipotizzato proprio questa identificazione tra il numero di unità per esprimere tutto e il numero di costanti “fondamentali”. Ad esempio, un secondo è attualmente definito come il tempo necessario affinché una certa radiazione emessa dal Cesio oscilli 9.192.631.770 volte (il che elegge implicitamente l’intervallo di tempo associato a un’oscillazione di questa radiazione come costante fondamentale). Quali siano le costanti da eleggere come fondamentali è una questione di convenienza, ma il numero di costanti “fondamentali” non lo è perché corrisponderebbe al numero minimo di norme necessarie per esprimere tutti gli osservabili».
Se capisco bene, lei tiene sempre a precisare che si parla di “spazi relativisitici”.
«Con il senno di poi, abbiamo capito che gran parte della confusione derivava dal non aver capito che la risposta alla domanda di Duff, Okun e Veneziano dipende dallo spazio-tempo sottostante su cui sono definite le teorie e le loro grandezze fisiche. Nella scuola secondaria, l’enfasi è posta sulla fisica newtoniana, che è costruita sul presupposto dello spazio-tempo di Galileo Galilei. Lo spazio-tempo di Galileo è quello della nostra intuizione quotidiana, ma dal 1915 sappiamo, grazie ad Albert Einstein, che lo spazio-tempo in cui viviamo è molto meglio modellato dallo spazio-tempo relativistico».
Precisiamo quindi che una delle differenze fondamentali fra i due è che nello spazio-tempo di Galileo (o newtoniano) lo spazio e il tempo sono due entità distinte, mentre nello spazio-tempo relativistico sono interconnessi, e anche la forza di gravità diventa un’accelerazione in un campo gravitazionale. Quest’ultimo, dunque, è il punto di partenza del vostro lavoro.
«Partendo dal sistema MKS ci siamo chiesti, inizialmente, se lo standard di massa dato dal chilogrammo sia necessario per esprimere le grandezze fisiche. Okun sosteneva che lo fosse, ma la risposta è no. La forza di attrazione di un corpo, che Newton chiamava massa M, può essere misurata con righelli e orologi a partire dall’accelerazione a con cui una particella di prova posta a una distanza L cade verso di esso, utilizzando la formula Massa = accelerazione x distanza al quadrato. Quindi, una volta fissata la distanza L, la massa M del corpo sarà tanto maggiore quanto maggiore è l’accelerazione a con cui il corpo attrae la particella di prova. Nel sistema MKS, l’unità di M (la massa), che è m3/s2 (metri al cubo diviso secondi al quadrato, secondo la formula sopra), viene convertita in kg moltiplicando M per un fattore di conversione. Questo fattore di conversione è noto come costante di gravitazione universale ed è indicato con G».
Quanto peserebbe un uomo di 70 chili in secondi, quindi?
«Utilizzando le equazioni riportate nel nostro articolo (la numero 13 e 20), si può calcolare abbastanza facilmente che un uomo di 70 chili pesa 1.7 x 10-34 secondi (ovvero zero virgola, 33 zeri e poi 17 secondi, ndr)».
Totalmente controintuitivo. E la temperatura superficiale del Sole, assumendo che sia circa 5500 K, quanto sarebbe in secondi?
«Usando l’equazione numero 9 del nostro articolo per fare la conversione, sarebbe 2.1 x 10-72 secondi».
Quale sarebbe il vantaggio dell’adozione di un’unica unità di misura per tutto? Non pensa che sarebbe un metodo fuorviante e privo di riferimenti nella vita quotidiana?
«Non dovrebbe essere fuorviante, purché si comprenda che il fatto che due grandezze abbiano la stessa unità di misura non implica che abbiano lo stesso significato concettuale. Ma devo ammettere che sarebbe orribile compilare un modulo medico dicendo che il mio peso è 2 x 10-34 secondi. In effetti, questo potrebbe addirittura diventare un problema di salute pubblica (considerando l’analfabetismo matematico che c’è, almeno da queste parti)».
È qualcosa che deve rimanere confinato agli addetti ai lavori, dunque. Pensa che aiuti a capire meglio il funzionamento dell’universo?
«Penso di sì! Se c’è qualcosa che questo esercizio ci ha insegnato, è che la risoluzione della controversia di Duff, Okun e Veneziano dipende dallo spazio-tempo in cui le quantità sono definite e misurate. Credo sia importante tenerlo a mente quando si pensa alla gravità quantistica; almeno, lo è stato per noi».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Scientific Reports l’articolo “The number of fundamental constants from a spacetime-based perspective“, di George E. A. Matsas, Vicente Pleitez, Alberto Saa e Daniel A. T. Vanzella